Come ampiamente previsto, quelli di Renzi era un bluff. La minaccia di
“porre il veto” sul bilancio europeo è durata lo spazio di un paio di
telegiornali. Di fronte al montare della rabbia tedesca per gli
atteggiamenti “euroscettici” del governo italiano – tutti finti, alla
disperata caccia di un consenso all'ultimo minuto – il veto è stato
rapidamente derubricato a semplice astensione.
Del resto la mossa effettivamente fatta a Bruxelles da sottosegretario Gozi era stata la presentazione di una “riserva”, spacciata per “veto” solo a beneficio dei media italiani, Stamattina, infine, la scelta di fermarsi all'astensione, ritenuta comunque un “segnale di insofferenza”, visto che per l'Italia si tratta di una prima volta.
La Commissione guidata da Jean-Claude Juncker ha avuto le sue gatte da pelare su tutt'altri fronti, negli ultimi giorni. La discussione sul bilancio europeo – impegni totali a 157,88 miliardi e pagamenti a 134,49 miliardi – è in fondo quasi una minuzia, anche in termini finanziari. Di serissimo c'è infatti il terremoto globale annunciato dall'elezione di Donald Trump, che supera di gran lunga le preoccupazione sovranazionali per le tornate elettorali del 2017 in Francia, Olanda e soprattutto Germania.
Il documento presentato ieri dal “governo” continentale era già un esercizio di equilibrismo audace tra conferma degli orientamenti consolidati in materia di “patto di stabilità” e richieste ai “paesi in surplus” di fare di più per agevolare la crescita asfittica dell'intera area. In pratica, un avvertimento a Italia, Francia, Spagna, Portogallo, ecc, a rispettare i vincoli di Maastricht, compensato da un invito rivolto alla Germania.
Come sottolineano però gli esperti di tecnoburorazia brussellese, i trattati in vigore prevedono sanzioni per i paesi che sforano i limiti di deficit e debito, mentre nulla di simile è previsto per chi sta in surplus. Dunque il documento si affida a buon cuore della Germania – che in un anno elettorale farà comunque orecchie da mercante, privilegiando gli orientamenti “euroscettici” dell'opinione pubblica tedesca, per frenare l'ascesa di Alternative fu Deutschland.
Le sortite bizzose di Renzi hanno comunque già fatto saltare alcuni limiti di pazienza in quel di Berlino, tanto da stimolare una gestione della questione migranti in chiave “anti-italiana”.
Tanto più che la stessa Commissione, pur "comprensiva" con un governo fedele a rischio referendum, non ha potuto fare a meno di segnalare che la manovra presentata dall'Italia "potrebbe risultare in una deviazione significativa dall'aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine". In altre parole: è fuori dalle regole…
Da qualsiasi parte la si prenda, insomma, la partita nell'Unione Europea si rivela non maneggiabile dall'establishment italiano, in particolare. Ma tutti i paesi – tra problemi elettorali e “populismo avanzante” – si trovano a giocare la stessa parte nello stesso tempo. Il che non può che allargare le crepe in una costruzione indifferente – programmaticamente – ai bisogni e i timori delle popolazioni.
Del resto la mossa effettivamente fatta a Bruxelles da sottosegretario Gozi era stata la presentazione di una “riserva”, spacciata per “veto” solo a beneficio dei media italiani, Stamattina, infine, la scelta di fermarsi all'astensione, ritenuta comunque un “segnale di insofferenza”, visto che per l'Italia si tratta di una prima volta.
La Commissione guidata da Jean-Claude Juncker ha avuto le sue gatte da pelare su tutt'altri fronti, negli ultimi giorni. La discussione sul bilancio europeo – impegni totali a 157,88 miliardi e pagamenti a 134,49 miliardi – è in fondo quasi una minuzia, anche in termini finanziari. Di serissimo c'è infatti il terremoto globale annunciato dall'elezione di Donald Trump, che supera di gran lunga le preoccupazione sovranazionali per le tornate elettorali del 2017 in Francia, Olanda e soprattutto Germania.
Il documento presentato ieri dal “governo” continentale era già un esercizio di equilibrismo audace tra conferma degli orientamenti consolidati in materia di “patto di stabilità” e richieste ai “paesi in surplus” di fare di più per agevolare la crescita asfittica dell'intera area. In pratica, un avvertimento a Italia, Francia, Spagna, Portogallo, ecc, a rispettare i vincoli di Maastricht, compensato da un invito rivolto alla Germania.
Come sottolineano però gli esperti di tecnoburorazia brussellese, i trattati in vigore prevedono sanzioni per i paesi che sforano i limiti di deficit e debito, mentre nulla di simile è previsto per chi sta in surplus. Dunque il documento si affida a buon cuore della Germania – che in un anno elettorale farà comunque orecchie da mercante, privilegiando gli orientamenti “euroscettici” dell'opinione pubblica tedesca, per frenare l'ascesa di Alternative fu Deutschland.
Le sortite bizzose di Renzi hanno comunque già fatto saltare alcuni limiti di pazienza in quel di Berlino, tanto da stimolare una gestione della questione migranti in chiave “anti-italiana”.
Tanto più che la stessa Commissione, pur "comprensiva" con un governo fedele a rischio referendum, non ha potuto fare a meno di segnalare che la manovra presentata dall'Italia "potrebbe risultare in una deviazione significativa dall'aggiustamento verso l'obiettivo di medio termine". In altre parole: è fuori dalle regole…
Da qualsiasi parte la si prenda, insomma, la partita nell'Unione Europea si rivela non maneggiabile dall'establishment italiano, in particolare. Ma tutti i paesi – tra problemi elettorali e “populismo avanzante” – si trovano a giocare la stessa parte nello stesso tempo. Il che non può che allargare le crepe in una costruzione indifferente – programmaticamente – ai bisogni e i timori delle popolazioni.
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