“Aiutiamoli
a casa loro”. Lo slogan leghista è brutale e razzista, nella sua
versione italiana, perché in realtà – e secondo le regole della comunicazione in mano a dei falsari – significa l’opposto. Ossia un volgarissimo fora dai ball e nessun aiuto.
La
premessa “culturale” di quello slogan è che noi italiani siamo ricchi,
ma non troppo; e dunque non possiamo permetterci di accogliere gente che
viene dai paesi più poveri o in guerra, soprattutto africani. Silenzio
ovviamente sullo sfruttamento bestiale cui costringiamo quelli che
riescono ad arrivare nonostante tutto, dandoli in pasto ai caporali per
farli lavorare a due-tre euro l’ora. In quel caso, ci mancherebbe, sono i
benvenuti, fino alla fine della stagione. Poi fora dai ball…
La
stupidità rende ciechi e quindi gente simile non riesce neppure a
vedere – figuriamoci a capire – quel che sta avvenendo dall’altra parte
del Mediterraneo. E dire che ci riguarda ormai direttamente…Abbiamo ripreso e inquadrato un articolo de IlSole24Ore che dava conto dei colossali investimenti cinesi in Algeria e il significato che questi andavano assumendo per il Nordafrica e l’Europa mediterranea.
Adesso vi proponiamo quest’altro articolo, scritto per Class Editori con l’intento di segnalare alle imprese italiane le opportunità di business in Egitto, che però descrive un’altra realtà in rapidissima trasformazione sotto la spinta degli investimenti, dei progetti e delle competenze tecnologiche… di Pechino.
Ancora abituati – da veri razzisti, anche se in veste “democratica” – a pensare i cinesi come produttori di chincaglieria o giocattoli di plastica e gli egiziani come arabi indolenti, dovremmo invece guardare alla quantità e dimensione dei progetti cinesi che stanno mettendo le premesse per un radicale cambiamento del modello di sviluppo di un paese che vanta ben 105 milioni di abitanti, peraltro in rapidissimo aumento.
Solo per elencare quelli principali:
a) una nuova capitale amministrativa (tipo Brasilia) costruita ex novo nel deserto, su 700 chilometri quadrati e in grado di ospitare 5 milioni (milioni!) di persone; con “1.000 moschee, zone industriali, un centro congressi con 5.000 posti, duemila scuole, aeroporto internazionale, centinaia di strutture sanitarie, un distretto diplomatico, un distretto medico, aree ricreative”, oltre ovviamente ai palazzi ministeriali, le ambasciate, gli alberghi, ecc. Nella foto d’apertura una “idea” di come dovrebbe diventare.
b) una nuova città portuale vicino ad El Alamein per decongestionare la concentrazione di popolazione nelle aree lungo il Nilo e attirare flussi turistici;
c) una nuova zona economica speciale in cui concentrare, integrare e far sviluppare la miriade di imprese tessili di piccole dimensioni e zero proiezione internazionale.
Si può andare avanti a lungo, ma potere leggere da soli.
L’”occasione” per le imprese italiane, in questa autentica manna, è davvero poca roba: una fornitura di tubi per la costruzione di una rete di gas domestico.
Ma non è questo il punto. La questione è che dall’altra parte del Mediterraneo, dall’Algeria all’Egitto, c’è qualcuno che “aiuta gli africani a casa loro”. Ma sul serio. Investendo in infrastrutture civili, industrie, scuole, ecc. In questo modo, perlomeno in prospettiva, non solo si “trattiene” la popolazione in patria con modi decisamente meno bruschi dei lager libici costruiti dall’Italia (Al Sisi certamente non è un “sincero democratico”) ma, con la crescita dell’occupazione e del reddito, è immaginabile anche un calo del malessere sociale che ha dato fin qui fiato all’islamismo radicale.
C’è poi l’aspetto economico, del tutto svantaggioso per chi dovesse restare fuori della Via della Seta e ammanettato a un sistema di “austerità” che drena risorse dai paesi euromediterranei a favore di quelli nordeuropei.
Se Gheddafi fosse rimasto al potere ancora per qualche anno – e qui appare del tutto suicida l’intervento militare euro-statunitense per eliminarlo – sarebbe stato completato un “anello sud” finalmente fuori dall’alternativa tra sottosviluppo e modello petrolio-dipendente. Una pacchia, per chi non riesce più a crescere sotto l’incubo del Fiscal Compact.
