Le elezioni nei due Land della Germania orientale Sassonia e Brandeburgo confermano alcuni trend politici degli ultimi anni.
La
prima tendenza è il drastico calo di consensi dei partiti che formano
la “Groko”, cioè la CDU e la SPD che mantengono comunque la leadership
in Sassonia l’uno con il 32,1% e in Brandeburgo l’altro con il 26,2%.
Il
secondo dato è l’ascesa o meglio il consolidamento della AFD e il
contestuale il drastico calo della “sinistra radicale” Die Linke: 10,4
in Sassonia, cioè meno 8,5% e 10,7% nel Brandeburgo, cioè meno 7,9%.
Il terzo fattore è l’importanza dei Verdi, dopo l’exploit
ottenuto nelle precedenti elezioni regionali dell’ottobre scorso in
Baviera e in Assia ad Ovest e soprattutto alle europee di maggio in cui
sono diventati il secondo partito in Germania con oltre il 20%.
Un risultato importante, quello dei Verdi, che conferma il proprio appeal
anche all’Est, a differenza che in passato, soprattutto tra le giovani
generazioni istruite delle aree metropolitane: a Dresda e Lipsia (le due
maggiori città della Sassonia, regione che confina con Polonia e
Repubblica ceca) in tre circoscrizioni sono addirittura arrivati in
testa, e le loro preferenze sono state oltre il 10% in Brandeburgo, più
che raddoppiando, e tra l’8 e il 9% in Sassonia dove hanno addirittura
triplicato i voti.
Mentre l’AFD è messa tuttora al bando nel gioco delle alleanze – nonostante dentro la CDU si sia aperto un vivace dibattito, “chiuso” poco prima delle elezioni da “AKK” (Annegret Kramp-Karrenbauer), neo segretaria con il placet di “Frau Angela” – i Verdi saranno una componente fondamentale per la formazione dei governi di entrambi i Land orientali.
Nel
Brandeburgo, la regione attorno a Berlino (dove lavorano circa 200.000
degli abitanti della regione), SPD e Die Linke governavano assieme ed
ora abbisognano dei voti dei Verdi, e non è esclusa a priori l’organica
partecipazione della CDU, mentre in Sassonia la situazione è più
complicata.
Lì
CDU e SPD governavano insieme, ma ora non hanno i numeri per farlo. La
CDU ha escluso di voler governare sia con la AFD che con la Die Linke, e
quindi i Verdi sono indispensabili. Questo creerebbe non pochi
problemi, vista la spaccatura netta sulla questione dell’“uscita dal
carbone”, che ha occupato una parte rilevante della campagna elettorale
contrapponendo CDU e Verdi.
L’AFD
sarà il secondo partito nei parlamenti regionali anche in questi due
Land – 27,5% delle preferenze in Sassonia e 23,5% in Brandeburgo – così
come lo è diventato nel 2015 in Sassonia-Anhalt e nel 2016 in
Maclemburgo-Pomerania Occidentale.
La
partecipazione alle elezioni è aumentata in maniera rilevante. Si sono
recati a votare il 66% degli aventi diritto in Sassonia (più 17%
rispetto alle regionali del 2014), e il 60,5% nel Brandeburgo (più
12,6%).
Un
segno di come parte delle classi subalterne dell’est hanno identificato
nell’AFD una variabile “esterna” al sistema di rappresentanza dell’establishment
ed un possibile fattore di rottura del quadro politico dato, mentre
alcuni studi confermano la capacità del partito populista di estrema
destra di intercettare gli elettori scontenti per la direzione centrista
presa dalla CDU.
Bisogna
ricordare che, alle elezioni parlamentari del 24 settembre di due anni
fa, la AFD aveva ottenuto il 27% in Sassonia e il 20,2% in Brandeburgo.
I
sondaggi danno la formazione di estrema destra tra il 20 e il 22% alle
elezioni che si terranno il 27 ottobre prossimo in Turingia, altro Land
orientale.
La
sua ascesa è fenomeno politico assolutamente rilevante. In 6 anni è
diventato un attore importante della scena politica tedesca e conta
oltre 30.000 aderenti.
L’Alternative Für Deutschland,
viene formato nel 2013, da un gruppo di economisti e professori
provenienti dalla CDU, capeggiati da Bernd Lucke – che poi lascerà la
formazione per costituirne un’altra – con posizioni liberali ed un
programma che prevedeva l’uscita della Germania dal mercato unico e il
ritorno sotto il controllo tedesco di diverse competenze comunitarie.
Al
primo appuntamento elettorale, nel 2013, “il partito dei professori”
non riesce a superare lo sbarramento del 5%, per poi subordinare le
tematiche economico-finanziarie rispetto a quelle che caratterizzano in
tutto il continente le varianti populiste di destra, riuscendo ad
entrare nel 2017 nel Bundestag con il 12,6% di preferenze.
Nell’autunno
del 2014 le piazze della Germania orientale hanno iniziato a riempirsi
tutti i lunedì sera con manifestazioni che hanno assunto ben presto i
connotati di una critica del sistema “da destra”, estendendosi anche ad
Ovest. È criticato l’establishment e la scarsa libertà di informazione (la “Lügenpresse”), ripreso lo slogan delle manifestazione dell’89 nella DDR: “Wir Sind das Volk”, ovvero “noi siamo il popolo”.
