Il 19 febbraio, aerei da guerra degli USA colpivano vari bersagli in
Libia tra cui un campo di addestramento dello Stato islamico (SI) nei
pressi di Sabratha, non lontano dal confine con la Tunisia, e un
importante capo estremista. Il raid aereo è stato condotto da velivoli
con e senza equipaggio, tra cui 2 F-15 statunitensi decollati da
Lakenheath, nel Regno Unito. Decine di persone sono state uccise nel
bombardamento, secondo funzionari ed attivisti locali. Gli aerei da
guerra hanno colpito una casa a 6 km dal centro della città, secondo
l’amministrazione comunale di Sabratha. Un alto funzionario degli USA ha
detto a NBC News che il raid aereo ha probabilmente ucciso l’operativo
tunisino Nuradin Shushan. Il raid è avvenuto dopo che il presidente
Barack Obama ha avvertito che Washington era pronta a colpire in Libia.
“Continueremo ad intraprendere azioni in cui vi sia un chiaro obiettivo”
ha detto al vertice dell’ASEAN il 16 febbraio. L’amministrazione Obama
ha promesso di colpire obiettivi chiave quando se ne presenta
l’opportunità. L’attacco non sembra segnare l’inizio di una campagna
degli USA in Libia, ma un portavoce del Pentagono ha detto, “che non
sarà l’ultimo”. Il portavoce, Peter Cook, ha detto che gli Stati Uniti
sono decisi a fermare lo Stato islamico che “avanza” in Libia. Cook ha
detto che il campo di addestramento era “relativamente nuovo”, e che gli
Stati Uniti hanno identificato simili campi di addestramento dello
Stato islamico altrove in Libia, suggerendo possibili attacchi futuri in
difesa degli interessi regionali e della sicurezza nazionale degli
Stati Uniti. Il Pentagono ha detto a gennaio che forze speciali degli
Stati Uniti erano in Libia per cercare di “associare” milizie locali
contro lo Stato islamico. Forze speciali inglesi, francesi e italiane
sono presenti per sostenere sorveglianza aerea, mappatura e raccolta di
informazioni in varie città, tra cui Bengasi ad est e Zintan ad ovest,
secondo due ufficiali libici. La scorsa settimana il ministro degli
Esteri inglese Tobias Ellwood ha rivelato che aerei da guerra della RAF
compiono missioni sulla Libia. Ciò ricorda la dichiarazione del 22
gennaio del Generale Joseph F. Dunford Jr., Presidente del Joint Chiefs
of Staff degli Stati Uniti, che ha chiarito cosa fa il governo degli
Stati Uniti dicendo, “E’ giusto dire che cerchiamo d’intraprendere
un’azione militare decisiva contro lo Stato islamico in concomitanza con
il processo politico (in Libia)… Il presidente ha chiarito che abbiamo
il potere di usare la forza militare”. I funzionari dell’amministrazione
dicono che la campagna in Libia potrebbe iniziare tra poche settimane,
prevedendo che sarà sostenuta da un manipolo di alleati europei, tra cui
Gran Bretagna, Francia e Italia. Il 18 febbraio, il quotidiano al-Qalij
pubblicava il seguente pezzo di Qamal Balhadi, “Tutti i segnali
indicano che i preparativi militari sono nella fase finale e che il
coordinamento politico è massimo, soprattutto dopo la recente riunione
di Roma tra i ministri degli Esteri dell’alleanza anti-SI. Tuttavia le
posizioni arabe non sono chiare, e la struttura dell’Unione del Maghreb è
paralizzata da anni… Molti punti di vista indicano che l’intervento in
Libia si avrà a marzo e i colpi attualmente in corso sono volti a
preparare il terreno per l’attacco generale. La primavera è la stagione
in cui la maggior parte degli interventi militari si svolge (Iraq nel
2003 e Libia nel 2011). Così, sembra che ci sia pochissimo tempo per
prepararsi ad una situazione altamente pericolosa. soprattutto perché la
situazione sociale non è meno esplosiva e pericolosa di quanto lo sia
quella regionale”, ha aggiunto l’autore.
