Lo sospettavamo, ora è di dominio pubblico. Il quotidiano La Verità,
di Belpietro, ferocemente antibergogliano, scrive oggi, a firma di
Claudio Antonelli, che i veri registi dell’adesione alla Via della Seta
sono il Vaticano e Mattarella.
Dominus della strategia sarebbe il Segretario di Stato del Vaticano, cardinale Parolin, che da dieci anni tesse le fila diplomatiche con la Cina; prima con Benedetto XVI, con la famosa “Lettera ai cinesi” del 2007, poi con Francesco, protagonista dell’accordo sulla nomina dei vescovi, “punto di partenza, non di arrivo“, uno storico accordo con la Cina.
Secondo Antonelli da oltre un anno la Santa Sede preme per l’adesione “perché diventerebbe il perimetro dentro il quale il potere temporale della Chiesa riuscirebbe a muoversi con più facilità“.
Parolin nel 2017 aveva incontrato a Washington Di Maio, sondandolo circa il suo punto di vista su Russia e Cina. Dal lato temporale il giornalista sottolinea il ruolo propulsore di tale Sergio Maffettoni, braccio destro di Michele Geraci, cattolico, già console a Chonquing e antenna di Oltretevere.
L’altro alfiere è Mattarella, che già nel 2017 in un suo viaggio in Cina portava le istanze del Vaticano.
Ieri sera circolava la notizia di un clamoroso incontro tra Francesco e Xi a Roma, in occasione della sua visita. Notizia smentita, ma è sicuro che le due diplomazie stanno lavorando fervidamente.
Francesco è gesuita, come Matteo Ricci, assurto al Papato con il compito specifico di evangelizzare l’Asia, il continente che manca. E tutto passa per la Cina.
Non è azzardato dire che il riavvicinamento sia anche opera della diplomazia russa, con il duo Putin Lavrov. Francesco, legato a Obama e contro Trump ha avuto dissidi negli scorsi anni con il Pope russo in merito alla Siria e alla sua indifferenza verso i copti, ma con una mossa si è riavvicinato, bloccando gli anglo-francesi americani che volevano bombardare la Siria.
Altri temi caldi vicini alla diplomazia cinese e russa sono il freno di Francesco nei confronti di Trump su Venezuela e a Cuba.
C’è poi la questione africana, dove i tre protagonisti, a differenza di Trump, giocano un ruolo di attori globali.
L’Italia è così finita nella morsa, si vedrà in futuro se sarà un vantaggio. Di certo avrà d’ora in poi lo scudo del Vaticano.
Dominus della strategia sarebbe il Segretario di Stato del Vaticano, cardinale Parolin, che da dieci anni tesse le fila diplomatiche con la Cina; prima con Benedetto XVI, con la famosa “Lettera ai cinesi” del 2007, poi con Francesco, protagonista dell’accordo sulla nomina dei vescovi, “punto di partenza, non di arrivo“, uno storico accordo con la Cina.
Secondo Antonelli da oltre un anno la Santa Sede preme per l’adesione “perché diventerebbe il perimetro dentro il quale il potere temporale della Chiesa riuscirebbe a muoversi con più facilità“.
Parolin nel 2017 aveva incontrato a Washington Di Maio, sondandolo circa il suo punto di vista su Russia e Cina. Dal lato temporale il giornalista sottolinea il ruolo propulsore di tale Sergio Maffettoni, braccio destro di Michele Geraci, cattolico, già console a Chonquing e antenna di Oltretevere.
L’altro alfiere è Mattarella, che già nel 2017 in un suo viaggio in Cina portava le istanze del Vaticano.
Ieri sera circolava la notizia di un clamoroso incontro tra Francesco e Xi a Roma, in occasione della sua visita. Notizia smentita, ma è sicuro che le due diplomazie stanno lavorando fervidamente.
Francesco è gesuita, come Matteo Ricci, assurto al Papato con il compito specifico di evangelizzare l’Asia, il continente che manca. E tutto passa per la Cina.
Non è azzardato dire che il riavvicinamento sia anche opera della diplomazia russa, con il duo Putin Lavrov. Francesco, legato a Obama e contro Trump ha avuto dissidi negli scorsi anni con il Pope russo in merito alla Siria e alla sua indifferenza verso i copti, ma con una mossa si è riavvicinato, bloccando gli anglo-francesi americani che volevano bombardare la Siria.
Altri temi caldi vicini alla diplomazia cinese e russa sono il freno di Francesco nei confronti di Trump su Venezuela e a Cuba.
C’è poi la questione africana, dove i tre protagonisti, a differenza di Trump, giocano un ruolo di attori globali.
L’Italia è così finita nella morsa, si vedrà in futuro se sarà un vantaggio. Di certo avrà d’ora in poi lo scudo del Vaticano.
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