Se dovessi scegliere qual è il danno maggiore che normalmente e con
sistematicità viene provocato alle “casse pubbliche” dalle “opere
incompiute” ovvero dalle “opere inutili”, riconosco che mi troverei in
difficoltà.
Le opere incompiute, almeno all’origine della loro progettazione sicuramente avevano un senso, una utilità, una finalità condivisa e attesa dalla popolazione e dal territorio cui erano allocate. Nel tempo a venire, magari in presenza di nuovi finanziamenti, nuove risorse, si nutre la speranza di vederla realizzata secondo le originarie aspettative.
Le opere inutili invece, da subito, rappresentano un danno per la collettività, sia sotto il profilo economico che sotto quello paesaggistico ed estetico delle nostre comunità.
Il comune denominatore caratterizzante ambedue queste scorciatoie della spesa pubblica a prescindere, è che nessuno paga pegno, sono orfane nel senso che non hanno mai una paternità ben individuabile, non ci sono responsabilità evidenti e circoscritte e bene farebbe la Corte dei Conti od anche l’Autorità giudiziaria ad accendere un faro anche su impulso di una stampa generalmente poco attenta.
In questa seconda fascia si annida a mio avviso ed in misura maggiore la cattiva politica che, nel tentativo di dimostrare la sua efficienza, la presenza costante sul territorio, rivendica con orgoglio di aver realizzato questo o quello, indicando molto spesso anche l’ingente onere sostenuto sempre a spese di “Pantalone”.
Conclusa l’inaugurazione della struttura – centri per anziani, asili nido, lotti autostradali etc. – sulla reale destinazione ed effettivo utilizzo dei beni da parte della popolazione o utenza in genere, non interessa a nessuno, potendo ragionevolmente concludere con il detto sempre attuale del grande Principe della risata Antonio De CURTIS, in arte Totò: “Ed io pago, ed io pago!”.
In epoca recente, parlando con un politico di lungo corso, nel lamentare le tante spese sostenute per la realizzazione di “opere inutili”, nel senso che a distanza di anni, pur essendo pronte e compiutamente arredate finanche di suppellettili, non risultano essere mai state utilizzate, la risposta è stata a dir poco sconcertante: “Trattavasi di soldi messi a disposizione dalla Regione attraverso i fondi europei che, se non spesi, andavano persi”.
Così funziona la Pubblica amministrazione, così funziona la “spesa pubblica”: un autentico colapasta!
Le opere incompiute, almeno all’origine della loro progettazione sicuramente avevano un senso, una utilità, una finalità condivisa e attesa dalla popolazione e dal territorio cui erano allocate. Nel tempo a venire, magari in presenza di nuovi finanziamenti, nuove risorse, si nutre la speranza di vederla realizzata secondo le originarie aspettative.
Le opere inutili invece, da subito, rappresentano un danno per la collettività, sia sotto il profilo economico che sotto quello paesaggistico ed estetico delle nostre comunità.
Il comune denominatore caratterizzante ambedue queste scorciatoie della spesa pubblica a prescindere, è che nessuno paga pegno, sono orfane nel senso che non hanno mai una paternità ben individuabile, non ci sono responsabilità evidenti e circoscritte e bene farebbe la Corte dei Conti od anche l’Autorità giudiziaria ad accendere un faro anche su impulso di una stampa generalmente poco attenta.
In questa seconda fascia si annida a mio avviso ed in misura maggiore la cattiva politica che, nel tentativo di dimostrare la sua efficienza, la presenza costante sul territorio, rivendica con orgoglio di aver realizzato questo o quello, indicando molto spesso anche l’ingente onere sostenuto sempre a spese di “Pantalone”.
Conclusa l’inaugurazione della struttura – centri per anziani, asili nido, lotti autostradali etc. – sulla reale destinazione ed effettivo utilizzo dei beni da parte della popolazione o utenza in genere, non interessa a nessuno, potendo ragionevolmente concludere con il detto sempre attuale del grande Principe della risata Antonio De CURTIS, in arte Totò: “Ed io pago, ed io pago!”.
In epoca recente, parlando con un politico di lungo corso, nel lamentare le tante spese sostenute per la realizzazione di “opere inutili”, nel senso che a distanza di anni, pur essendo pronte e compiutamente arredate finanche di suppellettili, non risultano essere mai state utilizzate, la risposta è stata a dir poco sconcertante: “Trattavasi di soldi messi a disposizione dalla Regione attraverso i fondi europei che, se non spesi, andavano persi”.
Così funziona la Pubblica amministrazione, così funziona la “spesa pubblica”: un autentico colapasta!
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