giovedì 22 febbraio 2018

Le tasse sono per la gente comune, non per i miliardari

Leona Helmsley, moglie del miliardario Harry Helmsley (condannato per evasione fiscale) ha dichiarato con orgoglio che “le tasse sono per le persone normali”. E la verità è che la ragione non le manca. Da lungo tempo vediamo come anno dopo anno vengono alla luce nuove fughe di notizie, che dimostrano che le élite economiche e politiche del mondo si considerano una “nuova aristocrazia globale”, che gode del privilegio di essere esentata dal pagamento delle tasse.

Nel frattempo, i lavoratori e i piccoli imprenditori contribuiscono con le loro tasse e sopperiscono anche alla parte che altri non hanno pagato. Aumenta la disuguaglianza nel mondo e l’austerità si insedia nelle politiche pubbliche con i tagli alla nostra educazione, alla nostra salute, in definitiva ai  nostri diritti.

L’evasione e l’elusione fiscale non sono casi isolati o congiunturali, ma sono intimamente legati a un fenomeno strutturale del capitalismo liquido del nostro tempo, e sono intimamente legati all’offensiva neoliberale che sta investendo le nostre economie da decenni. Lo stesso Joseph Stiglitz, premio Nobel per l’economia, ha dichiarato al Parlamento Europeo che siamo soggetti a un ingiusto regime fiscale globale e che dietro i paradisi fiscali si nasconde un settore  basato sulla segretezza che crea una “economia globale ombra”. Un’economia globale che ha il suo epicentro amministrativo nel forum economico di Davos, che è si è tenuto qualche settimana fa nel primo e più importante paradiso fiscale del mondo, la Svizzera. Elite mondiali che rifiutano di pagare le tasse e concentrano sempre più ricchezza in poche mani.

I paradisi fiscali sono tra i principali responsabili dell’estrema disuguaglianza nella concentrazione della ricchezza, poiché consentono alle grandi multinazionali e alle grandi fortune di non pagare la giusta parte di tasse che spetta loro. In effetti, tutti gli studi dimostrano come non ci sia mai stato così tanto denaro nei paradisi fiscali come ora.

Secondo l’economista Gabriel Zucman, ci sono circa 7,6 trilioni di dollari di fortune personali nascoste in luoghi come la Svizzera, il Lussemburgo e Singapore. Ciò significa che le statistiche sulla disuguaglianza sottostimano seriamente il vero grado di concentrazione della ricchezza, poiché non includono il denaro nascosto in queste giurisdizioni opache o nei paradisi fiscali.

Nel mondo, oltre 600 miliardi (la metà del PIL spagnolo) sono redistribuiti artificiosamente ogni anno dalle multinazionali verso i paradisi fiscali. Tutte le società tranne una, Aena, dell’indice Ibex 35  “attualmente hanno una presenza in territori considerati paradisi fiscali, senza che tali sedi siano direttamente collegate all’esercizio della loro attività principale“, sottolinea Oxfam. Una prassi che corrisponde a una macchinazione diffusa da parte delle multinazionali, per evitare di pagare le tasse massimizzando i propri profitti a scapito dei nostri diritti.

La nuova riforma fiscale di Donald Trump, fatta su misura per miliardari e multinazionali, ha abbassato le imposte societarie alle grandi multinazionali dal 35% al ​​20%, offrendo la possibilità di rimpatriare i profitti con una tassa dell’ 8% per le attività illiquide e i profitti reinvestiti e del 15,5% per le attività liquide.

Come risultato del “condono fiscale” di Trump per i grandi capitali, Apple prevede di rimpatriare circa 250 miliardi di dollari di profitti che teneva nascosti in paesi terzi, in cambio di 38 miliardi di dollari di tasse da pagare, risparmiando più di 49,5 miliardi di dollari di imposta. Quasi nello stesso momento in cui Apple affermava in un comunicato che “un pagamento di queste dimensioni potrebbe essere il più grande del suo genere mai fatto“, che in realtà ha coinciso con una delle più grandi truffe fiscali mai realizzate, querelava Attac Francia per le sue azioni di denuncia e critica delle pratiche di evasione fiscale effettuate dal colosso americano.

Panama è non solo uno dei più famosi paradisi fiscali del mondo, ma anche un caso paradigmatico della connessione tra le élite politiche e i facilitatori dell’evasione fiscale, un elemento essenziale perché la rete dell’evasione funzioni. Ramón Fonseca, mentre cogestiva lo studio con Jürgen Mossack, investito da una fuga di notizie conosciuta come “Panama Papers” e che lavorava con criminali e evasori di ogni tipo per i loro business off-shore, è stato un leader politico del principale partito del paese, che ha fornito consulenze o ha persino contribuito a redigere leggi a Panama. Un vero pirata offshore con lettera di corsa.

Nonostante gli scandali come la fuga di notizie dei Panama Papers, abbiamo visto come il governo spagnolo, che sa come restituire un favore, non solo non ha incluso Panama nella lista spagnola dei paradisi fiscali. Ma negli ultimi mesi ha insistito per tirarlo fuori dalla lista nera europea. L’elenco delle giurisdizioni terze che non cooperano in materia fiscale, ufficialmente chiamato la lista nera, intendeva essere la prima lista di paradisi fiscali comuni per tutta la UE, in sostituzione delle liste nazionali che avevano alcuni Stati, ma in realtà è nata già ferita a morte, dato che omette di menzionare o segnalare qualsiasi nascondiglio fiscale europeo. Una lista che più che nera è diventata la candeggina dei paradisi fiscali dei governi europei.

Stiamo assistendo ad una vera e propria rivolta dei privilegiati, in cui miliardari e multinazionali rifiutano di pagare le tasse praticando un vero e proprio terrorismo fiscale, con l’appoggio complice dei governi e dei partiti principali, mentre denunciano o minacciano chi denuncia la loro pratiche di appropriazione indebita delle finanze pubbliche. È per questo che la lotta contro l’evasione fiscale diventa ora più che mai una contestazione dell’ordine mondiale neoliberista imperante, una messa in discussione dell’accaparramento di tutte le risorse del pianeta da parte della minoranza dell’Un per cento. Una battaglia che non possiamo permetterci di perdere.

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