La nuova dottrina, resa nota venerdì in
un documento del Pentagono denominato Nuclear Posture Review, nasce
espressamente per contrastare la Russia e archivia le politiche dell’era
Obama che miravano alla riduzione dell’arsenale nucleare Usa ed al suo
ruolo nella pianificazione della Difesa Usa.
Nella nota introduttiva, il segretario
alla Difesa Jim Mattis ha dichiarato che si tratta di una risposta
all’incremento delle capacità militari russe e alle strategie messe in
campo da Mosca.
Secondo il Pentagono, le armi nucleari
presenti nell’arsenale americano sono troppo potenti, troppo per essere
utilizzate negli attuali scenari, rendendole un deterrente non più
credibile; di qui la necessità di sviluppare nuovi ordigni giudicati dai
militari Usa realmente impiegabili, ricreando la deterrenza.
Il fatto è che le armi a “basso”
potenziale, sia pur con una potenza inferiore ai 20 chilotoni, sono pur
sempre devastanti; anche se definite “tattiche” nel linguaggio militare,
hanno una capacità distruttiva pari a quelle sganciate su Hiroshima e
Nagasaky. Quello che è mostruoso, è che adesso il Pentagono ipotizza di
poter usare sul campo simili armi nucleari.
Al momento, gli Usa hanno già un enorme
arsenale atomico/all’idrogeno, circa 7mila ordigni, 150 dei quali, del
tipo B-61, stoccate in vari Paesi europei pronte all’uso (per la
cronaca, buona parte di esse sono in Italia); per esse è prevista la
riconfigurazione per depotenziarle e renderle teoricamente impiegabili.
Per tornare alla nuova dottrina del
Pentagono, Greg Weawer, dello Stato Maggiore dell’Esercito, ha
esplicitamente dichiarato che i vertici militari vogliono armi nucleari
da poter impiegare in una guerra contro la Russia; ordigni che non siano
“l’arma totale”, giudicata controproducente, ma da poter usare
realmente anche se capaci di immani distruzioni.
L’Npr è il primo aggiornamento della
strategia nucleare Usa dal 2010 e delinea con chiarezza le ambizioni del
Pentagono, assecondate dal presidente Trump che già nella campagna
elettorale aveva promesso di espandere e rafforzare l’arsenale nucleare
degli Stati Uniti.
Barry Blechman, co-fondatore dello
Stimson Center, un think tank anti nucleare con sede a Washington, ha
avvertito che gli Usa sono alla vigilia di una nuova era di
proliferazione nucleare. Oltre allo sviluppo di nuovi armi nucleari, gli
Usa intendono aggiornare l’intera propria “triade nucleare”: nuova
flotta di bombardieri a lungo raggio, nuovi missili e potenziamento
della flotta sottomarina.
Un affare colossale per la lobby
militare industriale, che per giustificarlo continua ad agitare il
pericolo russo. C’è soprattutto questo diluvio di miliardi dietro il
rinfocolare di tensioni con Mosca, l’eterno “nemico” a Est che
giustifica stanziamenti stratosferici e potere a industrie della Difesa e
militari.
Che poi le nuove dottrine strategiche
elaborate per raggiungere l’obiettivo prevedano la concreta possibilità
di un olocausto nucleare, o comunque di una guerra di dimensioni
inaudite poco importa. Business as usual.
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