Una mente criminale si distingue per la gelida indifferenza alle
conseguenze dei propri atti su altre persone. E se si esamina l'ultima
pensata del governo Renzi in materia di “assistenza” non si può che
evocare le politiche di sterminio all'italiana. Che in genere non si
manifestano come strage sistematica e “industriale” di una certa
categoria di esseri umani, ma come creazione della condizioni che
rendono la sopravvivenza impossibile. L'esempio della prigione di
Fenestrelle, a 2.000 metri, sulle Alpi, in cui vennero rinchiusi i
soldati borbonici fatti prigionieri in seguito alla “riunificazione
dell'Italia”, può essere molto esplicativo. Gente del Sud portata in una
ghiacciaia, ovviamente senza indumenti adatti e con un vitto che
sarebbe stato insufficiente anche in pianura, tenuta lì in attesa che la
natura facesse il suo corso.
L'ultima pensata dello staff (o dei manovratori) di Renzi è solo in apparenza meno sanguinaria, ma triplamente infame perché mira essenzialmente alle donne anziane e povere.
Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato disegno di legge delega ironicamente indicato come “norme riguardanti la lotta alla povertà” che prevede il riordino di tutte le prestazioni di carattere assistenziale. Un disegno organico di riforma del sistema assistenziale che nasconde trappole “tecniche”, a prima vista quasi illegibili per chi non sia esperto di burocratese e richiami ad altri testi legislativi.
La logica è quella del riordino a costo zero, o magari con qualche sostanzioso risparmio, per le casse pubbliche. Quindi si toglie qualcosa (o molto a qualcuno) per dare pochissimo ad altri. Indipendentemente dalle condizioni di vita reali delle persone coinvolte.
La denuncia, partita da alcuni sindacalisti orripilati, indica un autentico buco nero nella norma che va a trasformare le pensioni di reversibilità: da prestazione previdenziale a prestazione assistenziale. Sembra una questione di lana caprina, solo terminologica, ma come ogni definizione burocratica cambia la realtà - e l'esigibilità - della prestazione stessa.
Cosa sono le pensioni di reversibilità? Quelle che vengono pagate in genere alle vedove (le donne vivono statisticamente più degli uomini, quindi l'istituto riguarda soprattutto loro) di lavoratori che hanno versato contributi per tutta la loro vita lavorativa. Siccome c'è un rapporto diretto tra contributi accantonati e erogazione dell'assegno pensionistico, questa è una tipica prestazione previdenziale. Ossia un diritto acquisito pagando di persona (con l'accantonamento mensile) quel che poi dovrà essere restituito con la pensione.
Se lo si trasforma in prestazione assistenziale, invece, lo si rende una “concessione”, revocabile in base a molte e varie considerazioni (il reddito del beneficiario, le esigenze di cassa dello Stato, ecc).
E infatti il disegno di legge governativo si preoccupa subito di indicare una ghigliottina tecnica capace di tagliare questa “concessione” per la maggior parte degli attuali beneficiari: il famigerato “reddito Isee”, a sua volta “riformato” un anno fa per rendere di fatto impossibile usufruire di qualsiasi sgravio fiscale (dalle tasse universitarie per i figli ai ticket sanitari, ecc).
I dettagli tecnici sono come sempre volontariamente ingarbugliati, così si fa prima a fare qualche esempio concreto. Una vedova che abbia ancora un figlio convivente, magari precario, con un reddito annuale anche insufficiente per vivere (altrimenti sarebbe andato già a vivere da solo), rischia di vedersi togliere l'assegno mensile pagato con i conributi del marito scomparso. Idem per una donna sola che però sia anche proprietaria della casa di abitazione (ricordiamo che quasi il 70% dei cittadini vive in una casa di prorpietà...), perché questo governo considera la casa un “reddito”, anche se ovviamente – abitandoci – rappresenta più una fonte di spesa (tasse e manutenzione). Idem anche per due donne che abbiano deciso di condividere la stessa abitazione per ridurre le spese e dunque sopravvivere con due pensioni di reversibilità.
L'elenco potrebbe continuare, ma già questi esempi ci sembrano sufficienti. Il risultato facilmente prevedibie, se questa “riforma” non sarà bloccata, è l'aumento della mortalità fra le vedove, con rapido abbassamento delle aspettative di vita. E in effetti sembra proprio questo il vero obiettivo di certe politiche antisociali dei governi europei: perché nutrire ancora le persone anziane, perché curarle? Smettiamo di spendere, risparmiamo quei soldi, in fondo "i vecchi" non servono a niente (quelli poveri, naturalmente). Così come i disabili, gli invalidi, gli inabili al lavoro...
