Londra. Ingoia
ancora amaro, Theresa May. La Premier britannica ha subito una seconda
umiliante sconfitta nel voto parlamentare di Martedì 12 Marzo: respinto
al mittente il suo accordo negoziato con l’Unione Europea. Con 391 voti
contrari e soltanto 242 a favore, la Camera dei Comuni ha nuovamente
rifiutato la ratifica del trattato.
A
nulla è servito il viaggio notturno a Strasburgo di Lunedì, durante il
quale la May e Jean-Claude Juncker avevano firmato tre aggiunte
all’accordo raggiunto a Novembre, volte a rassicurare i sostenitori di
una Hard Brexit sulla tormentata questione del confine irlandese.
A
soli 17 giorni dalla scadenza del 29 Marzo, la May non è riuscita a
convincere l’ala dura del Partito Conservatore (capeggiata da Boris
Johnson e raccolta attorno alla corrente dell’European Research Group).
Anche il Partito Democratico Unionista dell’Ulster (il cui appoggio
esterno è determinante per la tenuta del governo) non ha sostenuto
l’accordo.
A
caldo, il Primo Ministro ha espresso la sua delusione per la mancata
approvazione del testo. A questo punto, la May dovrebbe concedere,
Mercoledì, un nuovo voto parlamentare sulla possibilità di uscita
dall’Unione Europea senza alcun accordo bilaterale. La May ha affermato
di non voler vincolare i deputati conservatori ad alcuna disciplina di
partito in occasione di tale consultazione. Qualora, come, l’eventualità
di una “No Deal Brexit” dovesse essere respinta (su tale ipotesi
dovrebbero convergere la maggioranza dei Tories e il Labour di Corbyn),
dovrebbe quindi esservi un’altra votazione nella giornata di Giovedì, in
merito alla richiesta di estensione dei tempi tecnici per la procedura
di uscita (ai sensi dell’Articolo 50 del Trattato di Lisbona). Appare
questo, al momento, lo scenario maggiormente probabile per quello che è
divenuto un autentico rompicapo.
Theresa
May ha tuttavia dichiarato: “Votare contro l’uscita unilaterale e per
un’estensione non risolve i nostri problemi. L’Unione Europea vorrà
conoscere il motivo di questa estensione; sapere quale uso vogliamo
farne. Il Parlamento dovrà anzitutto rispondere a questa domanda”.
La
May, presentando il suo piano come una sorta di “ultima spiaggia” per
l’attuazione della Brexit, è riuscita a recuperare alla sua causa alcuni
dei parlamentari conservatori che, nel precedente voto di Gennaio, si
erano espressi contro l’accordo; in quella occasione, infatti, la leader
conservatrice aveva riportato una sconfitta ancor più netta (finendo sotto di addirittura 230 voti).
Il
segretario del Partito Laburista, Jeremy Corbyn, ha dichiarato che
esistono ora le condizioni per una Brexit assai morbida: “Credo che vi
sia una maggioranza che possa sostenere la proposta del Labour: uscita
dall’UE, ma permanenza nell’Unione Doganale. Tocca al parlamento
riprendere il controllo ed riuscire ove questo governo ha fallito così
clamorosamente. Mi pare evidente, inoltre, che questo governo non
disponga di alcun sostegno alla Camera dei Comuni; sarebbe giusto
tornare alle urne”.
L’ex
Ministro degli Esteri Boris Johnson si è limitato a dichiarare che il
voto dovrebbe segnare la definitiva archiviazione del piano di Theresa
May.
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