mercoledì 26 settembre 2018

Il cortocircuito di Carlo Cottarelli

La notizia proviene dal sito di informazione Italia Oggi, non di certo una tribuna bufalara: Carlo Cottarelli, intervistato dalla già citata piattaforma, stupisce nuovamente le schiere amiche del libero mercato, della Germania e della moneta unica con una veritiera, quanto imbarazzante dichiarazione:
«Senza l’euro l’Italia sarebbe cresciuta di più»
Come, ci si chiede? Il fu PdC incaricato spiega come i mali di questo infelice accrocchio siano dovuti ad una eccessiva e smodata spesa pubblica implementata nei primi dieci anni dall’assunzione della moneta unica, aggiungendo inoltre che la Germania, l’attuale e indiscusso motore trainante della zona euro, sta attuando politiche non utili sia a livello nazionale che comunitario. L’economista del FMI si riferisce alla mancanza di spesa nei conti pubblici e all’elevato avanzo e deficit.
Nella lunga intervista, Cottarelli si rifà una verginità – con lieta sorpresa di molti suoi detrattori – notando (si preferirebbe accusando) più o meno esplicitamente la Germania, di aver portato tutti i paesi entrati nella moneta unica ad un livello di sudditanza, in linea con regole ben precise: parliamo di una inflazione più alta ed un aumento dei costi del lavoro per unità di prodotto eccessivi, rispetto al canone teutonico. Secondo Cottarelli – che da oggi chiameremo il “folgorato” sulla via di Damasco – sia Berlino che Roma hanno tirato entrambi e troppo la corda, finendo per spezzarla. Tuttavia giunge anche lapidaria una apparentemente ineluttabile realtà:
«I costi – di una uscita dall’euro – sarebbero troppo elevati e noi possiamo crescere restando nell’euro. Anche più degli altri.»
Dunque non essendoci soluzioni ancora bene in vista, rimaniamo ancora cornuti e mazziati, come al solito. Furbescamente però, Cottarelli stavolta preferisce dare un colpo al cerchio e uno alla botte, anziché vestire i panni del paladino del privato plenipotenziario e del protettore della verginità dell’euro, pur non potendo discostarsi troppo dal “caminetto della finanza globale”. Vero, come afferma moderatamente Cottarelli, che in Italia vi è una disgustosa e inutile sovrabbondanza burocratica, capace di far sprecare alle nostre nobili e ricche vertebre – le piccole e medie imprese – 30 miliardi, solo per compilare moduli. Rincara poi, senza poter essere oggettivamente contestato, parlando della odiosa lentezza della giustizia, una fiacchezza che, sotto gli occhi di tutti, risulta palesemente aggravata da ridicole incompetenze, sciocche partigianerie politiche e corruttele inaudite. Altro motivo indicato è l’eccessiva tassazione, che secondo l’economista può essere abbassata trovando finanziamenti dalla parte della spesa, anziché indebitandoci ulteriormente chiedendone in prestito.
Cottarelli si scopre – ma neanche troppo – vicino all’idea di un reddito di cittadinanza – o minimo garantito – pur constatando come quello nostrano di 800 euro, risulterebbe il più alto fra i paesi dell’eurozona. Niente aumento dell’Iva, ma una ricerca delle coperture per tale manovra potrebbe risultare difficoltosa; il tutto parrebbe comunque slittare verso gli anni 20/21. Nessuna domanda o voce sulla tassa piatta promessa dalla Lega. Dopo aver praticamente confermato che l’euro si è formato e basato sul marco tedesco, si ha nuovamente l’amara consapevolezza di come, in nome della competitività, il pubblico debba piegarsi al privato e che non si possa nazionalmente investire, con la costante paura di essere dissanguati dal moloch del debito pubblico. Infine, in barba alle più astruse affermazioni dei mesi scorsi, Cottarelli conferma che una sua presidenza, senza fiducia avrebbe condotto lo spread a cifre vaganti tra il 600 e 700. Insomma, il decotto rappresentante a Washington di molti dei disastrati Stati europei del Mediterraneo, sembra avviatosi, quasi forzatamente, verso una normale presa di coscienza del disastro in cui navighiamo: ma ahinoi, certe e vecchie abitudini sembrano ancora dure a morire.
Detto ciò, ci rallegriamo per le parole inaspettate di Cottarelli, ma sarebbe anche arrivato il momento di guardare oltre una moneta unica utile alla Germania: il futuro dell’Europa o sarà delle sovranità popolari, con centrale valorizzazione dei patrimoni culturali ed artistici, nuove e future ali della prosperità continentale e mediterranea, o delle grandi internazionali del capitale, più dedite a sfruttare ed impoverire le masse; tertium non datur.

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