Italy_LibyaFinora, la coalizione guidata dagli USA ha sostenuto gli sforzi delle Nazioni Unite per mediare la fine alla guerra civile in Libia, nella speranza che un governo di unità convinca le suscettibili milizie del Paese a puntare le loro armi contro i jihadisti. Ma il piano di governo di unità delle Nazioni Unite è stato respinto dal parlamento di Tobruq il 25 gennaio, facendo temere che ritardando l’azione contro lo SIIL, esso catturerà e distruggerà i porti petroliferi strategicamente vitali della Libia. La vicinanza della Libia all’Europa aggrava le preoccupazioni sulla sicurezza dei Paesi occidentali, in particolare mediterranei. Non solo la Libia è adatta idealmente a trampolino di lancio per attacchi terroristici, ma un grande conflitto potrebbe produrre ancor più rifugiati, problema difficile da gestire con cui l’Europa lotta. Inoltre, i Paesi occidentali sono preoccupati che lo Stato islamico destabilizzi ulteriormente i Paesi vicini Algeria, Tunisia ed Egitto. Italia e Spagna sono particolarmente preoccupate per come l’insicurezza libica possa incidere sui loro interessi su petrolio e gas, se il gruppo avanzasse verso ovest. Perciò appare sempre più probabile che un intervento militare sia in vista. Geograficamente, il piatto terreno aperto della Libia si presta più facilmente agli attacchi aerei di precisione e ai movimenti delle truppe rispetto alle zone montuose della Siria. Mentre l’amministrazione Obama redige i piani per aprire un terzo fronte nella guerra contro lo Stato islamico, non vi è alcun dibattito significativo al Congresso sulla saggezza nel lanciare un’operazione militare. Un nuovo intervento militare in Libia rappresenterebbe una progressione significativa della guerra che potrebbe facilmente diffondersi ad altri Paesi. Avverrà nel momento in cui gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti in Siria e Iraq. Anche se il Pentagono e gli alleati colpissero gli obiettivi dello Stato islamici, rimane incerto quanto una forza terrestre possa affidabilmente operare sul terreno e controllarlo. Legalmente l’operazione si baserà sulla legge del 2001 (l’Autorizzazione all’uso della forza militare – AUMF) adottata dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, autorizzando le Forze Armate degli Stati Uniti a compiere attacchi contro i responsabili della tragedia. La questione non fu rivista dai legislatori degli Stati Uniti, permettendo di aggirare il Congresso sul voto di guerra. “Crediamo che ciò sia stato effettuato secondo il diritto internazionale e, in particolare, che questa operazione fosse compatibile con il diritto nazionale ed internazionale”, ha detto Cook, anche se non ha fatto esplicitamente riferimento a una legge particolare, aggiungendo che l’operazione è stata condotta “con la consapevolezza delle autorità libiche”. Mark C. Toner, viceportavoce del dipartimento di Stato non ha saputo dare una risposta definitiva. Quando gli fu chiesto di specificare a quali “autorità libiche” si riferisse, Toner sembrava confuso dicendo che “vi è una certa struttura governativa presente”. “Le nuove, beh, voglio dire, ci sono ovviamente le autorità libiche sul terreno”, ha risposto a una domanda sul governo di unità libico recentemente annunciato, “lavoriamo a sostenere il governo di Accordo Nazionale. Vogliamo vederlo tornare ed affermarsi a Tripoli”.
Entrambi i portavoce dei due dipartimenti degli Stati Uniti non hanno risposto sull’aspetto giuridico delle azioni militari in Libia! La risposta è molto semplice, non vi è alcun governo in Libia con l’autorità di approvare tali operazioni. Non c’è inoltre un diritto internazionale su cui basarsi, né alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’azione è illegale e gravida di serie conseguenze. Senza ampio sostegno internazionale, Stati Uniti ed alleati s’impantaneranno incapaci di fermare la dissoluzione interna. Ad esempio, la Turchia sostiene i Fratelli musulmani in Libia, gruppo che difficilmente può essere visto alleato degli Stati Uniti. Il gruppo di contatto internazionale sulla Libia (ICG-L) è formato da 26 organizzazioni e Paesi, tra cui Russia, Stati Uniti e Cina. Il 26 gennaio, il gruppo s’è riunito ad Addis Abeba, Etiopia. Nelle conclusioni i partecipanti alla riunione “hanno sottolineato l’importanza di un’azione coordinata internazionale, di consultazioni continue e condivisione delle informazioni”. Le conclusioni non dicono nulla sulle azioni unilaterali. Al contrario, il documento sottolinea l’importanza di uno sforzo collettivo. Gli Stati Uniti l’hanno firmato, ma ora iniziano ad agire autonomamente con attacchi aerei in aperta violazione del diritto internazionale; le lezioni dell’Iraq ovviamente sono state dimenticate.
