La popolazione della Gran Bretagna sta per diventare la prossima
vittima della tattica delle “rivoluzioni colorate” usata da Washington e
Bruxelles contro i governi democraticamente eletti dalla Serbia alla
Siria, dall’Ucraina al Brasile. Pochi giorni dopo la totalmente
imprevista (anche da quest’autore) decisione popolare di resistere al
bullismo dell’establishment e alle ondate della propaganda dei mass
media per votare la Brexit, la contromossa dei globalismi sta già
diventando chiara. Innanzitutto, un duro attacco alla sterlina e ai
maggiori titoli azionari per mettere pressione finanziaria e
giustificare le autogratificanti profezie apocalittiche che provengono
dal campo degli sconfitti che volevano rimanere. Secondo, una pressione
psicologica di massa organizzata da organizzazioni della “società
civile”, come Avaaz, camuffata da protesta dal basso, ma de facto
fondata da Fondazioni foraggiate da George Soros. La testa d’ariete di
questa propaganda è la petizione per un secondo referendum, che ha già
superato i tre milioni di firme, nonostante decine di migliaia di firme
false siano state scoperte e rimosse.
Terzo, l’uso di altri gruppi della “società civile”, tra cui “SumOfUs” e “38 Degrees”, per promuovere banchetti di opinione pubblica “progressista” per spiegare quali temi ed attacchi contro il Brexit saranno maggiormente efficaci. È una tecnica-chiave insegnata George Sorosnel corso di formazione delle “rivoluzioni colorate”, formata sulle teorie di Gene Sharp e perfezionata da John Carlane, un liberale globalista ex ufficiale dell’esercito britannico, ora a capo del “Peace Education and Training Repository”. Quarto, la mobilitazione di crocchi di manifestanti arrabbiati e inclini alla violenza, a Londra ed in altre città chiave. Nonostante molti rappresentanti dell’estrema sinistra fossero a favore del Brexit, gang con bandiere comuniste ed anarchiche infestano le strade. Dovrebbero difendere le minoranze etniche (molte di queste in effetti hanno votato per il Brexit insieme ai connazionali della classe operaia) ma sono già state coinvolte in attacchi contro riconosciuti o sospetti sostenitori del Brexit.
Quinto, le truppe della propaganda di proprietà delle élite liberali e vicine alla Cia stanno mentendo e pontificando per sfruttare su quanto sopra scritto. L’obiettivo è spaventare i votanti pro-Brexit “morbidi”, per fargli cambiare parere e creare le condizioni per trasformare le elezioni generali in autunno in un secondo referendum. Il proposito di questa guerra politica ibrida sulla maggioranza della popolazione è di far deragliare l’intero processo del Brexit e mantenere la nazione all’interno dell’Ue (o perlomeno trasformare l’uscita in un casino tale dal disincentivare qualsiasi altra nazione a fare qualcosa di simile). Ciò spiega il perché il primo ministro Cameron ha già infranto la promessa fatta prima del referendum, secondo la quale, se avesse vinto l’uscita, si sarebbe immediatamente appellato all’Articolo 50 del Trattato di Lisbona per iniziare la procedura del Brexit. Ora è Cameronlapalissiano che le élite eurofile non hanno alcuna intenzione di permettere che un piccolo intoppo, come la volontà espressa democraticamente dalla popolazione, distrugga il processo di “un’unione ancora più stretta” o della “necessità” geopolitica di avere un’Ue unita per il confronto con la Russia.
