Pochi giorni fa il colosso petrolifero
nazionale Eni ha annunciato (citiamo qui una sua nota stampa ufficiale)
la scoperta di un importante giacimento di gas “nel Blocco 6,
nell’Offshore di Cipro, attraverso il pozzo Calypso 1. Il pozzo,
perforato in 2.074 metri di profondità d’acqua e a una profondità totale
di 3.827 metri, ha incontrato una estesa colonna mineralizzata a gas
metano in rocce di età Miocenica e Cretacica. La sequenza Cretacica ha
ottime proprietà di reservoir. Sul pozzo è stata eseguita una intensa e
dettagliata campagna di campionamento sui fluidi e sulle rocce. Calypso 1
è una promettente scoperta a gas e conferma l’estensione del tema di
ricerca di Zohr nelle acque economiche esclusive di Cipro. (…) Eni è
l’Operatore del Blocco 6 con una quota del 50% e Total è partner con il
restante 50%. Eni è presente a Cipro dal 2013 e detiene interessi in sei
licenze situate nell’acque economiche esclusive della repubblica (nei
Blocchi 2, 3, 6, 8, 9 e 11), cinque in qualità di operatore”.
Contemporaneamente, sempre da un’altra
nota stampa, apprendiamo che “Eni ha firmato con la Repubblica del
Libano due contratti di Esplorazione e Produzione per i blocchi 4 e 9,
situati nelle acque profonde dell’offshore del Libano. I blocchi sono
stati assegnati nell’ambito della prima gara competitiva internazionale
lanciata dalle autorità libanesi per blocchi nell’offshore del paese. La
firma di questi nuovi contratti apre la strada all’esplorazione delle
acque libanesi e rafforza ulteriormente la presenza di Eni nel
Mediterraneo Orientale, dove la società già opera con attività di
esplorazione e produzione nell’offshore dell’Egitto e con attività di
esplorazione nell’offshore di Cipro. Eni detiene un interesse
partecipativo del 40% in entrambi i Blocchi. Total è Operatore con una
quota del 40% mentre l’altro partner nel consorzio è Novatek con il
20%”.
Le due notizie, molto sensibili se
soppesate dal punto di vista dei rapporti fra il nostro paese e il Medio
Oriente (non dimentichiamoci, poi, che quella di Eni è una politica
estera e diplomatica parallela a quella della Farnesina, a cui spesso ma
non sempre ha fatto anche da apripista, ma di cui comunque è stata ogni
volta un contraltare) giungono nel pieno della polemica sui presunti
depistaggi attuati dalla compagnia petrolifera nazionale in sede
giudiziaria, e in merito ai quali ha ribadito la propria estraneità. Non
senza dimenticare, poi, il sempreverde caso Regeni.
Insomma, come spesso e volentieri
avviene, pare che siano in parecchi a volere la pelle dell’Eni. Adesso,
infatti, ci si è messa pure la Turchia. La marina militare turca ha
bloccato nel Mediterraneo orientale la nave perforatrice italiana Saipem
12000, diretta verso Cipro per trivellare proprio quel giacimento
concesso all’Eni in licenza da Cipro e conteso dalla Turchia. La nave è
bloccata a sud-est dell’isola a 50 chilometri dal luogo previsto per le
esplorazioni di idrocarburi, nel Blocco 3 concesso da Cipro nelle acque
di sua “zona economica esclusiva”. Il governo di Ankara ha giustificato
il sequestro della nave-piattaforma col fatto che quei giacimenti nel
mare cipriota sono rivendicati dalla Turchia, e che le attività
petrolifere si svolgerebbero in una zona di delicate manovre militari.
Infatti sarebbero stati sequestrati dalla marina turca anche alcuni
mercantili. Ma tutti sanno come Erdogan da tempo stia esercitando grosse
pressioni su Cipro affinché condivida i suoi giacimenti con la
repubblica turco-cipriota del nord, direttamente soggetta al controllo
di Ankara.
I rapporti fra Eni ed Erdogan non sono
buoni già da tempo. Quando Erdogan è venuto a Roma, alla cena con gli
imprenditori italiani presso l’Hotel Excelsior l’Eni era proprio uno dei
grandi nomi che mancavano. Erdogan non aveva fatto mistero di certe
ruggini ed aveva detto di essere contrario ad attività dell’Eni “nel
Mediterraneo orientale. I lavori del gas naturale in quella regione
rappresentano una minaccia per Cipro nord e per noi”. L’aumento delle
attività dell’Eni a Cipro infastidisce la Turchia: la compagnia fondata
da Enrico Mattei, infatti, è presente nell’isola dal 2013 e detiene
interessi in sei licenze da essa concesse nelle acque economiche di sua
esclusiva (Blocchi 2, 3, 6, 8, 9 e 11), di cui cinque in qualità di
operatore.
Una cosa è certa: “sparando” addosso
all’Eni, Erdogan ha individuato un nuovo modo per tenere sotto scacco
l’Italia, soprattutto ora che si profila la possibilità che a Palazzo
Chigi possa insediarsi un nuovo governo con orientamenti molto meno
compiacenti verso la Turchia rispetto a quello uscente di Gentiloni.
Anche questo potrebbe avere un’influenza, e neppure troppo marginale,
sulla scelta del nuovo governo che guiderà l’Italia.
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