A Strasburgo è stata approvata la direttiva per aggiornare le regole sul diritto d’autore
nell’Unione Europea. La direttiva approvata ieri è la versione
modificata di quella che era stata criticata e bocciata a luglio, in
particolare si tratta di una modifica agli articoli 11 e 13. Da mesi ci
si trova al centro di due tifoserie: i conservatori che desiderano un
maggiore controllo sui grandi raccoglitori di notizie Facebook e Google e
i liberali che considerano la direttiva una violazione di un diritto
conquistato a colpi di giga.
Per quanto il tema dei diritti d’autore sia ben più
vecchio di Mark Zuckerberg, sono le reti del Web a portare il dibattito
ad un livello completamente nuovo. Se si considera lo spazio che
utilizziamo sulle varie piattaforme online come uno spazio gratuito a
nostra disposizione, sarà facile dar ragione a chi è restio a qualsiasi
restrizione o forma di controllo. Ed effettivamente è proprio così che
viene vissuto il mondo digitale dalla maggioranza degli utenti, come una
piazza in cui incontrarsi e scambiarsi opinioni e informazioni. Ma
questa metafora è una vera e propria distorsione illusoria, poiché nella
piazza digitale dimentichiamo troppo spesso la presenza di un occhio
alla Orwell che ci permette di entrare in questo luogo lontano dalle
leggi del mondo reale, a un prezzo. È quindi così gratuito questo spazio
della nostra vita a banda larga? Qual è l’obolo che siamo obbligati a
versare? Siamo noi stessi, le nostre informazioni, le nostre parole e ciò che produciamo in quella piazza. Si sta facendo ovviamente riferimento alla Data economy
o agli studi di marketing che hanno dato anche molto scalpore nel mondo
della politica. Basti pensare allo scandalo di Cambridge Analytica che
ha investito il presidente degli Stati Uniti Trump. Il mondo digitale
mostra il suo lato oscuro nel suo momento più affascinante, quando
promette una società autonoma, libera e senza barriere. Un’utopia
realizzata. In cambio, come uno Shylock del nuovo mondo, viene chiesta
una libra di noi. La maschera scivola via e si scopre che il web
risponde alle leggi economiche, trovando in noi la merce di maggior
valore.
Bisogna quindi chiedersi di fronte a questa promessa
di Eden della libertà d’espressione qual è il prezzo che siamo disposti a
pagare, provando a sfuggire ai semplici bipolarismi che si vengono a
creare in queste situazioni. Bisogna far valere l’espressione senza
limiti di sorta, venendo inghiottiti dal sistema economico del web
oppure iniziare a porre dei freni, dei controlli? E se si sceglie la
seconda strada, quali saranno i criteri per decidere chi o cosa porrà i
bavagli al web?
La nuova direttiva sarà ora oggetto di negoziati tra
le istituzioni europee e stati membri. Ovviamente chi appoggia la
riforma cercherà di accorciare il più possibile i tempi, poiché le
elezioni europee del 2019 sposteranno di molto gli equilibri politici
all’interno dell’Unione col rischio che la direttiva venga nuovamente
bloccata.
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