lunedì 29 febbraio 2016

DRONI, SPIATE AMERICANE E LA FINTA GLASNOST DI RENZI

Mentre prosegue l’occupazione Usa di Sigonella, con i Droni pronti a partire per la Libia, veniamo a sapere “ufficialmente” che gli americani hanno spiato il governo Berlusconi nel 2011. Non basta, perchè è freschissima la condanna europea inflitta all’Italia per il caso Abu Omar, l’imam rapito e torturato poi nelle galere egiziane, una perfetta collaborazione tra Servizi e Cia. Ciliegina sulla torta: la “trasparenza” proclamata ai quattro venti un anno e mezzo fa da Renzi & C. in materia di stragi e misteri di Stato è tutto un bluff, una autentica patacca, come denunciano – indignati – i familiari delle vittime, fregati e sbeffeggiati per l’ennesima volta.
Riavvolgiamo il nastro e vediamo in quale modo il nostro Paese guidato dal super Rottamatore sta inginocchiandosi sempre di più di fronte al Moloch a stelle e strisce: oggi ancora impersonato dal “mite” Obama, domani forse da uno tsunami chiamato Trump. Per la serie: quando mai l’Italia rialzerà la schiena, di fronte ai diktat sempre più imperialistici di marca statunitense? Quando una vera opposizione agli ordini di frau Merkel su scala europea? Utopie, oggi, quando il maggiordomo Renzi va in giro per il mondo a raccontare le sue favolette a base di scout e giovani marmotte.
Primo atto. 22 febbraio. Dal Belpaese l’ok agli States: le piste di Sigonella – storico avamposto in provincia di Catania che un tempo Bettino Craxi osò contestare a Reagan & C. – verranno gentilmente concesse dall’attuale leadership (sic) italiana ai droni armati yankee per “liberare” la Libia e, se possibile, tutto il nord Africa, oppresso dalle milizie dello stato islamico, questo mostro chiamato Daesh. Un primo assaggio, un vero antipasto al possibile attacco di terra, che vedrà ancora una volta genuflesso – perfetto stile tappetino – l’esecutivo di casa nostra.
Schermata 2016-02-23 alle 20.08.04Il polo logistico di riferimento per le “manovre” della sesta flotta Usa, in territorio siciliano, già da anni ospita un bell’arsenale da guerra, composto da una portaerei della marina a stelle e strisce, super dotata di velivoli P3 Orion da pattugliamento. Nella list, poi, tre droni Global Hawk da ricognizione (che si aggiungono ad altri cinque targati Nato). Ancora: sempre pronti per l’uso, nella base strategica di Sigonella, 6 droni, stavolta Predator. Ma la novità fresca fresca di giornata sono i droni Raper, della generazione Predator B, ai quali i vertici militari Usa hanno già fatto ricorso per “azioni mirate”, le famose “operazioni chirurgiche” già sperimentate nella guerra d’occupazione irachena anni fa, quando venivano “chirurgicamente”, appunto, bombardati ospedali e scuole, allegramente scambiate per avamposti del terrore e basi logistiche di assatanati fedelissimi di Saddam. Ufficialmente, comunque, i Raper (“mietitori”, come la terribile morte falciatrice nei dipinti di Van Gogh), sono impiegati per “proteggere” (sic) i militari votati alla “lotta al terrorismo”, quindi solo in funzione “umanitaria”. Ma c’è una altrettanto umana, e generosa postilla, nell’accordo raggiunto con i nostri vertici politici e militari: il governo Renzi, infatti, dovrà dare di volta in volta la propria autorizzazione alle operazioni, una sorta di semaforo verde: c’è da immaginare qualche timido no o sbiadito disco rosso?
CARI AMICI USA, VOLETE SPIARCI? PREGO, ACCOMODATEVI
Secondo atto (ma guarda caso in perfetto sincronismo con il primo). Dal pozzo sempre ricco di Wikileaks, spunta adesso la conferma di un sospetto più che concreto ormai da anni. I nostri esecutivi – del resto fantoccio – sono costantemente “monitorati”, ossia spiati, dagli amici-alleati americani: stesso copione andato in onda, circa un anno fa, con gli altri amici e alleati, i tedeschi della cancelliera Angela, che s’incavolò, ma non più di tanto: evidenti prassi in voga tra il Padrone indiscusso del vapore, la corazzata a stelle e strisce, e i sudditi europei, nella cui classifica parziale l’Italia è ottima cameriera multiuso. Nel mirino, in particolare, l’ultimo governo Berlusconi: regolarmente intercettate tutte le conversazioni (telefoniche e non solo) dell’ex premier e dei suoi collaboratori con i leader di mezzo mondo. E – si scopre – un deciso “intervento” per far cadere quel governo, comunque uscito dalle urne, e per consegnare il Paese-vassallo ad una serie di esecutivi (Monti, Letta, Renzi) mai votati dagli italiani e quindi ovviamente scelti da altri: Usa e Bankster europei, in perfetta sintonia, per far del Belpaese una colonia da mangiare pezzo dopo pezzo, svendere al “peggiore” offerente, con un popolo italiano ormai autentica carne da cannone.
