Dal 2007 al 2012 il numero di poveri assoluti
in Italia è passato da 2,4 milioni a 4,8 mentre la spesa sociale è stata
brutalmente tagliata. Solo un caso?
La povertà aumenta, e su questo siamo e sono tutti d’accordo. Aumenta a un ritmo vertiginoso in Italia dove nel 2007, l’ultimo anno in cui il Pil era positivo, i poveri erano 2,4 milioni pari al 4,1% della popolazione, mentre nel 2012, cinque anni dopo, il loro numero era esattamente raddoppiato. I governi non solo hanno fatto di tutto per minimizzare la crisi, ma non hanno fatto nemmeno niente per porre rimedio alla piaga della povertà, anzi hanno tagliato la spesa sociale in modo netto.
La povertà aumenta, e su questo siamo e sono tutti d’accordo. Aumenta a un ritmo vertiginoso in Italia dove nel 2007, l’ultimo anno in cui il Pil era positivo, i poveri erano 2,4 milioni pari al 4,1% della popolazione, mentre nel 2012, cinque anni dopo, il loro numero era esattamente raddoppiato. I governi non solo hanno fatto di tutto per minimizzare la crisi, ma non hanno fatto nemmeno niente per porre rimedio alla piaga della povertà, anzi hanno tagliato la spesa sociale in modo netto.
Nel 2008 i fondi statali contro la povertà ammontavano a due miliardi e
mezzo di euro diventati nel 2013 solo 766 milioni di euro arrivati a 964
milioni con il governo Letta. Briciole dal momento che sono un miliardo
e 536.000 euro in meno rispetto al 2008, quando però c’erano due
milioni e mezzo di poveri in meno. A rendere noti i dati allarmanti e
drammatici il rapporto della Caritas che è stato presentato a Roma
Si tratta di una vera e propria guerra ai poveri con lo
Stato che sembra aver scelto di scaricare su di loro i costi della
crisi. Nel 2013 il fondo per le politiche sociali è stato tagliato di
altri 27 milioni di euro passando da 344 a 317, e tutto questo non
sembra avvenire per caso. Sembra anzi seguire un programma ben preciso
di darwinismo economico e sociale teso a svantaggiare i più poveri, un
disegno che non viene contrastato da nessuno, e che proprio per questo
aumenta la sua pericolosità sociale e politica.
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