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venerdì 27 luglio 2018
L’Italia frana. 91 Comuni su 100 in zone a rischio idrogeologico
L’Italia è un paese ad alto rischio di dissesto idrogeologico.
Frane e alluvioni dovrebbero essere la nostra prima preoccupazione: la
sicurezza del territorio dovrebbe essere la priorità, per l’economia e
per la salvaguardia delle stesse popolazioni e dell’ambiente. A dirlo
sono i dati mappati dall’Istituto Superiore per la Protezione Ambientale (Ispra) contenuti nel Rapporto sul Dissesto idrogeologico 2018,
che coprono l’intero territorio nazionale. «Uno strumento per i
decisori con la funzione di informare i cittadini così con risvolti
importanti dal punto di vista sociale ed economico» ha sottolineato il
presidente di Ispra, Stefano La Porta.
7 milioni di abitanti in territori vulnerabili
Ben il 91% dei comuni italiani, con oltre 3 milioni di famiglie, sono
collocati in zone a rischio idrogeologico. Complessivamente sono 7 milioni le persone
che vivono in territori vulnerabili e oltre un milione in territori a
pericolosità di frane elevate e molte elevate, soprattutto concentrate
in Emilia-Romagna, Toscana, Campania, Lombardia, Veneto.
Ma come ribadito a Valori dal responsabile del rapporto di Ispra, Alessandro Trigila
«il problema riguarda direttamente la maggior parte delle regioni
italiane, la mappatura è completa, anche se va ulteriormente
approfondita».
Nove regioni con 100% di Comuni a rischio idrogeologico
A oggi, grazie anche alla collaborazione delle Autorità di Bacino
abbiamo dati più precisi che ci dicono che in nove di esse, il rischio
idrogeologico è presente nel 100% dei comuni. Sono Valle D’Aosta,
Liguria, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria, Marche, Molise, Basilicata e
Calabria. Mentre l’Abruzzo, il Lazio, il Piemonte, la Campania, la
Sicilia e la Provincia di Trento hanno percentuali di comuni a rischio
tra il 90% e il 100%. «Stato e regioni devono intervenire sulla
prevenzione del rischio, così come l’informazione ai cittadini è
un’azione fondamentale» sottolinea Trigila.
1 frana su 10 lascia danni a cose e persone
Anche perché, oltre il tema risorse economiche per i comuni, sono
anche i tempi di ripristino a impensierire. «Abbiamo in banca dati oltre
5000 interventi di ripristino, con una durata media per ogni intervento
che varia dai 4 ai 7 anni» ribadiscono da Ispra. Con costi elevatissimi
per i singoli cittadini e la collettività. E a quelle che sono le
caratteristiche geomorfologiche della nostra penisola si sommano infatti
cementificazione, consumo di suolo
e non ultimi gli incendi boschivi. «Basti pensare che su ogni 1000
frane che cadono ogni anno, almeno 100 lasciano danni a persone e cose».
Situazione in ogni caso grave, anche per il tessuto produttivo:
le industrie e i servizi posizionati in aree a pericolosità di frana
elevata e molto elevata sono 83mila con oltre 217mila addetti esposti a
rischio, in regioni come Campania, Toscana, Emilia-Romagna e Lazio. Al
pericolo inondazione, si trovano invece esposte ben 600mila unità locali
di impresa (12,4% del totale) con oltre 2 milioni di addetti ai lavori,
in particolare nelle regioni Emilia-Romagna, Toscana, Veneto, Lombardia
e Liguria.
Minacciati 38mila siti culturali
Ma il rischio idrogeologico è una concreta minaccia a per il
patrimonio culturale italiano. I dati dell’ISPRA individuano, poi, nelle
aree franabili quasi 38mila beni culturali, dei quali oltre 11mila
ubicati in zone a pericolosità da frana elevata e molto elevata, mentre
sfiorano i 40mila i monumenti a rischio inondazione nello scenario a
scarsa probabilità di accadimento o relativo a eventi estremi. Di questi
più di 31mila si trovano in zone potenzialmente allagabili anche nello
scenario a media probabilità.
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