Male che poteva andare, per i nostri concittadini meno fortunati, ci sarebbe stata almeno l’occasione di potersi imbarcare per attraversare il mare e sperare di venir ben accolti. Magari pagando solo il biglietto del traghetto…
*****
Egitto, l’Italia guarda ai mega progetti all’ombra delle piramidi
L’Ice
a Il Cairo ha evidenziato le opportunità che si aprono in questa fase
per le imprese italiane dell’oil&gas, del mobile, nelle costruzione,
nella lavorazione del cuoio. Intanto partono le gare per realizzare
infrastrutture civili. Il paese è uno dei più integrati nella strategia
Bri e la Cina progetta ancora di investirvi 2,5 miliardi di dollari da
parte di un centinaio di aziende manifatturiere
Pier Paolo Albricci – Class Editori *
La
Camera di commercio italiana in Egitto segnala l’apertura di una gara
importante per l’industria italiana oil & gas. La Egas, Egyptian
Natural Gas holding, ha lanciato un bid internazionale per la fornitura
di tubi nell’ambito di un progetto per realizzare una rete di gas
domestico, finanziata dalla World bank con 330 milioni di dollari.
La
dimensione della gara conferma l’Egitto come uno dei paesi del Medio
Oriente più attivi negli investimenti in infrastrutture civili, un
mercato importante per le imprese italiane in particolare nella filiera
dell’oil & gas, ma non solo. Il paese sta beneficiando in
particolare degli effetti positivi dell’allargamento del canale di Suez
che negli ultimi tre anni ha moltiplicato i flussi degli scambi
marittimi tra Asia e Mediterraneo, dando un forte impulso agli
investimenti pubblici e privati.
Nell’area
mediterranea l’Egitto è, anche, uno dei paesi più toccati dalle
iniziative nell’ambito della Belt&Road Initiative (Bri) che si è
concretizzata nel finanziamento di una parte importante dei lavori a
Suez e nella partecipazione ai nuovi progetti, tra cui i principali sono
la zona economica speciale Teda-Suez, di cui è già stata completata la
prima fase, con l’obiettivo di introdurre più di 100 aziende del tessile
e abbigliamento, attrezzature petrolifere, motocicli, energia solare,
la realizzazione di una monorotaia tra la nuova capitale amministrativa e
al-Salam City, finanziata dalla Eximbank cinese, la creazione di un hub
tessile nell’Alto Nilo,con un finanziamenti cinese per 324 milioni di
dollari.
Inoltre
Construction China’s Shanghai Electric Company and Dong Fang
realizzeranno con un investimento di 2,3 miliardi di dollari la centrale
idroelettrica di Ataka Mountain.
Oltre
a quelli che vedono più direttamente in campo capitali cinesi, i lavori
in corso d’opera sono molteplici e in diversi settori. Fra i principali
emerge la realizzazione della Nuova Capitale Amministrativa, voluto
fortemente dal Presidente della Repubblica, e in avanzata fase di
realizzazione in una zona desertica a una cinquantina di chilometri a
Est del Cairo che si estenderà per 700 chilometri quadrati
Su
un’area di quasi 80 mila ettari di cui circa 6 mila a verde, la città
ospiterà la nuova sede del governo, alloggi per cinque milioni di
persone, 1.000 moschee, zone industriali, un centro congressi con 5.000
posti, duemila scuole, aeroporto internazionale, centinaia di strutture
sanitarie, un distretto diplomatico, un distretto medico, aree
ricreative. La prima fase dell’enorme progetto, finanziato anche dalla
China Fortune Land Development Company, dovrebbe essere completata entro
il 2020.
New
Alamein City è un altro mega progetto tra il residenziale e il
turistico le cui prime realizzazione potrebbero vedere la luce entro
l’anno prossimo. Localizzato nella provincia di Marsa Matrouh, la
seconda città della costa settentrionale, dopo Alessandria, Al-Alamein
City punta a superare la congestione della popolazione in Egitto
sfruttando la costa settentrionale come destinazione residenziale e
attirando il turismo durante tutto l’anno.
Progettata
per ospitare più di 3 milioni di persone, è stata concepita in diverse
fasi, la prima fase è divisa in due settori principali con un’area di
circa 3.200 ettari per 400 mila, prevede centri turistici, un settore
archeologico e un settore urbano. Rete idrica, infrastrutture di
trasporto, fognature e reti elettriche sono in fase di costruzione
mentre The Arab Contractors Company sta portando avanti l’alternativa
dell’attuale strada costiera con 38 km di lunghezza e 5 corsie e due
cantieri a sud della città.