Ma il centro delle argomentazioni è la critica alla cosiddetta
“islamizzazione”. Nasce così PEGIDA – acronimo tedesco che sta per
“Patrioti contro l’islamizzazione dell’Occidente”.
La
“Nuova Destra” tedesca, per anni messa al bando dalla cultura
ufficiale, nonostante abbia conosciuto una certa vitalità culturale ed
un radicamento in settori tradizionalmente conservatori – il suo
giornale di riferimento, “Junge Freiheit”, fondato a metà anni Ottanta
ha conosciuto un’esplosione di vendite negli ultimi 10 anni con 30.000
abbonati! -, trova il suo humus per divenire protagonista, nonché
culturalmente egemone nelle proteste, e l’AFD da poco nato diventa
l’unico interlocutore politico in grado di dialogare con quel profondo
malessere sociale.
Anche a causa della derubricazione della questione sociale e dei meccanismi che la generano da parte della “Sinistra Radicale”.
L’AFD ha spostato il suo baricentro ad Est ed il personale politico proveniente dalle regioni orientali assume sempre più peso.
Lo
spazio lasciato libero dallo spostamento al centro dei Conservatori
(CDU) e dai loro apparati culturali di riferimento, viene riempito dalla
Neue Rechte, che negli anni ha catturato anche ex esponenti di
spicco della cultura della CDU, ma è tutto un mondo intellettuale che
traballa anche in lidi diversi di quelli tradizionalmente conservatori.
La
“crisi migratoria” del 2015 e le scelte della Merkel, oltre ad una
ridistribuzione dei rifugiati di cui vengono chiamati a farsi carico in
maniera preponderante i territori orientali, non fa che accrescere
questa dinamica. E dalle elezioni europee del 2014 la sua marcia non
sembra arrestarsi, entrando prima nel Parlamento europeo con il 7,1% dei
voti, e poi in differenti parlamenti regionali, fino ad entrare nel
parlamento federale due anni fa circa.
Al
suo interno, dopo il primo flop elettorale, avviene un sempre maggiore
spostamento a destra, confermato anche dalle ultime tendenze, e la
corrente denominata Flügel – che nel 2015, con un documento
contro l’ala moderata di Lucke, allora capo del partito – ne prende di
fatto la leadership sotto la guida del capogruppo parlamentare in
Turingia, Björn Höcke, figlio politico di uno dei guru della “Nuova
Destra” tedesca, Götz Kubitschek.
L’ Alternative Mitte,
allora creata, contesta tra l’altro la collaborazione dell’AFD con
Pegida ed il movimento identitario, ma risulta assolutamente marginale
ad Est.
Flügel,
che è stata messa “sotto osservazione” dai servizi segreti interni
tedeschi, annovera tra le sue fila Andreas Kalbitz, che dirige la
Federazione di Brandeburgo e che ha un passato giovanile neo-nazista, e
Jörg Urban, l’uomo forte dell’AFD in Sassonia, molto vicino a Pegida.
Nonostante
il fenomeno sia stato a lungo “sottovalutato” dalle istituzioni, fino a
raggiungere toni parossistici che lasciano pensare una pesante
copertura (fatto assolutamente non nuovo nella Germania unitaria),
l’aumento delle violenze dell’estrema destra è un termometro politico di
una situazione apparsa molto grave dopo i pogrom contro i migranti;
prima a Chemnitz e poi in diverse città dell’est, l’anno scorso; e poi
in maniera evidente con l’assassino di Walter Lübcke, prefetto della CDU
di Cassel, assassinato in casa, nella notte tra il primo e il due
giugno, per le suo posizioni pro-migranti.
La pesante crisi economica tedesca si inserisce in un quadro di frattura mai ricucita tra l’est e l’ovest del Paese, e di una polarizzazione sociale che trova la sua rappresentazione spaziale nel divario sempre più crescente centro-periferia, anche nella Germania occidentale.
All’Est
la popolazione invecchia e il territorio si spopola, la disoccupazione è
più alta (6,6% rispetto ad una media nazionale del 4,7%), il reddito
medio è di poco meno di 30.000 (cioè circa 10 mila euro in meno della
media nazionale), e vi si trovano le sedi solo di 37 aziende tra le
prime 500 della Germania.
L’estraneità
al governo federale è data anche da una impossibile identificazione con
una compagine che annovera solo la Merkel, su 17 ministri, come
proveniente dalla Germania orientale.
Mentre
“Die Linke” non è riuscita a capitalizzare il malessere delle nefaste
conseguenze dell’ “annessione”, l’AFD . anche attraverso lo sfruttamento
retorico nella sua narrazione della “Rivoluzione dell’89”, come se
fosse stata incompiuta e disattesa – è riuscita ad imporsi nel senso
comune.La “Groko” già in crisi, scricchiola ulteriormente, il test in Turingia a fine ottobre sarà fondamentale per capire a che punto la crisi politica tedesca si approfondirà.
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