Prima del voto dello scorso giovedì, a Bruxelles si erano tentate tutte le carte disponibili, incluso l’inganno e lo sfruttamento senza pietà dell’omicidio di Jo Cox, per assicurarsi un voto per restare. Nonostante il fallimento della campagna, una sparuta minoranza di irriducibili eurofili, attualmente guidata dal potente “tory” Lord Heseltine e da membri del Parlamento “moderati” laburisti e liberaldemocratici come David Lammy e Tim Farron, non accetterà il verdetto del referendum. Al contrario, sta tentando disperatamente di dare alle élite liberali la sicurezza in loro per sfoggiare un atto di estrema arroganza – negare al popolo britannico il diritto di vedere il loro voto concretizzarsi. Se la caveranno? O la reazione della gente comune quando realizzerà cosa sta succedendo sarà di sdegno tale da convincere gli eurofili che, già sul fondo del baratro, forse dovrebbero smettere di scavare? Non lo so. Ma non c’è dubbio che questa sarà la loro strategia. Non aspettiamoci stabilità nel prossimo futuro.
Terzo, l’uso di altri gruppi della “società civile”, tra cui “SumOfUs” e “38 Degrees”, per promuovere banchetti di opinione pubblica “progressista” per spiegare quali temi ed attacchi contro il Brexit saranno maggiormente efficaci. È una tecnica-chiave insegnata George Sorosnel corso di formazione delle “rivoluzioni colorate”, formata sulle teorie di Gene Sharp e perfezionata da John Carlane, un liberale globalista ex ufficiale dell’esercito britannico, ora a capo del “Peace Education and Training Repository”. Quarto, la mobilitazione di crocchi di manifestanti arrabbiati e inclini alla violenza, a Londra ed in altre città chiave. Nonostante molti rappresentanti dell’estrema sinistra fossero a favore del Brexit, gang con bandiere comuniste ed anarchiche infestano le strade. Dovrebbero difendere le minoranze etniche (molte di queste in effetti hanno votato per il Brexit insieme ai connazionali della classe operaia) ma sono già state coinvolte in attacchi contro riconosciuti o sospetti sostenitori del Brexit.
Quinto, le truppe della propaganda di proprietà delle élite liberali e vicine alla Cia stanno mentendo e pontificando per sfruttare su quanto sopra scritto. L’obiettivo è spaventare i votanti pro-Brexit “morbidi”, per fargli cambiare parere e creare le condizioni per trasformare le elezioni generali in autunno in un secondo referendum. Il proposito di questa guerra politica ibrida sulla maggioranza della popolazione è di far deragliare l’intero processo del Brexit e mantenere la nazione all’interno dell’Ue (o perlomeno trasformare l’uscita in un casino tale dal disincentivare qualsiasi altra nazione a fare qualcosa di simile). Ciò spiega il perché il primo ministro Cameron ha già infranto la promessa fatta prima del referendum, secondo la quale, se avesse vinto l’uscita, si sarebbe immediatamente appellato all’Articolo 50 del Trattato di Lisbona per iniziare la procedura del Brexit. Ora è Cameronlapalissiano che le élite eurofile non hanno alcuna intenzione di permettere che un piccolo intoppo, come la volontà espressa democraticamente dalla popolazione, distrugga il processo di “un’unione ancora più stretta” o della “necessità” geopolitica di avere un’Ue unita per il confronto con la Russia.
Prima del voto dello scorso giovedì, a Bruxelles si erano tentate tutte le carte disponibili, incluso l’inganno e lo sfruttamento senza pietà dell’omicidio di Jo Cox, per assicurarsi un voto per restare. Nonostante il fallimento della campagna, una sparuta minoranza di irriducibili eurofili, attualmente guidata dal potente “tory” Lord Heseltine e da membri del Parlamento “moderati” laburisti e liberaldemocratici come David Lammy e Tim Farron, non accetterà il verdetto del referendum. Al contrario, sta tentando disperatamente di dare alle élite liberali la sicurezza in loro per sfoggiare un atto di estrema arroganza – negare al popolo britannico il diritto di vedere il loro voto concretizzarsi. Se la caveranno? O la reazione della gente comune quando realizzerà cosa sta succedendo sarà di sdegno tale da convincere gli eurofili che, già sul fondo del baratro, forse dovrebbero smettere di scavare? Non lo so. Ma non c’è dubbio che questa sarà la loro strategia. Non aspettiamoci stabilità nel prossimo futuro.
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