venerdì 19 febbraio 2016

L’EURO-RIBELLISMO SOTTOMESSO DI MATTEO RENZI

Più di un commentatore ha notato l’assoluto nonsenso della lettera di risposta di Matteo Renzi ad Eugenio Scalfari, il quale sollecitava una posizione del governo italiano sulla proposta del presidente della BCE, Mario Draghi, di istituire la figura del ministro del Tesoro europeo. Renzi ha infatti ripresentato, persino nelle virgole, la stessa litania che ripete da due anni: l’austerità non basta, la Germania non rispetta le regole, mentre noi le rispettiamo, ecc.
Se Renzi avesse voluto, o potuto, spostare la polemica su un piano più incisivo, avrebbe quantomeno messo in evidenza l’inganno insito nella proposta di Draghi, la quale non fa altro che prospettare ai governi del Sud-Europa altre deleghe in bianco in cambio di promesse generiche. In queste condizioni di impotenza, la strada maestra per Renzi sarebbe di tacere di più e di fare di meno in termini di “riforme”, dato che ogni atto di obbedienza non fa altro che ribadire la sottomissione ai diktat di Bruxelles e di Francoforte. Se è vero che Draghi tiene il Tesoro italiano per i cosiddetti, dato che è proprio la BCE oggi a sostenere il debito pubblico italiano comprando i suoi titoli, è anche vero che un default dell’Italia non sarebbe una buona notizia per le banche del Nord-Europa.
Non è questione di “sovranità” o di indipendenza, dato che ci sarebbe da discutere sul fatto che l’Italia tale indipendenza l’abbia mai avuta davvero. Molti storici tedeschi ritengono, legittimamente, che l’Unità d’Italia sia una creatura prussiana. Senza la guerra austro-prussiana del 1866 - quella che in Italia è passata come Terza Guerra d’Indipendenza -, non solo l’Italia non avrebbe potuto ottenere il Veneto dall’Austria sconfitta, ma la stessa Austria non avrebbe cessato la sua assistenza alla guerriglia legittimista del Meridione d’Italia (il famoso “brigantaggio”, ma oggi lo si chiamerebbe “terrorismo”); guerriglia che infatti si esaurì di lì a poco. La guerra franco-prussiana del 1870 e la sconfitta francese consentirono inoltre l’annessione di Roma al Regno d’Italia, poiché il cancelliere Bismark aveva neutralizzato il protettore del papa, Napoleone III. Non a caso la “Breccia di Porta Pia” e l’ingresso delle truppe sabaude a Roma avvennero venti giorni dopo la disfatta francese di Sedan contro i Prussiani. Insomma, la tesi storica secondo cui l’unificazione italiana sarebbe stata un sottoprodotto dell’unificazione tedesca operata dal cancelliere prussiano Otto Von Bismark, ha un suo fondamento oggettivo.
La schizofrenia renziana, ed in genere della classe “dirigente” italiana, consiste nel voler combinare il servilismo tremebondo con l’illusione di poter un giorno discutere allo stesso livello con i padroni; cioè non si pone la propria condizione di debolezza come un dato scontato da cui partire per far valere le proprie ragioni. La cognizione della propria debolezza non è autorazzismo, mentre lo è la smania di rendersi “degni” dei propri padroni, magari dimostrando di saper fare i “compiti” che ci assegnano. L’autorazzismo si esprime con un senso di inadeguatezza nazionale; un’inadeguatezza che andrebbe colmata attraverso le solite “riforme

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