In altri tempi e in altri paesi queste categorie di persone sarebbero state rinchiuse in un lager. “All'italiana”, secondo l'immortale lezione dei
L'ultima pensata dello staff (o dei manovratori) di Renzi è solo in apparenza meno sanguinaria, ma triplamente infame perché mira essenzialmente alle donne anziane e povere.
Il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato disegno di legge delega ironicamente indicato come “norme riguardanti la lotta alla povertà” che prevede il riordino di tutte le prestazioni di carattere assistenziale. Un disegno organico di riforma del sistema assistenziale che nasconde trappole “tecniche”, a prima vista quasi illegibili per chi non sia esperto di burocratese e richiami ad altri testi legislativi.
La logica è quella del riordino a costo zero, o magari con qualche sostanzioso risparmio, per le casse pubbliche. Quindi si toglie qualcosa (o molto a qualcuno) per dare pochissimo ad altri. Indipendentemente dalle condizioni di vita reali delle persone coinvolte.
La denuncia, partita da alcuni sindacalisti orripilati, indica un autentico buco nero nella norma che va a trasformare le pensioni di reversibilità: da prestazione previdenziale a prestazione assistenziale. Sembra una questione di lana caprina, solo terminologica, ma come ogni definizione burocratica cambia la realtà - e l'esigibilità - della prestazione stessa.
Cosa sono le pensioni di reversibilità? Quelle che vengono pagate in genere alle vedove (le donne vivono statisticamente più degli uomini, quindi l'istituto riguarda soprattutto loro) di lavoratori che hanno versato contributi per tutta la loro vita lavorativa. Siccome c'è un rapporto diretto tra contributi accantonati e erogazione dell'assegno pensionistico, questa è una tipica prestazione previdenziale. Ossia un diritto acquisito pagando di persona (con l'accantonamento mensile) quel che poi dovrà essere restituito con la pensione.
Se lo si trasforma in prestazione assistenziale, invece, lo si rende una “concessione”, revocabile in base a molte e varie considerazioni (il reddito del beneficiario, le esigenze di cassa dello Stato, ecc).
E infatti il disegno di legge governativo si preoccupa subito di indicare una ghigliottina tecnica capace di tagliare questa “concessione” per la maggior parte degli attuali beneficiari: il famigerato “reddito Isee”, a sua volta “riformato” un anno fa per rendere di fatto impossibile usufruire di qualsiasi sgravio fiscale (dalle tasse universitarie per i figli ai ticket sanitari, ecc).
I dettagli tecnici sono come sempre volontariamente ingarbugliati, così si fa prima a fare qualche esempio concreto. Una vedova che abbia ancora un figlio convivente, magari precario, con un reddito annuale anche insufficiente per vivere (altrimenti sarebbe andato già a vivere da solo), rischia di vedersi togliere l'assegno mensile pagato con i conributi del marito scomparso. Idem per una donna sola che però sia anche proprietaria della casa di abitazione (ricordiamo che quasi il 70% dei cittadini vive in una casa di prorpietà...), perché questo governo considera la casa un “reddito”, anche se ovviamente – abitandoci – rappresenta più una fonte di spesa (tasse e manutenzione). Idem anche per due donne che abbiano deciso di condividere la stessa abitazione per ridurre le spese e dunque sopravvivere con due pensioni di reversibilità.
L'elenco potrebbe continuare, ma già questi esempi ci sembrano sufficienti. Il risultato facilmente prevedibie, se questa “riforma” non sarà bloccata, è l'aumento della mortalità fra le vedove, con rapido abbassamento delle aspettative di vita. E in effetti sembra proprio questo il vero obiettivo di certe politiche antisociali dei governi europei: perché nutrire ancora le persone anziane, perché curarle? Smettiamo di spendere, risparmiamo quei soldi, in fondo "i vecchi" non servono a niente (quelli poveri, naturalmente). Così come i disabili, gli invalidi, gli inabili al lavoro...
In altri tempi e in altri paesi queste categorie di persone sarebbero state rinchiuse in un lager. “All'italiana”, secondo l'immortale lezione dei
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