Italy_LibyaFinora, la coalizione guidata dagli USA ha sostenuto gli sforzi delle Nazioni Unite per mediare la fine alla guerra civile in Libia, nella speranza che un governo di unità convinca le suscettibili milizie del Paese a puntare le loro armi contro i jihadisti. Ma il piano di governo di unità delle Nazioni Unite è stato respinto dal parlamento di Tobruq il 25 gennaio, facendo temere che ritardando l’azione contro lo SIIL, esso catturerà e distruggerà i porti petroliferi strategicamente vitali della Libia. La vicinanza della Libia all’Europa aggrava le preoccupazioni sulla sicurezza dei Paesi occidentali, in particolare mediterranei. Non solo la Libia è adatta idealmente a trampolino di lancio per attacchi terroristici, ma un grande conflitto potrebbe produrre ancor più rifugiati, problema difficile da gestire con cui l’Europa lotta. Inoltre, i Paesi occidentali sono preoccupati che lo Stato islamico destabilizzi ulteriormente i Paesi vicini Algeria, Tunisia ed Egitto. Italia e Spagna sono particolarmente preoccupate per come l’insicurezza libica possa incidere sui loro interessi su petrolio e gas, se il gruppo avanzasse verso ovest. Perciò appare sempre più probabile che un intervento militare sia in vista. Geograficamente, il piatto terreno aperto della Libia si presta più facilmente agli attacchi aerei di precisione e ai movimenti delle truppe rispetto alle zone montuose della Siria. Mentre l’amministrazione Obama redige i piani per aprire un terzo fronte nella guerra contro lo Stato islamico, non vi è alcun dibattito significativo al Congresso sulla saggezza nel lanciare un’operazione militare. Un nuovo intervento militare in Libia rappresenterebbe una progressione significativa della guerra che potrebbe facilmente diffondersi ad altri Paesi. Avverrà nel momento in cui gli Stati Uniti sono sempre più coinvolti in Siria e Iraq. Anche se il Pentagono e gli alleati colpissero gli obiettivi dello Stato islamici, rimane incerto quanto una forza terrestre possa affidabilmente operare sul terreno e controllarlo. Legalmente l’operazione si baserà sulla legge del 2001 (l’Autorizzazione all’uso della forza militare – AUMF) adottata dopo gli attacchi terroristici dell’11 settembre 2001, autorizzando le Forze Armate degli Stati Uniti a compiere attacchi contro i responsabili della tragedia. La questione non fu rivista dai legislatori degli Stati Uniti, permettendo di aggirare il Congresso sul voto di guerra. “Crediamo che ciò sia stato effettuato secondo il diritto internazionale e, in particolare, che questa operazione fosse compatibile con il diritto nazionale ed internazionale”, ha detto Cook, anche se non ha fatto esplicitamente riferimento a una legge particolare, aggiungendo che l’operazione è stata condotta “con la consapevolezza delle autorità libiche”. Mark C. Toner, viceportavoce del dipartimento di Stato non ha saputo dare una risposta definitiva. Quando gli fu chiesto di specificare a quali “autorità libiche” si riferisse, Toner sembrava confuso dicendo che “vi è una certa struttura governativa presente”. “Le nuove, beh, voglio dire, ci sono ovviamente le autorità libiche sul terreno”, ha risposto a una domanda sul governo di unità libico recentemente annunciato, “lavoriamo a sostenere il governo di Accordo Nazionale. Vogliamo vederlo tornare ed affermarsi a Tripoli”.
Entrambi i portavoce dei due dipartimenti degli Stati Uniti non hanno risposto sull’aspetto giuridico delle azioni militari in Libia! La risposta è molto semplice, non vi è alcun governo in Libia con l’autorità di approvare tali operazioni. Non c’è inoltre un diritto internazionale su cui basarsi, né alcuna risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. L’azione è illegale e gravida di serie conseguenze. Senza ampio sostegno internazionale, Stati Uniti ed alleati s’impantaneranno incapaci di fermare la dissoluzione interna. Ad esempio, la Turchia sostiene i Fratelli musulmani in Libia, gruppo che difficilmente può essere visto alleato degli Stati Uniti. Il gruppo di contatto internazionale sulla Libia (ICG-L) è formato da 26 organizzazioni e Paesi, tra cui Russia, Stati Uniti e Cina. Il 26 gennaio, il gruppo s’è riunito ad Addis Abeba, Etiopia. Nelle conclusioni i partecipanti alla riunione “hanno sottolineato l’importanza di un’azione coordinata internazionale, di consultazioni continue e condivisione delle informazioni”. Le conclusioni non dicono nulla sulle azioni unilaterali. Al contrario, il documento sottolinea l’importanza di uno sforzo collettivo. Gli Stati Uniti l’hanno firmato, ma ora iniziano ad agire autonomamente con attacchi aerei in aperta violazione del diritto internazionale; le lezioni dell’Iraq ovviamente sono state dimenticate.
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