Improvvisamente sembra tutto chiaro. E’ più che un sospetto, e la
mente corre al passato: i grandi gestori internazionali non hanno mai
dimenticato, con riconoscenza, Romano Prodi, il leader della sinistra
moderata che permise lo smantellamento dell’Iri e portò a buon fine le
ambitissime privatizzazioni. «Si sa, in Italia certe cose può farle solo
la sinistra». Privatizzazioni, ricorda Marcello Foa, che però «si
risolsero in un eccellente affare per chi compra e in una fregatura per
chi vende o nella sostituzione di monopoli pubblici con monopoli
privati». Cose che capitano, ma fanno riflettere. E sorgere qualche
dubbio: «Renzi è di sinistra, come Prodi. Come lui è graditissimo a Wall
Street, ai grandi fondi come Blackrock, nella City. Ed è più deciso di
Enrico Letta che a sua volta godeva di buone credenziali in quegli
ambienti ma era troppo lento e prudente: nessuno, nel momento del
bisogno, lo ha difeso. Vuoi vedere che la vera missione del mirabolante
Matteo Renzi è quella di portare a termine le privatizzazioni, ovvero di
svendere quel che resta di buono in Italia?».
L’allarme, per Foa, è scattato poco dopo la nomina di Matteo Renzi a
Palazzo Chigi. Fonte dell’avvertimento, un amico che lavora
nella finanza: «E’ già la terza
volta che una grande banca d’affari parla bene della Borsa di Milano e
invita a investire nei titoli italiani. Stesso approccio, stesse
argomentazioni: non so cosa stia succedendo». Foa controlla sui grandi
giornali e sui principali siti web, ma non trova nulla, a parte qualche
trafiletto sul “Sole 24 Ore”. «Poi, tra fine marzo e i primi di aprile,
l’informazione riservata a pochi privilegiati del mondo bancario,
diventa pubblica». I quotidiani iniziano a battere sullo stesso tasto.
Inizia “Repubblica” il 26 marzo, che avverte: «I
fondi pronti a comprare, ma è una fiducia a tempo: riformare spesa e
burocrazia». E spiega: «Erano anni che l’Italia non raccoglieva un
interesse simile sui mercati».
Così, si scopre che pochi giorni prima si è svolto un summit alla
Royal Bank of Scotland, nel cuore della City di Londra, tra investitori
di primissimo piano: qualcosa come 300 fondi finanziari, che – in
aggregato – rappresentano «istituzioni che controllano ogni giorno molte
migliaia di miliardi di dollari sui mercati globali». Tra questi,
colossi americani come Blackrock, Fidelity, Blackstone, hedge fund di
punta come quello di George Soros o Glg, fondi pensione, banche, più
l’antica aristrocrazia europea del risparmio gestito con Schroders. «Il
70% degli investitori raccolti ha sì detto che nei prossimi tre mesi
“comprerà attivi italiani”». A ruota, il “Corriere della Sera” titola in
prima pagina: “Capitali esteri a caccia d’Italia”. Fabrizio Massaro
spiega che fondi Usa, arabi e cinesi puntano su Borsa e made in Italy.
Nel mirinobanche, industria manifatturiera, moda e turismo. E ancora:
«Così Goldman Sachs vende il nuovo corso politico. Garzarelli,
capoeconomista del colosso Usa: prezzi bassi e nuova stabilità. Rispetto
alla Spagna avete fondamentali piùsolidi.
Renzi? Per i mercati è un leader fuori dagli schemi». Anche il “Sole 24
Ore” abbandona il riserbo e titola: “Piazza affari fa il pieno di
capitali esteri”.
Nell’ultimo mese il tono non è cambiato, aggiunge Foa nel suo blog
sul “Giornale”. «La grande finanza internazionale continua a credere
all’Italia. E si scoprono altri dettagli interessanti». Ad esempio, che
Matteo Renzi ha incontrato il Ceo di Blackrock, Larry Fink, il più
grande fondo di investimento al mondo: «Un colosso da 4.300 miliardi di
dollari che, se fosse uno Stato, sarebbe la quarta potenza
almondo dopo Usa, Cina e Giappone». Evento salutato da tutti. «Commenti
positivi», informa “Radiocor”, mentre la “Repubblica” si entusiasma: «Il
più grande fondo del mondo da Renzi, Blackrock crede nella ripresa
italiana». Pian piano, continua Foa, il puzzle si compone. «In Italia,
lo sappiamo benissimo, la situazione non è certo migliorata rispetto a
qualche mese fa. Anzi, a giudicare dai disastrosi dati sulla
disoccupazione e dalle cifre record del debito pubblico è persino
peggiorata». Ma quei “mercati” – gli stessi che nel 2011 avevano gettato
discredito sull’Italia usando arbitrariamente lo strumento dello
spread, nonostante il nostro paese fosse uscito meglio di altri
dalla crisi dei subprime – ora ignorano le cattive notizie. «L’Italia è
diventata, brava, buona, promettente. Da premiare con la “fiducia”».
«Non sono un economista – premette Foa – ma ho seguito da vicino
tante crisi finanziarie: e questa, proprio, non me la bevo». Infatti, ad
attrarre l’interesse dei grandi fondi, delle banche d’affari e delle
multinazionali «non sono solo i valori relativamente bassi (ma neanche
troppo) di Piazza Affari, c’è dell’altro». E questo “altro” sembra
«strettamente connesso all’inaspettata e rapidissima ascesa a Palazzo
Chigi di Matteo Renzi». Forse, una chiave la fornisce il “Corriere della
Sera”, nell’articolo di Massaro sulla “caccia ai capitali esteri”.
«L’acquisto di azioni a Piazza Affari – scrive – potrebbe essere solo un
assaggio in vista di quella che si annuncia come la più grande
operazione di privatizzazione degli ultimi anni». Parola del neoministro
dell’economia, Pier Carlo Padoan, super-falco neoliberista proveniente
dall’Ocse e dalla casta tecnocratica al servizio dell’élite mondiale. E’
proprio Padoan, a Cernobbio, a svelare le carte: avanti tutta con le privatizzazioni, quelle che piacciono tanto ai “mercati”, così pieni di “fiducia” per l’Italia di Renzi.
«L’attenzione del mercato è crescente e va sfruttata nel migliore dei
modi», dichiara Padoan al “Corriere”. L’obiettivo della nuova ondata di
privatizzazioni che si profila? E’ duplice: «Accrescere l’efficienza
delle imprese privatizzate e ovviamente ridurre in modo consistente
il debito pubblico». Il primo banco di prova potrebbero essere le Poste:
«È stato avviato il processo di privatizzazione, è una sfida importante
per il paese e verrà sottoposta al vaglio del mercato». Gran parte
della fortuna politica del governo, scrive il “Corriere”, si gioca sul
successo delle vendite di Stato: l’incasso per il Tesoro potrebbe
arrivare a oltre 15 miliardi da Poste (il cui 40% da solo vale 4-5
miliardi), Fincantieri, Enac, Cdp Reti, Sace, Grandi Stazioni, St
Microelectronics. «Per i fondi si tratta di comprare a prezzi
favorevoli, per le banche d’affari di guadagnare sugli incarichi di
vendita». Tutto questo, grazie a Matteo il rottamatore, il nuovo eroe
dei “mercati” ammazza-paes
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