Nonostante la gran pubblicità che si è
avuta in Italia della sua candidatura, Martin Schulz non ha mai convinto
del tutto né i tedeschi, né il suo partito.
L’epopea di Schulz come leader politico
dell’SPD e candidato alla guida del governo della Germania Federale è
stata un fallimento totale. Presentatosi come una concreta alternativa
alla Cancelliera Angela Merkel nel marzo del 2017, l’erosione di
consensi subita sia dall’SPD che dalla CCD/CDU ha indotto la leadership
dei socialdemocratici a giungere a un nuovo accordo con i
cristianodemocratici per un quarto governo a guida Merkel.
Se l’accordo raggiunto dai due partiti
dovesse tenere si tratterebbe del terzo governo di Grande Coalizione in
Germania. Un’ipotesi che ha fatto storcere il naso a molti all’interno
dello stesso partito socialdemocratico, confermato dal voto del 21
gennaio, dove la linea favorevole a una nuova Groko è passata con una
differenza poco ampia di voti, 362 a 279 delegati.
Entro marzo l’SPD dovrebbe tenere
un’assemblea plenaria, nella quale tutti i membri sono chiamati a
sottoscrivere l’accordo tra socialdemocratici e l’Unione, ma lo farà
senza Schulz. L’ex Presidente del Parlamento Europeo ha dato le
dimissioni in settimana, dopo il caso relativo alla carica di Ministro
degli Esteri. Schulz aveva promesso in campagna elettorale di non voler
fare nessun accordo con la Merkel e di non voler occupare il ruolo di
Ministero degli Esteri.
Ciò ha provocato diverse critiche da
parte del suo stesso partito, ai quali si è aggiunto anche Sigmar
Gabriel, padre putativo di Schulz, ex leader dell’SPD e Ministro degli
Esteri nel governo uscente. Così oltre alla grana GroKo per l’SPD si
aggiunge anche la questione della leadership, con il congresso fissato
per la fine del prossimo Aprile.
Andrea Nahles, donna forte dell’SPD era
già pronta per assumere la carica di presidente ad interim, ma in questo
momento le critiche verso l’attuale leadership “blairiana” all’interno
del partito è forte e non sono da escludere sorprese.
In questo momento storico anche in
Germania le posizioni tipiche della sinistra europeista non riscaldano
il cuore degli elettori tedeschi, che delusi dalle politiche
immigratorie e troppo europeiste della Merkel si sono rivolti alle
destre liberali e populiste come quelle dell’FDP e dell’AFD,
rosicchiando milioni di voti ai partiti del governo uscente.
La Merkel dopo il fallimento delle
trattative per la coalizione “Jamaika” proprio con i liberali dell’FDP e
le incertezze dell’SPD starebbe pensando a un governo di minoranza.
L’alternativa più concreta però potrebbe essere quella del ritorno al
voto dopo 5 mesi di trattative.
Una prospettiva che potrebbe molto
indebolire la posizione della Merkel, non solo in Germania ma anche in
chiave UE, dove la Cancelliera in caso di debacle del PD potrebbe
perdere una grossa sponda europeista.
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