Nicolò Pollari
Nicolò Pollari
Un vero “contrappasso”, per sua Emittenza Berlusconi, che aveva usato un identico metodo, dieci anni prima, per monitorare, controllare e spiare i suoi “nemici” politici, quando inaugurò il suo esecutivo 2001, il dopo D’Alema. Vennero allertati, allora, i Servizi segreti guidati da Nicolò Pollari che, col fido braccio destro Pio Pompa, dossierò decine e decine fra magistrati, giornalisti (a quanto pare la “cupola” disinformativa faceva capo proprio alla Voce delle Voci!) e politici al fine di delegittimarli e creare ogni possibile intralcio alla loro attività.
Tutto venne per caso alla luce nel corso delle indagini per il rapimento dell’imam Abu Omar, su cui indagava la Procura di Milano. Nel corso di una perquisizione negli archivi romani di Via Nazionale dei Servizi made in Pollari, vennero scoperte decine di fascicoli riguardanti proprio i presunti “anti Berlusconi”. Da qui un’altra inchiesta della magistratura romana, poi spostata per competenza a Perugia visto che tra i dossierati c’erano anche alcune toghe che lavoravano nella capitale. Da allora, un incredibile balletto che ha coinvolto anche la Corte Costituzionale, visto che la difesa degli imputati (Pollari, Pompa & C.) si è sempre trincerata dietro il muro di gomma del “segreto di stato”, assurdo in questo caso: i Servizi, infatti, hanno illegalmente dirottato fondi pubblici dedicati alla sicurezza per fini privati, ossia quel controllo ordinato da Berlusconi. Incredibile ma vero, tutti i premier che si sono succeduti (Prodi, ri-Berlusconi, e gli ultime tre non eletti) hanno invariabilmente opposto il “Segreto di Stato” per coprire operazioni altrimenti indifendibili! Nello stesso modo – su tutt’altro terreno, e in maniera altrettanto ai confini della realtà – l’esecutivo Renzi ha opposto il taumaturgico “Segreto di Stato” anche in tema di “derivati”: per la serie, i risparmiatori non potranno mai sapere quali sono gli accordi segreti – anche internazionali – che le banche hanno sottoscritto sul fronte dei bond spazzatura somministrati agli inconsapevoli risparmiatori (come è successo anche per le 4 banche killer).
Osserva un esperto di diritto internazionale: “il segreto di stato può essere invocato solo e unicamente per problemi inerenti la sicurezza del Paese, ossia per qualsiasi cosa che abbia a vedere con grossi problemi di politica estera, possibili conflitti con altre nazioni. Cosa ci possono mai entrare, in tutto questo, i bond? I traffici delle banche? I dossieraggi ordinati da un premier ai Servizi per fatti personali e non di sicurezza nazionale pubblica? Si tratta solo di ridicole scuse per coprire manovre che niente hanno a che vedere con la trasparenza e il rispetto minimo della privacy”.
ABU OMAR, LA CONDANNA DA STRASBURGO
Torniamo ad Abu Omar, perchè siamo al terzo atto, anche questo “fresco fresco”. Altri incredibili rimbalzi fra tribunali e corti italiane ed internazionali. Ultimo, in ordine di tempo, il pronunciamento della Corte europea per i diritti dell’uomo, che inchioda l’Italia alle sue responsabilità. Le nostre autorità, secondo Strasburgo, “erano a conoscenza dell’extraordinary rendition”, ossia di tutte le trame messe in campo dagli Usa, con il centro Cia di Milano, per rapire, segregare, e quindi inviare, come un pacco postale, Abu Omar in Egitto, dove venne torturato a puntino dalle locali “autorità”. Hanno mai passato qualcosa, subito qualche conseguenza gli 007 di casa nostra, i consueti Pollari & C.? Macchè. Il solito Segreto di stato salvatutto. Arriva solo adesso – meglio tardi che mai, dopo un decennio abbondante da quei fatti criminosi – il provvedimento di Strasburgo, che alza definitivamente il sipario e certifica quella connection Usa (sempre a dirigere l’orchestra) e noi ad eseguire lo spartito: “norme violate – scrive la corte europea – torture e maltrattamenti accertati”. Così come è accertata la collusione tra i due paesi, e il nostro viene condannato ad un risarcimento da 70 mila euro (una bazzecola, comunque, rispetto a quanto fatto) per Abu Omar, e da 15 mila euro per sua moglie. La sentenza – se non verrà appellata dal nostro Stato – diventerà definitiva fra tre mesi. Un altro calcio in pieno viso per il governo Renzi, prono, come quelli che lo hanno preceduto, di fronte ai diktat yankee.
