Quando si studia storia si rimane colpiti dal fatto che ad un certo
punto gli eventi rilevanti, le crisi, le rotture, diventano sempre più
vicine nel tempo. Ma ben pochi tra i protagonisti di quelle
fibrillazioni appaiono consapevoli di trovarsi nel bel mezzo di una
crisi epocale. Da cui non usciranno tutti vivi e men che mai "come
prima".
Mentre in questi giorni tutti hanno gli occhi puntati su Atene e Berlino - si romperà o no il legame tra la Grecia e l'Unione Europea? - Londra si prepara a defilarsi velocemente dal calderone continentale. Anzi, più velocemente della Grecia, visto che non ha mai voluto assumersi il vincolo della moneta unica.
A Londra si parla dunque di Brexit, invece che di Grexit. L'allontanamento è sempre stato nell'aria possibilità, la "perfida Albione" non si è mai appassionata troppo per il tentativo di costruire un super-stato governato dal capitale multinazionale (per questioni di concorrenza: la Gran Bretagna è già da 30 anni uno Stato di questo genere, colonia consapevole e felice di Washington), euroscettico come sentiment nazionale, prima ancora che tensione populista.
Il premier conservatore Cameron, dopo l'expolit di Farage, aveva promesso un referendum sull'addio alla pur fragile unità con la Ue. Mettendo in ambasce i aprtner, già molto tesi per il montare del malcontento popolare in tutti i paesi contro le politiche di austerità. Ora David Cameron, asua volta, è spaventato dalle conseguenze potenziali di una "Grexit"; fondamentalmente sui mercati internazionali, che potrebbero metter fine ai guadagnai della City almeno per un bel pezzo.
Stamani ha perciò convocato una "riunione di emergenza" del Governo per praparare le mosse in vista di un collasso greco.
“Vogliamo essere vigili - ha dichiarato con intento tranquillizzante il portavoce di Cameron. – Già nel 2012 il Governo aveva fatto piani di emergenza ai tempi della crisi nell'eurozona a causa della Grecia. Ora che c'é un nuovo Governo ad Atene è il momento giusto per rivedere i nostri piani.” L'eurozona resta estremamente importante per la Gran Bretagna dato che è il nostro principale partner commerciale e quindi è logico che il primo ministro si prepari a una situazione in cui la crisi greca potrebbe peggiorare e un'uscita dall'euro non sarebbe più evitabile.”
Un segnale al giorno dovrebbe bastare per far capire che non viviamo più - e da tempo - in giorni "normali".
Mentre in questi giorni tutti hanno gli occhi puntati su Atene e Berlino - si romperà o no il legame tra la Grecia e l'Unione Europea? - Londra si prepara a defilarsi velocemente dal calderone continentale. Anzi, più velocemente della Grecia, visto che non ha mai voluto assumersi il vincolo della moneta unica.
A Londra si parla dunque di Brexit, invece che di Grexit. L'allontanamento è sempre stato nell'aria possibilità, la "perfida Albione" non si è mai appassionata troppo per il tentativo di costruire un super-stato governato dal capitale multinazionale (per questioni di concorrenza: la Gran Bretagna è già da 30 anni uno Stato di questo genere, colonia consapevole e felice di Washington), euroscettico come sentiment nazionale, prima ancora che tensione populista.
Il premier conservatore Cameron, dopo l'expolit di Farage, aveva promesso un referendum sull'addio alla pur fragile unità con la Ue. Mettendo in ambasce i aprtner, già molto tesi per il montare del malcontento popolare in tutti i paesi contro le politiche di austerità. Ora David Cameron, asua volta, è spaventato dalle conseguenze potenziali di una "Grexit"; fondamentalmente sui mercati internazionali, che potrebbero metter fine ai guadagnai della City almeno per un bel pezzo.
Stamani ha perciò convocato una "riunione di emergenza" del Governo per praparare le mosse in vista di un collasso greco.
“Vogliamo essere vigili - ha dichiarato con intento tranquillizzante il portavoce di Cameron. – Già nel 2012 il Governo aveva fatto piani di emergenza ai tempi della crisi nell'eurozona a causa della Grecia. Ora che c'é un nuovo Governo ad Atene è il momento giusto per rivedere i nostri piani.” L'eurozona resta estremamente importante per la Gran Bretagna dato che è il nostro principale partner commerciale e quindi è logico che il primo ministro si prepari a una situazione in cui la crisi greca potrebbe peggiorare e un'uscita dall'euro non sarebbe più evitabile.”
Un segnale al giorno dovrebbe bastare per far capire che non viviamo più - e da tempo - in giorni "normali".
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