Come si convince qualcuno -si è chiesto
lo scrittore e storico della scienza Michael Shermer- quando mostrare i
fatti non è sufficiente? Anzi: quando le evidenze sono schiaccianti, le
convinzioni sembrano aumentare. Chi è contro i vaccini dirà che i dati
epidemiologici sono tratti da ricerche pagate da Big Pharma; i
complottisti dell’11 settembre si concentreranno sul punto di fusione
dell’acciaio delle Twin Towers, ignorando le vittime; i negazionisti del
clima tireranno fuori la questione della libertà, e degli
insopportabili vincoli all’economia. C’è una ragione scientifica per
spiegare tutto questo -ricorda Shermer- e ha a che fare con la nostra
visione del mondo, come ben documentato in un saggio del 2007, “Mistakes
were made (but not by me)” degli psicologi Carol Tavris ed Elliot
Aronson.
Il 2007 è l’anno dello scoppio della
grande “crisi”: sono passati 10 anni -era settembre- da quando Ben
Bernanke, da poco presidente della Banca centrale statunitense, era
stato lapidario: “La crisi è peggiore del previsto”. I dati di oggi
presentano il conto: l’Istat stima che siano un milione e 619mila le
famiglie residenti in condizione di povertà assoluta -4 milioni e
742mila individui-; è il doppio rispetto al 2007. E tra giovani e minori
i poveri sono addirittura triplicati. Ed ecco un “fatto” cui non
vogliamo credere: nel nostro Paese ci sono 1,3 milioni di bambini in
povertà assoluta. Non solo: quasi un giovane su cinque in Italia, nella
fascia tra 15 e 24 anni, non ha e cerca un lavoro né è impegnato in un
percorso di studi o di formazione (sono i cosiddetti Neet): la media
europea è dell’11,5%.
Poi però ci sono altri “fatti” cui stentiamo -non vogliamo- credere. Il primo: la spesa sociale in Italia (337,5 miliardi euro nel 2016, +10,9% rispetto al 2011) va per il 64% alla popolazione anziana, e solo il 5,5% alla lotta alla disoccupazione (e l’1,2% alla lotta all’esclusione sociale). Il secondo: in Italia ci sono 307mila famiglie con patrimonio finanziario superiore al milione di dollari, secondo le stime del Boston Consulting Group. Vuol dire che nelle mani dell’1,2% delle famiglie si concentra il 20,9% della ricchezza (finanziaria) italiana. Di qui al 2021 il numero di ricchi aumenterà: saranno l’1,6% del totale delle famiglie, ma la fetta di ricchezza nelle loro mani salirà al 23,9% e sfiorerà così un quarto del totale. Il terzo “fatto”: la Banca europea degli investimenti ha calcolato che, in Italia, dal 2007 a oggi i guadagni di professionisti e imprenditori (ovvero il 10% più ricco della popolazione) sono diminuiti del 4%, mentre quelli dei meno abbienti (il 10% più povero) sono crollati del 27%.
Poi però ci sono altri “fatti” cui stentiamo -non vogliamo- credere. Il primo: la spesa sociale in Italia (337,5 miliardi euro nel 2016, +10,9% rispetto al 2011) va per il 64% alla popolazione anziana, e solo il 5,5% alla lotta alla disoccupazione (e l’1,2% alla lotta all’esclusione sociale). Il secondo: in Italia ci sono 307mila famiglie con patrimonio finanziario superiore al milione di dollari, secondo le stime del Boston Consulting Group. Vuol dire che nelle mani dell’1,2% delle famiglie si concentra il 20,9% della ricchezza (finanziaria) italiana. Di qui al 2021 il numero di ricchi aumenterà: saranno l’1,6% del totale delle famiglie, ma la fetta di ricchezza nelle loro mani salirà al 23,9% e sfiorerà così un quarto del totale. Il terzo “fatto”: la Banca europea degli investimenti ha calcolato che, in Italia, dal 2007 a oggi i guadagni di professionisti e imprenditori (ovvero il 10% più ricco della popolazione) sono diminuiti del 4%, mentre quelli dei meno abbienti (il 10% più povero) sono crollati del 27%.
La crisi ha contribuito in maniera
decisiva al fenomeno migratorio -anche se non c’è nessuna invasione:
ecco un’altra credenza che i numeri non riescono incredibilmente a
scalfire-. Una delle cause l’ha ben descritta un “insospettabile”:
Claudio Descalzi, ad di Eni, il quale ha affermato che “l’Africa è alla
deriva per la speculazione sui prezzi del petrolio e del gas. Per questo
crescono povertà e migranti”. Negare le responsabilità dei Paesi ricchi
rispetto alla condizione dei Paesi impoveriti vuol dire non conoscere o
ignorare la storia, la scienza, l’attualità, o peggio: pensare a una
“superiorità” culturale o morale dell’Occidente.
Ed ecco altri due “fatti”: nientemeno che l’Economist
ha pubblicato un articolo in cui si spiega che l’apertura completa
delle frontiere mondiali (libertà per chiunque di andare ovunque a
cercare lavoro) porterebbe a un aumento della ricchezza globale di
78mila miliardi di dollari. Il secondo: il valore globale delle azioni
quotate sui mercati finanziari ammonta a 77.700 miliardi di dollari: sui
massimi di tutti i tempi (a fine 2008 la capitalizzazione era il 60% in
meno dei valori attuali). Oggi le Borse hanno sorpassato il Pil
globale. In Borsa ci sono i cosiddetti “Big 5” digitali: Apple, Google
(Alphabet), Microsoft, Amazon e Facebook capitalizzano in Borsa 3mila
miliardi (con una media di 600 miliardi), il 50% in più del Pil
dell’Africa. Fossero una nazione, sarebbero la quinta più ricca del
mondo, davanti alla Gran Bretagna. Anche nel 2007, prima delle parole di
Bernanke, le Borse superarono il Pil (60mila miliardi contro 58mila).
Sappiamo com’è andata.
Nessun commento:
Posta un commento