Del resto, come si spiegano altri “misteri”? In particolare, il mistero sul disvelamento dei misteri? Mistero che continua, letterale presa “per il culo” degli italiani, con i comitati di familiari delle vittime delle stragi di Stato – da Ustica a Bologna, da piazza Fontana a Brescia – che urlano il loro ennesimo dolore e la loro ennesima stradelusione per uno Stato prima complice, poi depistatore, quindi finto “amico” votato alla nuova glasnost, la trasparenza, la magica apertura degli ammuffiti archivi con tutti gli esplosivi segreti nascosti da anni.
A metà 2014 le trombe del premier Renzi: verità per tutti, aperti gli archivi. A seguire la fanfara del direttore del DIS (Dipartimento Informazione e Sicurezza), Giampiero Massolo, che annunciò in pompa magna l’Operazione Trasparenza. “Siamo felici di questo nuovo patto con gli italiani – per far chiarezza dopo anni di buio, far entrare la luce del sole in questi archivi. E’ iniziata una nuova era”. Adesso si vede. “Se i Servizi segreti fanno i furbetti e continuano a nascondere le carte sulle stragi – denunciano senza reticenza i comitati – Renzi li rimetta in riga, altrimenti perde la faccia”. La cosiddetta “direttiva Renzi”, infatti, circa un anno e mezzo fa aveva dato disco verde alla desecretazione, e quindi all’accesso pubblico ad una mole di documenti relativi alle stragi di Stato. Una finta, una presa in giro, vedendo adesso i risultati della “sceneggiata”. “Il metodo ‘tecnico’ di versamento è un nuovo muro di gomma – è il j’accuse dei familiari – sembra fatto apposta per boicottare la direttiva: la volontà di depistare continua”. Non sa o fa finta di non sapere Alice-Renzi? Che ora quella ‘faccia’ rischia di perderla sul serio. “Tra quei documenti non c’è nulla – viene denunciato – nessun riferimento agli autori delle stragi, ai mandanti, ai complotti internazionali, ai rapporti con istituzioni, servizi segreti nostrani o stranieri”.
Caccia al tesoro inutile? Depistaggio nel depistaggio? A quanto pare, infatti, le carte “vere”, l’archivio autentico sarebbe sparito, o comunque disseminato in vari “giacimenti”: uno di questi – forse il più “ricco” – a quanto pare si trova in un fabbricato lungo la circumvallazione Appia a Roma. Staremo a vedere. Per capire, in modo particolare, fino a che punto Lorsignori sono disposti a proseguire nella “Sceneggiata”, al solito sulle pelle di chi ha già subito lutti & ingiustizie di Stato.
MISTER AFEF, QUELLA MAMMOLA PERSEGUITATA
Finalino ancora a base di Servizi, sempre ottimi e abbondanti. E in onda l’ennesima sceneggiata. Protagonista, stavolta, mister Pirelli, Marco Tronchetti Provera: il quale, ancora una volta, viene crocifisso sull’altare della giustizia. Dovrà infatti subire – lui, viola mammola – l’ennesimo processo per via degli spionaggi targati “Kroll”, la multinazionale Usa dedita, a sua volta, allo spionaggio. Per la serie: se lo spione spia altri spioni. Sul banco degli imputati la Tavaroli band, il Tiger Team della security made in Telecom-Pirelli e quindi agli ordini del super capo Tronchetti Provera. Condannato in primo grado a 20 mesi di galera, scagionato in appello, per mister pneumatico la Cassazione ora ha deciso per un nuovo giudizio, e quindi rispedito gli atti al secondo grado, evidentemente non convinta dei motivi di assoluzione.
Una matassa che più intricata non si può. Molto più semplice la vicenda di altri spionaggi in casa Telecom-Pirelli, le famose migliaia di intercettazioni e dossieraggi ordinati dal capo ai suoi dipendenti, guidati dal tandem Mancini-Tavaroli: a carico di “avversari” politici (stile Berlusconi-Pompa), economico-finanziari, sportivi (l’avversario della sua Inter, ossia il direttore della Juve Luciano Moggi, ma anche il “suo” Bobo Vieri), e perfino la moglie Afef, sulla quale evidentemente nutriva qualche piccolo dubbio. Per le toghe meneghine, però, da quelle accuse giglio Tronchetti andava assolutamente assolto: per la serie, poteva tranquillamente non sapere. Ossia: erano i ficcanaso agli ordini di Tavaroli & Mancini a voler scoprire quegli altarini che interessavano al Capo. Ma lo facevano a sua insaputa…

Nessun commento:

Posta un commento