giovedì 15 febbraio 2018

Armi nucleari: la nuova dottrina del Pentagono

La nuova dottrina, resa nota venerdì in un documento del Pentagono denominato Nuclear Posture Review, nasce espressamente per contrastare la Russia e archivia le politiche dell’era Obama che miravano alla riduzione dell’arsenale nucleare Usa ed al suo ruolo nella pianificazione della Difesa Usa.
Nella nota introduttiva, il segretario alla Difesa Jim Mattis ha dichiarato che si tratta di una risposta all’incremento delle capacità militari russe e alle strategie messe in campo da Mosca.
Secondo il Pentagono, le armi nucleari presenti nell’arsenale americano sono troppo potenti, troppo per essere utilizzate negli attuali scenari, rendendole un deterrente non più credibile; di qui la necessità di sviluppare nuovi ordigni giudicati dai militari Usa realmente impiegabili, ricreando la deterrenza.
Il fatto è che le armi a “basso” potenziale, sia pur con una potenza inferiore ai 20 chilotoni, sono pur sempre devastanti; anche se definite “tattiche” nel linguaggio militare, hanno una capacità distruttiva pari a quelle sganciate su Hiroshima e Nagasaky. Quello che è mostruoso, è che adesso il Pentagono ipotizza di poter usare sul campo simili armi nucleari.
Al momento, gli Usa hanno già un enorme arsenale atomico/all’idrogeno, circa 7mila ordigni, 150 dei quali, del tipo B-61, stoccate in vari Paesi europei pronte all’uso (per la cronaca, buona parte di esse sono in Italia); per esse è prevista la riconfigurazione per depotenziarle e renderle teoricamente impiegabili.
Per tornare alla nuova dottrina del Pentagono, Greg Weawer, dello Stato Maggiore dell’Esercito, ha esplicitamente dichiarato che i vertici militari vogliono armi nucleari da poter impiegare in una guerra contro la Russia; ordigni che non siano “l’arma totale”, giudicata controproducente, ma da poter usare realmente anche se capaci di immani distruzioni.
L’Npr è il primo aggiornamento della strategia nucleare Usa dal 2010 e delinea con chiarezza le ambizioni del Pentagono, assecondate dal presidente Trump che già nella campagna elettorale aveva promesso di espandere e rafforzare l’arsenale nucleare degli Stati Uniti.
Barry Blechman, co-fondatore dello Stimson Center, un think tank anti nucleare con sede a Washington, ha avvertito che gli Usa sono alla vigilia di una nuova era di proliferazione nucleare. Oltre allo sviluppo di nuovi armi nucleari, gli Usa intendono aggiornare l’intera propria “triade nucleare”: nuova flotta di bombardieri a lungo raggio, nuovi missili e potenziamento della flotta sottomarina.
Un affare colossale per la lobby militare industriale, che per giustificarlo continua ad agitare il pericolo russo. C’è soprattutto questo diluvio di miliardi dietro il rinfocolare di tensioni con Mosca, l’eterno “nemico” a Est che giustifica stanziamenti stratosferici e potere a industrie della Difesa e militari.
Che poi le nuove dottrine strategiche elaborate per raggiungere l’obiettivo prevedano la concreta possibilità di un olocausto nucleare, o comunque di una guerra di dimensioni inaudite poco importa. Business as usual.

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