venerdì 13 aprile 2018

IL RICHIAMO DI DIMATTEO

Poco più di un mese è passato dalle elezioni e in queste settimane le attenzioni degli italiani sono rivolte particolarmente alle consultazioni del Quirinale che dovranno portare alla formazione di un nuovo governo. Difficile dire quel che accadrà con esattezza nei prossimi giorni e se si tornerà a nuove elezioni nel breve termine. Intanto però c’è chi non resta con le mani in mano. Chi ascolta e, magari, potrebbe raccogliere gli appelli di chi rappresenta le istituzioni ed è in prima linea nel contrasto alla mafia ed alla corruzione. Tante volte si è detto che questi dovrebbero essere i primi punti di un qualsiasi programma politico. Un concetto che ieri è stato ribadito con forza, ad Ivrea, durante la seconda edizione di “Sum#02-Capire il futuro”, organizzato dall'associazione Gianroberto Casaleggio. A dirlo non è stato un uomo politico ma un magistrato: il sostituto procuratore nazionale antimafia Nino Di Matteo. Ad ascoltarlo, in prima fila, il Capo politico M5s Luigi Di Maio, forse futuro premier. E’ lui a dare il via alla standing ovation del pubblico. E’ lui, accompagnato da Alfonso Bonafede, ministro designato alla Giustizia in un ipotetico governo a 5 Stelle, ad alzare le mani ed applaudire mentre Di Matteo mette in fila i punti per una nuova riforma della giustizia in Italia. Il gesto di Di Maio va letto come un messaggio politico forte. E’ un segno di approvazione rispetto all’intero discorso dall’alto valore etico, morale, umanistico del magistrato. Ma è anche un’approvazione sul piano tecnico-scientifico dell’analisi offerta, sul piano delle proposte in materia di rafforzamento della lotta contro la mafia.
Nel suo intervento Di Matteo ha puntato il dito contro tutta la politica che durante la campagna elettorale ha taciuto sul tema della lotta alla mafia e alla corruzione. Un silenzio assordante che ha riguardato tutti i partiti ed i movimenti.
Di Matteo ha dunque fornito gli input per “restituire al sistema giustizia la credibilità che sta perdendo”. Ha chiarito come sia necessario un “rafforzamento degli strumenti investigativi più efficaci e quindi ampliamento dei mezzi per consentire le intercettazioni; previsione dell’utilizzo degli operatori sotto copertura anche per i reati di corruzione; depenalizzazione di condotte che dovrebbero essere sanzionate con una pena amministrativa”. Poi un intervento sulla velocità dei procedimenti: “Serve impegno affinché i processi si possano celebrare in tempi ragionevoli, che si concludano con un intervento nel merito”. E sulla prescrizione appunto, dice: “Serve una riforma copernicana delle norme sulla prescrizione che prevede che il decorso del termine cessi nel momento in cui lo Stato azioni la sua pretesa”. E ancora: “Parallelamente penso alla necessità di un affievolimento del processo accusatorio. Innalzamento delle pene del sistema sanzionatorio dei reati di corruzione, del voto di scambio e di tutti i delitti tipici della criminalità dei colletti bianchi. E non si tratta di essere manettari o giustizialisti”. “Sogno una svolta per un rafforzamento delle tutele processuali delle vittime dei reati, per tutelare chi ha il coraggio di denunciare. Infine penso alla certezza della pena. Il nostro non può continuare a essere il Paese delle amnistie e degli indulti mascherati”.
Di Maio, Bonafede ed altri appartenenti del Movimento Cinque Stelle ascoltano.
L’apoteosi finale c’è stata quando il sostituto procuratore della Procura nazionale antimafia ricorda come sentenze dimostrino come “è stato stipulato un patto con Cosa nostra, intermediato da Marcello Dell’Utri, che è stato mantenuto dal 1974 fino al 1992 dall’allora imprenditore Silvio Berlusconi.
Quello stesso Berlusconi, pregiudicato, che oggi viene ricevuto dal Quirinale per discutere del nuovo Governo. La parte più importante del discorso del magistrato, però, riguarda la “verità sulle stragi”. “Il governo - ha ribadito Di Matteo - deve fare tutto il possibile per completare il percorso di verità sulle stragi e su tanti delitti eccellenti. Non ci possiamo accontentare di verità parziali. Dobbiamo dare un nome a quelle entità che hanno condiviso con i mafiosi l’esecuzione delle stragi. Uno Stato autorevole, un governo libero, una commissione antimafia decisiva non possono fermarsi temendo che sia troppo scomoda e scabrosa. La sfida che ci attende va molto al di là. Non ne posso più di sentire parlare solo di produttività e statistiche. La strada è piena di insidie e tranelli. Nel nostro Paese è ancora forte il partito di chi ha interesse che il sistema giustizia non funzioni. A questi soggetti, che sono tanti e spregiudicati e trasversalmente presenti, dobbiamo, dovete saper contrapporre con tenacia il suono della giustizia”.
E’ questo il richiamo del magistrato Di Matteo. Un richiamo rivolto a tutta la politica, compreso il Movimento Cinque Stelle. Un invito per passare all’azione con punti chiari e concreti affinché lotta alla mafia ed alla corruzione siano finalmente, senza se e senza ma, tra i primi punti dell’agenda politica del Governo.

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