Nel
dibattito pubblico nazionale odierno economisti, analisti di mercato e
politici stanno sottolineando l’importanza degli ultimi dati statistici
pubblicati inerenti l’andamento dell’economia: nazionale, europea e
mondiale. Lo studio più rilavante è il Global Wealth Report pubblicato
dal Credit Suisse Research Institute, l’istituto di ricerca economico
della banca Credit Suisse. E nelle stanze dei bottoni del capitalismo
mondiale c’è senza dubbio percezione ben più chiara dello stato del
nostro sistema economico all’uscita della crisi.
La
relazione annuale di quest’anno è infatti estremamente rilevante poiché
cade a 10 anni dall’inizio della crisi economica mondiale del 2007,
causata dalla bolla del mercato immobiliare americano. Per questo motivo
lo studio riesce a delineare delle prime analisi, sostenute da corposi
dati economici, sulle conseguenze della crisi nella produzione e
distribuzione della ricchezza mondiale, in rapporto agli anni ad essa
precedenti. L’ultima parte del lavoro si sofferma infine sulla
situazione delle nuove generazioni, i cosiddetti “millenials”,
soffermandosi sulle prospettive di tale generazione e sul divario di
possibilità di accumulo di ricchezza rispetto le generazioni precedenti.
Negli
ultimi 12 mesi la ricchezza complessiva globale è cresciuta del 6.4 per
cento, portando l’economia mondiale ad un valore complessivo di 280
mila miliardi di dollari, un nuovo record assoluto. I paesi occidentali
hanno tutti registrato una crescita sia economica che del numero di
super-ricchi, l’Italia è tra i dieci paesi che hanno registrato il
maggior incremento di questi ultimi; 138 mila in più rispetto al 2016,
portando il gruppo ad un totale di 1 milione e 288 mila milionari nel
2017. I paesi asiatici hanno anch’essi raggiunto importanti percentuali
ponendosi, come nel caso della Cina, al pari di nazioni come gli U.S.A,
elemento questo non nuovo e che sta suscitando tante paure oltreoceano
(vedasi l’ultima tornata politica presidenziale americana). I dati che
però riescono appieno a rappresentare una cartina di tornasole
dell’ingiustizia economica mondiale sono quelli relativi alla
distribuzione della ricchezza. L’1% della popolazione più facoltosa
(capitale maggiore di 770mila dollari) detiene il 50.1% della ricchezza
totale delle famiglie a livello globale. Prima della crisi del 2007 la
quota si attestava al 45.5%. Allargando lo sguardo di analisi l’8.6%,
ovvero la popolazione con reddito uguale o maggiore a 100mila dollari,
detiene l’86% della ricchezza. Inoltre, nel 2017 il numero di milionari è
salito a 36 milioni, 2.3 in più rispetto al 2016. In totale la
ricchezza mondiale complessiva è cresciuta del 27% rispetto all’inizio
della crisi finanziaria.
E tutti
gli altri? Ovvero, il 91.4% della popolazione globale adulta (4.4
miliardi di persone)? Si suddividono in una fascia più alta,
corrispondente alla parte medio-alta della società - ossia il 21.3% -
possedente l’11.6%, e una più bassa consistente nel 70.1%, che detiene
il 2.7% della ricchezza. Credit Suiss ci tiene subito a precisare che la
quota di capitale di quest’ultima fascia è in aumento rispetto al 2016,
quando era 2.4%.
A noi
sorgono subito spontanee diverse domande, anche alla luce degli ultimi
dati Istat, trionfalmente ripresi dal governo, che annunciano una
crescita del Pil nazionale del +1.8%. Chi sta guadagnando dalla ripresa
economica che si sta verificando? Come si sta producendo la ricchezza
mondiale? Dove sono le ricadute per le fasce maggioritarie, ovvero
quelle povere, della popolazione mondiale? La ripresa di cui si parla in
cosa consiste?
La crisi
economica del 2007 , e i suoi successivi sviluppi, sono emblematici dei
meccanismi di funzionamento del sistema capitalista globalizzato, che si
è definitivamente imposto a livello mondiale, capillarizzandosi a
livelli fino ad ora mai conosciuti nelle vite di tutte e tutti noi. Marx
nella sua lucida analisi lo aveva detto chiaramente, il capitale vive
di cicli di crisi e di crescita della produzione, poiché sistema
economico fondato sul consumo continuo di merce, nel quale il
capitalista persegue il plusvalore in un’ottica di crescita dei profitti
esponenziale.
Gli ultimi anni
hanno dimostrato l’estrema capacità del capitalismo di fare di queste
crisi un trampolino di lancio di una radicale ristrutturazione,
mantenente, come è ovvio, la sua Struttura invariata, e andando invece a
modificare tutti gli ostacoli culturali, politici, storici che si
frappongono alla possibilità di ulteriore incremento del margine di
guadagno. Le diseguaglianze sono aumentate non perché si sono fatte
scelte o riforme politiche sbagliate ma perché è nella natura stessa del
sistema garantire guadagni enormi a pochi a scapito di una maggioranza,
sfruttata in termini lavorativi e cognitivi. In questo quadro i
lavoratori dei “paesi emergenti” vivono forme di sfruttamento “vecchie”,
come nel caso, ad esempio delle economie emergenti asiatiche, che però
hanno delle loro specificità rispetto lo sviluppo industriale
occidentale del secolo scorso; in occidente invece assistiamo a nuove
forme di sfruttamento, come quelle legate alla smart-economy,
all’auto-imprenditorialità e più in generale del mondo legato al terzo
settore ed in particolare allo sviluppo di internet. Se la suddivisione
non è netta, la tendenza generale è chiaramente comune: utilizzare la
crisi come mezzo di governo in modo da aumentare il livello di
“tolleranza” rispetto lo sfruttamento lavorativo mescolando nel mercato
del lavoro forme vecchie e nuove.
Fatta
questa premessa, veniamo dunque ai nodi prima aperti. La ripresa che si
sta verificando è la conseguenza del ritorno all’aumento della
produzione mondiale, dopo una contrazione fortissima dei consumi.
Questo, però, non porta profitti a chi non ha subito sulle proprie
spalle la crisi e le politiche ad essa conseguenti, ma invece a quei
paperoni che ritrovatisi difronte ad un mercato sconquassato hanno visto
la grande possibilità di rilancio dello sfruttamento capitalistico, che
si trovava aperte innumerevoli possibilità conseguenti la sua
globalizzazione. Le ricadute economiche positive, ed è un dato di fatto,
sono solo dei ricchi. Questi, difronte ai dati sulla distribuzione
della ricchezza, ci dicono di fatto di accontentarci delle briciole e
che più a vanti ci saranno delle fantomatiche ricadute “a cascata”. Non
scordiamolo, quando si parla di ripresa economia ciò di cui si parla è
il rilancio dei profitti dei capitalisti. Quindi la ripresa è anche la
ripresa in forme sempre nuove, dello sfruttamento delle persone. È la
ripresa, in modi sempre più profondi, dello sfruttamento dell’ambiente e
dei territori. E’ la ripresa generale di un’economia che utilizzando il
sistema democratico liberale mistifica quella che è la realtà dei
fatti, cioè che esistono due macro-gruppi nella società contemporanea:
chi è sfruttato e chi sfrutta. Quest’ultimi, un gruppuscolo, determinano
e decidono le vite di miliardi di persone per continuare ad accumulare
sempre di più.
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