Se i simboli hanno ancora un significato nell’essenza di un Paese,
oggi più che mai la Russia può essere rappresentata dall’Aquila
bicipite, che nel 1993 Boris Eltsin decise di ripristinare come simbolo
della Federazione, dopo gli anni dell’Unione Sovietica. Due teste, una
che volge lo sguardo a Oriente e una che volge lo sguardo a Occidente, e
che identificano pienamente la scelta strategica di Mosca di
considerarsi il vero fulcro del mondo euroasiatico, soprattutto in un
mondo che vede di nuovo la contrapposizione con il mondo atlantico. Se
le due testa indicano le sfere di interesse del Cremlino sulle vicende
del mondo, le due testa sono anche lo sguardo attento che la Russia deve
avere ed ha negli ultimi tempi sui suoi vicini. E mentre l’Oriente è
rappresentato dall’Isis e della Siria, dagli alleati iraniani e
dall’appoggio ad Hezbollah, l’Occidente della Russia è oggi
rappresentato dai movimenti militari che la NATO sta attuando sul
territorio confinante con la Russia, dal Baltico all’Ucraina. Negli
ultimi tempi infatti si susseguono notizie sicuramente allarmanti per la
rete strategica di difesa della Russia.
La NATO il primo settembre ha annunciato l’apertura di ben sei nuove basi militari in Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria e Polonia (ma saranno, a detta degli uffici centrali, pienamente operative solo nella prossima estate) e ha reso effettivo l’impegno ad aumentare la presenza di soldati della coalizione nordatlantica da 13mila a 40mila unità su tutto il territorio. Nel frattempo, mentre la flotta russa del Mar Caspio bombarda le postazione dell’Isis in Iraq e Siria, il Regno Unito annuncia l’invio di un piccolo contingente nel Baltico e la Marina militare americana ha appena inviato un cacciatorpediniere nel porto di Odessa allo scopo di svolgere attività congiunte con la marina ucraina. Lo scacchiere internazionale per la Russia vede quindi due focolai attivi e pericolosissimi ai suoi confini, due centri di interessi fondamentali e accomunati da un destino comune, perché le azioni in uno scenario si riverberano sull’altro. Se infatti gli Stati Uniti e la NATO si sono lasciati sorprendere dalla sagace tattica dello Zar Putin a sud del Caucaso, dall’altro, in Ucraina come nel Mar Baltico, si sono da subito attivati per rendere la vita difficile alla Russia e posizionarsi in una situazione di possibile vantaggio nel continente europeo. Perciò, mentre Putin sta vincendo la partita contro l’Occidente trasformando il conflitto contro l’Isis in una grandiosa prova di forza del proprio esercito e della propria strategia internazionale, con la Mezzaluna sciita pronta a sostenerlo nella lotta contro il Califfato e nella resistenza alla distruzione del terrorismo internazionale finanziato dai petroldollari sauditi e del golfo persico, nello scenario europeo rischia di rimanere col fianco scoperto per i colpi inferti dalle sanzioni economiche, dal dispiegamento delle forze militari occidentali e dal problema del Mar Nero.
Tuttavia, anche in questo caso, l’Occidente si trova di fronte a un avversario ben più attivo e furbo di quanto avesse sospettato. Ancora una volta quindi l’Aquila bicipite ha osservato ben vigile i due fronti, e ancora una volta, non si è fatta sorprendere. Denis Pushilin e Vladislav Deinego, i rappresentanti delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk hanno infatti comunicato a Kiev che le elezioni locali in programma nelle due regioni tra ottobre e novembre saranno posticipate al 2016. Una mossa, quella dei separatisti filorussi, sicuramente appoggiata dal Cremlino, che sa di apertura verso il cosiddetto Quartetto Normandia e che ha certamente spiazzato il governo di Kiev, soprattutto se paragonato alla mossa, chiaramente ostile, con cui il Parlamento ucraino ha approvato una legge che prevede la possibilità dell’arruolamento nell’esercito regolare di cittadini stranieri, per i filorussi, una legalizzazione dei mercenari. La mossa delle repubbliche popolari allenta quindi la tensione e permette alla Russia di raffreddare le acque del Mar Nero e permette ancora una volta di concentrare gli sforzi nel rafforzamento del proprio ruolo di guida del fronte dei paesi non-allineati con la rete di alleanze occidentali.
La NATO il primo settembre ha annunciato l’apertura di ben sei nuove basi militari in Estonia, Lettonia, Lituania, Romania, Bulgaria e Polonia (ma saranno, a detta degli uffici centrali, pienamente operative solo nella prossima estate) e ha reso effettivo l’impegno ad aumentare la presenza di soldati della coalizione nordatlantica da 13mila a 40mila unità su tutto il territorio. Nel frattempo, mentre la flotta russa del Mar Caspio bombarda le postazione dell’Isis in Iraq e Siria, il Regno Unito annuncia l’invio di un piccolo contingente nel Baltico e la Marina militare americana ha appena inviato un cacciatorpediniere nel porto di Odessa allo scopo di svolgere attività congiunte con la marina ucraina. Lo scacchiere internazionale per la Russia vede quindi due focolai attivi e pericolosissimi ai suoi confini, due centri di interessi fondamentali e accomunati da un destino comune, perché le azioni in uno scenario si riverberano sull’altro. Se infatti gli Stati Uniti e la NATO si sono lasciati sorprendere dalla sagace tattica dello Zar Putin a sud del Caucaso, dall’altro, in Ucraina come nel Mar Baltico, si sono da subito attivati per rendere la vita difficile alla Russia e posizionarsi in una situazione di possibile vantaggio nel continente europeo. Perciò, mentre Putin sta vincendo la partita contro l’Occidente trasformando il conflitto contro l’Isis in una grandiosa prova di forza del proprio esercito e della propria strategia internazionale, con la Mezzaluna sciita pronta a sostenerlo nella lotta contro il Califfato e nella resistenza alla distruzione del terrorismo internazionale finanziato dai petroldollari sauditi e del golfo persico, nello scenario europeo rischia di rimanere col fianco scoperto per i colpi inferti dalle sanzioni economiche, dal dispiegamento delle forze militari occidentali e dal problema del Mar Nero.
Tuttavia, anche in questo caso, l’Occidente si trova di fronte a un avversario ben più attivo e furbo di quanto avesse sospettato. Ancora una volta quindi l’Aquila bicipite ha osservato ben vigile i due fronti, e ancora una volta, non si è fatta sorprendere. Denis Pushilin e Vladislav Deinego, i rappresentanti delle autoproclamate Repubbliche Popolari di Donetsk e Luhansk hanno infatti comunicato a Kiev che le elezioni locali in programma nelle due regioni tra ottobre e novembre saranno posticipate al 2016. Una mossa, quella dei separatisti filorussi, sicuramente appoggiata dal Cremlino, che sa di apertura verso il cosiddetto Quartetto Normandia e che ha certamente spiazzato il governo di Kiev, soprattutto se paragonato alla mossa, chiaramente ostile, con cui il Parlamento ucraino ha approvato una legge che prevede la possibilità dell’arruolamento nell’esercito regolare di cittadini stranieri, per i filorussi, una legalizzazione dei mercenari. La mossa delle repubbliche popolari allenta quindi la tensione e permette alla Russia di raffreddare le acque del Mar Nero e permette ancora una volta di concentrare gli sforzi nel rafforzamento del proprio ruolo di guida del fronte dei paesi non-allineati con la rete di alleanze occidentali.
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