Alla fine Renzi non ha passato l'esame della Commissione europea. La
legge di stabilità approvata a Natale resta infatti sub judice, sia
pure nella forma diplomatica del “monito”, senza minacce di aprire una
ben più seria “procedura d'infrazione”.
La lettera con cui il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli affari monetari, Pierre Moscovici, avvertono il ministro Pier Carlo Padoan è morbida nei toni, ma implacabile nel ricordare sia le “criticità” che la tempistica per porvi rimedio.
In sintesi, vista la situazione della finanza pubblica italiana, vengono evidenziati i rischi di violanzione degli obiettivi previsti dal Fiscal Compact, entrato ormai in vigore. In teoria, il debito pubblico nazionale andrebbe ridotto di un ventesimo ogni anno (circa 100 miliardi, un sogno o più probabilmene un incubo).
Al contrario, il governo italiano ha gonfiato la legge di stabilità con tutte le eccezioni di “flessibilità” previste dai trattati, in modo da potersi permettere alcune spese (soprattutto a fini elettorali). Bruxelles, per non mettere in difficoltà un governo considerato tutto sommato obbediente, non chiede una manovra correttiva, ma si aspetta da Roma - entro il 15 aprile - “dettagliate misure di risanamento”. In ogni caso, il giudizio definitivo arriverà a maggio. Una riscrittura della legge di stabilità non sarebbe comunque possibile, dunque la scappatoia che viene concessa al governo Renzi è indicata dalla data.
“Alla luce di questo quadro – si legge nella lettera – sarà importante per l'Italia assicurare che le misure necessarie per rispettare il percorso di aggiustamento raccomandato per raggiungere l'obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio, ndr) vengano annunciate e dettagliate in modo credibile entro il 15 aprile”.
Entro il 15 aprile deve infatti essere presentato alla Commissione il nuovo piano di stabilità e il nuovo programma nazionale di riforme, all'interno del Documento economico e finanziario (Def).
“Ciò permetterà di tenere in conto queste misure nelle previsioni di primavera, che saranno alla base della valutazione (…) del rispetto italiano dei suoi obblighi secondo le norme del Patto di Stabilità e di Crescita”.
In quella sede, insomma, dovranno essere indicate le misure che ristabiliranno il “percorso virtuoso” affidato, a questo punto, alla legge di stabilità per il 2017. In pratica, i tagli e i “sacrifici” parzialmente evitati per quest'anno sono rinviati – con gli interessi – all'anno prossimo.
Il Renzi che “batte i pugni sul tavolo” a Bruxelles è quello che deve nascondere l'obbedienza totale all'Unione Europea sotto il tappeto di una legge di stabilità pienamente controllata dalla Commissione. Guinzaglio leggermente allentato per non farlo strozzare (sarebbe a rischio la vittoria nel referendum costituzionale di ottobre, con possibili crisi di governo), ma con mano fermissima.
La lettera con cui il vice presidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, e il commissario agli affari monetari, Pierre Moscovici, avvertono il ministro Pier Carlo Padoan è morbida nei toni, ma implacabile nel ricordare sia le “criticità” che la tempistica per porvi rimedio.
In sintesi, vista la situazione della finanza pubblica italiana, vengono evidenziati i rischi di violanzione degli obiettivi previsti dal Fiscal Compact, entrato ormai in vigore. In teoria, il debito pubblico nazionale andrebbe ridotto di un ventesimo ogni anno (circa 100 miliardi, un sogno o più probabilmene un incubo).
Al contrario, il governo italiano ha gonfiato la legge di stabilità con tutte le eccezioni di “flessibilità” previste dai trattati, in modo da potersi permettere alcune spese (soprattutto a fini elettorali). Bruxelles, per non mettere in difficoltà un governo considerato tutto sommato obbediente, non chiede una manovra correttiva, ma si aspetta da Roma - entro il 15 aprile - “dettagliate misure di risanamento”. In ogni caso, il giudizio definitivo arriverà a maggio. Una riscrittura della legge di stabilità non sarebbe comunque possibile, dunque la scappatoia che viene concessa al governo Renzi è indicata dalla data.
“Alla luce di questo quadro – si legge nella lettera – sarà importante per l'Italia assicurare che le misure necessarie per rispettare il percorso di aggiustamento raccomandato per raggiungere l'obiettivo di medio termine (il pareggio di bilancio, ndr) vengano annunciate e dettagliate in modo credibile entro il 15 aprile”.
Entro il 15 aprile deve infatti essere presentato alla Commissione il nuovo piano di stabilità e il nuovo programma nazionale di riforme, all'interno del Documento economico e finanziario (Def).
“Ciò permetterà di tenere in conto queste misure nelle previsioni di primavera, che saranno alla base della valutazione (…) del rispetto italiano dei suoi obblighi secondo le norme del Patto di Stabilità e di Crescita”.
In quella sede, insomma, dovranno essere indicate le misure che ristabiliranno il “percorso virtuoso” affidato, a questo punto, alla legge di stabilità per il 2017. In pratica, i tagli e i “sacrifici” parzialmente evitati per quest'anno sono rinviati – con gli interessi – all'anno prossimo.
Il Renzi che “batte i pugni sul tavolo” a Bruxelles è quello che deve nascondere l'obbedienza totale all'Unione Europea sotto il tappeto di una legge di stabilità pienamente controllata dalla Commissione. Guinzaglio leggermente allentato per non farlo strozzare (sarebbe a rischio la vittoria nel referendum costituzionale di ottobre, con possibili crisi di governo), ma con mano fermissima.
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