Pubblichiamo
questo studio anche se non ne condividiamo il tono apocalittico da
prossima fine della civiltà. Ci pare però che evidenzi un problema reale
che il dibattito politico tende invece ad eludere. In realtà i processi
in corso sono estremamente importanti e tali da creare non pochi
problemi. Sarebbe il caso che ci si interrogasse su due questioni di
primaria importanza: 1. Le immigrazioni sono necessarie, perché non è
possibile che l’Italia si riduca ad una popolazione di 27 milioni di
abitanti di qui al 2080; 2. Per contro, una significativa alterazione
dell’equilibrio tra popolazione autoctona e immigrata comporterà
problemi di ogni tipo. Il tema su cui lavorare è allora: cosa fare
perché questo massiccio (e inevitabile) afflusso di migranti non
sconvolga identità e tradizioni, ma costituisca invece un’occasione di
arricchimento, sociale e culturale? (ossin)
Nonostante i dati ufficiali mostrino che
la popolazione italiana è cresciuta fino al 2015 e, secondo una
proiezione d ’Eurostat, si stabilizzerà nei prossimi decenni, pure il
numero di cittadini autoctoni si riduce a ritmi serrati: ogni anno di un
quarto di milione, e questa tendenza va accelerandosi. Ciò vuol dire
che la prevista crescita demografica potrà realizzarsi solo grazie a
migrazioni di massa provenienti dall’Africa e dall’Asia centrale.
Attualmente la maggior parte degli immigrati, in Italia, proviene dalla
Romania, ma è un dato che va anch’esso riducendosi rapidamente. Saranno
sempre minori le migrazioni provenienti da altri paesi europei, perché
tutte le nazioni europee sono in drammatico declino demografico e perché
la prolungata crisi economica che ha interessato l’Italia non la rende
più meta privilegiata per i cittadini di altri Stati europei.
Se le previsioni ufficiali di Eurostat
sono corrette, allora tra 60 anni o, tenuto conto del ritmo attuale
delle migrazioni anche prima, il 50% degli abitanti dell’Italia sarà di
origine Africana o asiatica. Le cifre calcolate dal nostro gruppo di
ricerca demografica non sono isolate e trovano conferma nelle
statistiche dei governi. Dunque, non solo le autorità italiane ed
europee ne sono pienamente coscienti, ma esse sembrano perseguire un
programma di ripopolamento su scala così monumentale da surclassare
l’esperienza svedese di migrazione di massa.
Il tasso di fertilità italiano (di donne
indigene e naturalizzate), vale a dire il numero di bambini per donna, è
di 1,34, che è molto inferiore al livello di sostituzione che dovrebbe
essere di 2,1. Lo stesso vale per tutto il continente europeo. Sotto
questo profilo, l’Europa assomiglia al Giappone. La differenza sta nel
fatto che, se le autorità giapponesi prevedono una riduzione della
popolazione di un 60% entro la fine del secolo, i governi europei
prevedono invece una crescita demografica. Perché questo? La risposta è
semplice. I dirigenti europei hanno deciso di reintegrare le loro
nazioni con gli immigrati, mentre i loro omologhi giapponesi no. Le
autorità di Tokyo non vogliono rimpiazzare il loro popolo con gli
stranieri, sapendo bene che, nel lungo periodo, una tale decisione
significherebbe che il Giappone continuerebbe a esistere solo di nome.
Per comprendere meglio lo sviluppo
demografico in Europa, l’equipe di Gefira ha sviluppato un software di
simulazione della popolazione chiamato Cerberus 2.0. Il programma è
alimentato da milioni di documenti forniti da Eurostat e dalle agenzie
statistiche nazionali di diversi Stati europei. Per l’Italia, Cerberus
2.0 ha avviato la simulazione col livello di popolazione del 1985, che è
il primo anno per il quale è disponibile un database completo sui tassi
di mortalità e fertilità. Per calcolare la popolazione degli anni
successivi, Cerberus 2.0 ha aumentato l’età di tutti i gruppi. Il
programma utilizza i tassi di fertilità e mortalità specifici per età
per ogni anno. Il numero di neonati può essere calcolato dal tasso di
fertilità specifico per età, moltiplicato per il numero di donne in
ciascun anno. Il programma può determinare con molta precisione quanti
neonati ci sono e quante persone muoiono in ogni gruppo di età. La
previsione demografica senza migrazioni è quella più precisa e ci lascia
pochi dubbi sulla sorte della nazione italiana.
A partire dall’anno 1985, Cerberus 2.0 ha
calcolato che, nel 2016 l’Italia avrebbe dovuto avere 55 milioni di
abitanti. Tuttavia, secondo l’ISTAT, l’Istituto nazionale italiano di
statistica, erano invece 60 milioni, ciò perché 5 milioni erano
immigrati. Questo dato è confermato dall’Istat ed era stato previsto dal
nostro software.
Per le previsioni oltre il 2016, Cerberus
2.0 utilizza i tassi di fertilità e mortalità a partire dal 2016.
Questa simulazione fornisce una stima molto precisa della futura
popolazione italiana.
