La Corte europea ha censurato i decreti Salva-Ilva che avevano garantito l’immunità penale (e la garantiscono tuttora ad ArcelorMittal, non essendo stati abrogati dall’esecutivo) e ha affermato che le misure per assicurare la protezione della salute e dell’ambiente devono essere messe in atto il più rapidamente possibile.
Per i 7 giudici europei, che hanno deciso all’unanimità, le autorità
italiane hanno violato gli articoli 8 e 13 della Convenzione europea
sui diritti umani.
La sentenza sottolinea che la popolazione «resta, anche oggi, senza informazioni sulle operazioni di bonifica del territorio» e che i cittadini non hanno avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l’impossibilità di ottenere misure anti-inquinamento, violando quindi il loro diritto a un ricorso effettivo. I giudici hanno europeo hanno però rigettato la richiesta di fermare l’attività del complesso siderurgico.
Ora l'esecutivo potrà scegliere se presentare ricorso alla Grande Camera o conformarsi a quando richiesto dai giudici, ovvero cancellare l’immunità penale e rivedere i tempi di allineamento all'Autorizzazione integrata ambientale.
«Per la prima volta un autorevole tribunale internazionale riconosce la responsabilità delle istituzioni italiane nella mancata tutela dei diritti umani - dicono - La pronunica della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) con sede a Starburgo è un passo fondamentale anche per rimuovere le condotte politico-istituzionali lesive dei diritti dei cittadini, condotte che hanno consentito il perpetuarsi di un evidente inquinamento che ha violato i fondamentali diritti umani, primo fra tutti il diritto alla vita. In tal senso le leggi Salva-Ilva sono state il prodotto eclatante di queste condotte lesive dei diritti fondamentali dei cittadini».
«Secondo i giudici di Strasburgo l’Italia è colpevole della “persistenza di una situazione di inquinamento ambientale”, che mette a rischio la salute di quanti vivono nell’area circostante l’impianto industriale - aggiungono Gravame e Marescotti - Per la CEDU le istituzioni “non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire una protezione efficace” della popolazione. Secondo la stessa Corte, esposti e denunce presso le autorità nazionali non hanno avuto esito efficace e in questo senso va considerato che ben 42 esposti alla Procura attualmente giacciono nei cassetti per via dell'immunità penale concessa ai commissari e ai gestori. Pertanto la sentenza della Corte di Strasburgo di oggi è il punto di partenza per anche chiedere la cancellazione dell'immunità penale. Attendiamo il ricorso alla Corte Costituzionale da parte dei magistrati competenti».
La sentenza sottolinea che la popolazione «resta, anche oggi, senza informazioni sulle operazioni di bonifica del territorio» e che i cittadini non hanno avuto modo di ricorrere davanti a un giudice italiano contro l’impossibilità di ottenere misure anti-inquinamento, violando quindi il loro diritto a un ricorso effettivo. I giudici hanno europeo hanno però rigettato la richiesta di fermare l’attività del complesso siderurgico.
Ora l'esecutivo potrà scegliere se presentare ricorso alla Grande Camera o conformarsi a quando richiesto dai giudici, ovvero cancellare l’immunità penale e rivedere i tempi di allineamento all'Autorizzazione integrata ambientale.
La soddisfazione di Peacelink
PeaceLink ha espresso immensa soddisfazione per la vittoria storica in sede internazionale, come spiegano Fulvia Gravame, presidente di Peaclink Taranto, e Alessandro Marescotti, presidente nazionale dell'associazione che da anni combatte sulla vicenda dell'Ilva.«Per la prima volta un autorevole tribunale internazionale riconosce la responsabilità delle istituzioni italiane nella mancata tutela dei diritti umani - dicono - La pronunica della Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU) con sede a Starburgo è un passo fondamentale anche per rimuovere le condotte politico-istituzionali lesive dei diritti dei cittadini, condotte che hanno consentito il perpetuarsi di un evidente inquinamento che ha violato i fondamentali diritti umani, primo fra tutti il diritto alla vita. In tal senso le leggi Salva-Ilva sono state il prodotto eclatante di queste condotte lesive dei diritti fondamentali dei cittadini».
«Secondo i giudici di Strasburgo l’Italia è colpevole della “persistenza di una situazione di inquinamento ambientale”, che mette a rischio la salute di quanti vivono nell’area circostante l’impianto industriale - aggiungono Gravame e Marescotti - Per la CEDU le istituzioni “non hanno adottato tutte le misure necessarie per garantire una protezione efficace” della popolazione. Secondo la stessa Corte, esposti e denunce presso le autorità nazionali non hanno avuto esito efficace e in questo senso va considerato che ben 42 esposti alla Procura attualmente giacciono nei cassetti per via dell'immunità penale concessa ai commissari e ai gestori. Pertanto la sentenza della Corte di Strasburgo di oggi è il punto di partenza per anche chiedere la cancellazione dell'immunità penale. Attendiamo il ricorso alla Corte Costituzionale da parte dei magistrati competenti».
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