Un
terzo grande progetto Robbiky Leather City, che prevede un investimento
di 63 milioni di dollari, è finalizzato alla realizzazione della prima
Zona Industriale dell’Egitto specializzata nella produzione di concia
delle pelli e di prodotti in pelle e prevede il trasferimento di 70
piccole concerie da Magra El-Oyoun nella vecchia Cairo, alla nuova
città. Il 90% delle infrastrutture e delle utilities della nuova città
sono state completate e 113 fabbriche sono state già installate.
Un
altro progetto interessante per le imprese italiane della filiera del
mobile è la Città del Mobile di Damietta sulle coste del Mediterraneo
circa 250 chilometri a nord del Cairo, che prevede la realizzazione di
un hub internazionale per la produzione e l’esportazione di mobili, con
un investimento di 562,8 milioni di dollari.
Su
un’area di 133 ettari sorgeranno fabbriche, laboratori di artigianato,
piccole e medie imprese del settore. La zona dovrebbe essere realizzata
entro un anno, inclusa la consegna delle licenze. Il progetto prevede
inoltre la realizzazione di un hotel di classe mondiale che ospiterà gli
ospiti delle future esposizioni fieristiche. I lavori delle reti di
infrastrutture e strade sono in fase di completamento.
Nell’ambito
della creazione di zone economiche speciali dove attirare investimenti
esteri, quella del Canale di Suez (SCZone) è la più estesa su un’area di
461 chilometri quadrati, quasi i due terzi delle dimensioni di
Singapore.
SCZone
è costituita da 2 aree integrate, Ain Sokhna con Ain Sokhna Port, e
East Port Said, che comprende 2 aree di sviluppo (Qantara West &
Ismailia West) e 4 porti (West Port Said, Port Adabiya , Port Al Tor
Port,Al Arish Port).
Ogni
area integrata e di sviluppo offre opportunità di investimento in
imprese industriali e commerciali, infrastrutture e real estate,
logistica, servizi e tecnologia.
L’azienda
cinese Jushi ha firmato un contratto per le espansioni pianificate
dalla società nella zona di Ain Sokhna con un investimento di 60 milioni
di dollari in un’area di 90 mila metri quadrati. Trentadue società
cinesi sono pienamente operative in SCZone, dove hanno investito 400
milioni.
Il
presidente cinese ha annunciato che il governo investirà fino a 2,5
miliardi di dollari in 100 società in SCZone.Il governo russo ha anche
confermato gli investimenti e ha avviato sviluppi per un totale di 107,8
milioni di dollari distribuiti su 398 aziende nei settori
dell’ingegneria, delle macchine, della costruzione navale e del cibo nei
pressi di East Port Said.
L’espansione
industriali prevista lungo il canale sarà alimentata da tre gigantesche
centrali elettriche situate a Ain Sokhna, Burullus e nella nuova
capitale amministrativa che forniranno una capacità totale di 14.400
megawatt, pari a circa il 50% della rete elettrica del Paese, con un
investimento di 7 miliardi di dollari. Elsewedy è l’appaltatore
principale della centrale elettrica Beni Suef, mentre Orascom sta
lavorando ai progetti Burullus e New Capital. Siemens ha firmato un
contratto da 8 miliardi di euro per costruire tre impianti a gas a ciclo
combinato da 4.800 MW, ciascuno con otto unità.
Uno
dei progetti più interessanti per le imprese italiane della filiera del
mobile è la Citta del Mobile di Damietta sulle coste del Mediterraneo
circa 250 chilometri a nord del Cairo, che prevede la realizzazione di
un hub internazionale per la produzione e l’esportazione di mobili, con
un investimento di 562,8 milioni di dollari.
Su
un’area di 133 ettari sorgeranno fabbriche, laboratori di artigianato,
piccole e medie imprese del settore. La zona dovrebbe essere realizzata
entro un anno, inclusa la consegna delle licenze. Il progetto prevede
inoltre la realizzazione di un hotel di classe mondiale che ospiterà gli
ospiti delle future esposizioni fieristiche. I lavori delle reti di
infrastrutture e strade sono in fase di completamento.
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