Senza un radicale cambiamento di
atteggiamento nei confronti della vita familiare e della riproduzione
nella società occidentale, i tassi di fertilità degli Europei indigeni
non cresceranno. In alcuni paesi europei, un numero relativamente alto
di figli per famiglia è dovuto soprattutto agli immigrati di prima
generazione. Per esempio, il tasso globale di fertilità (autoctoni e
immigrati) nei Paesi Bassi è di 1,67, mentre il tasso di fertilità delle
sole donne autoctone è di 1,5.
La speranza di vita non cambierà in modo
significativo. Il tasso di mortalità delle persone che hanno meno di 65
anni è così basso nei paesi occidentali, che ulteriori miglioramenti
sono a stento possibili. La speranza di vita delle persone anziane può
aumentare un po’, ma questo non influenzerà in alcun modo la crescita
della popolazione. La fertilità cessa di solito all’età di 55 anni. I
demografi conoscono con precisione il futuro delle popolazioni autoctone
dell’ovest, e però c’è poco o niente di dibattito accademico sulla loro
estinzione imminente.
C’è un gran gruppo di specialisti di
scienze sociali che si aggrappa alla credenza (è questa la parola
giusta) che gli immigrati del Marocco, del Congo o dello Zimbabwe
assorbiranno la cultura italiana e si fonderanno nella nazione italiana.
La risposta comune alle critiche sulle politiche di immigrazione è che «
i problemi spariranno dopo la seconda generazione » o che « sarà come
negli Stati Uniti » dove ci sono degli italo-statunitensi, dei
sino-statunitensi, degli afro-statunitensi e così di seguito. In altri
termini, nel corso di una o due generazioni, i nuovi Italiani neri si
comporteranno come italiani, e nessuna differenza sarà percepibile, a
parte il colore scuro della pelle. Opinioni diverse, pur basate su prove
tangibili, vengono considerate razziste e trattate di conseguenza. La
discussione nella « buona società » si concentra sulle dimensioni e
sulla velocità delle migrazioni e l’integrazione dei nuovi giunti. Come
al tempo di Galileo, i credenti hanno la meglio su coloro che si
attengono alla osservazione e ai fatti. Gli Stati Uniti del futuro non
assomigliano agli Stati Uniti del passato: gli Stati Uniti attuali
stanno già cambiando. E poi I problemi non « spariranno dopo due
generazioni ».
La Francia, che attualmente è alla terza
generazione di immigrati del Terzo Mondo, si trova da dieci anni a dover
fronteggiare rivolte etniche, e il presidente Sarkozy definì i
manifestanti maghrebini « canaglie ». Conflitti di questo tipo non
possono mai trovare soluzione. Gli scontri di cultura tra cattolici e le
comunità di immigrati protestanti negli Stati Uniti non erano rari, ma
non sono mai degenerate in manifestazioni regolari di terrorismo
islamico, come quelle che vediamo oggi in Europa. Gli immigrati negli
Stati Uniti non hanno mai beneficiato di un sistema di protezione
sociale equivalente a quello che abbiamo qui in Europa. Mark Faber, un
investiture svizzero, è stato rimosso da molte funzioni pubbliche, per
avere osservato che, se fossero stati gli Africani a fondare gli Stati
Uniti, essi assomiglierebbero all’Africa. Per quanto l’osservazione
sembri lapalissiana alle persone comuni, l’investitore è stato costretto
a scusarsi con la comunità politicamente corretta, dei professori
universitari e dei giornalisti. Chiunque pensi che le migrazioni di
massa provenienti dall’Africa cambieranno il volto e l’anima della
nazione viene etichettato come razzista.
Con zero immigrazione e il tasso attuale
di nascita, Cerberus 2.0 prevede che nel 2080 la popolazione italiana
autoctona si sarà ridotta a circa 27 milioni di persone e, nel 2100, si
ridurrà di un altro 60% e sarà di 20 milioni, vale a dire gli stessi
risultati che le statistiche giapponesi prevedono per il Giappone.
Certamente i di mutamento radicale delle società occidentali. Ma lo sono
davvero ?
Nonostante questi dati, il governo
italiano ed Eurostat prevedono che, nel 2080, vi saranno da 53 a 60
milioni di abitanti in Italia. Questo può avvenire solo se alla
popolazione autoctona si aggiungeranno da 25 a 30 milioni di immigrati
di prima generazione e i loro discendenti dall’Africa e dall’Asia. Anche
se l’immigrazione non accelerasse, gli Italiani saranno minoranza nel
2080. Se si considerano I tassi migratori degli ultimi cinque anni,
questo risultato potrebbe raggiungersi anche prima.
Mentre il grande pubblico non è
consapevole della sorte che lo attende, i decisori politici conoscono le
cifre. ONG tedesche, spagnole, norvegesi, irlandesi e olandesi, oltre
alla marina europea, hanno trasportato dal 2014 il numero impressionante
di 600 000 migranti non occidentali dalla Libia verso l’Italia. Ciò è
avvenuto con la complicità delle attuali autorità italiane. Il grande
ricambio non è un caso e non si fermerà. E’ un programma ben concepito, e
subdolo, nel quale i nativi europei non hanno voce in capitolo.
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