domenica 13 aprile 2014

LA TRISTE FUGA DI DELL'UTRI

Delle due l’una: o dell’Utri si è voluto far rintracciare nell’ambito di trattative segrete che non conosceremo mai, oppure il potente braccio destro del Caimano si è dimostrato un cialtrone anche nella fuga. Come un qualsiasi rubagaline confessa i suoi piani al telefonino, non usa mail criptate, scappa nel luogo più ovvio per lui, ossia Beirut, senza nemmeno prendere precauzioni, usa carte di credito dal nascondiglio e si fa per giunta beccare con un sacco di soldi. 
Entrambe le ipotesi che poi non si escludono l’un l’altra, portano all’immagine di un Paese dove persone di straordinaria pochezza, rese forti dall’assenza di inibizioni etiche, hanno fatto il bello e cattivo tempo, sono state spacciate, viste e osannate come statisti, ministri, uomini di cultura, sottili tessitori, onnipotenti santi in paradiso, mentre erano solo modeste personcine non a modo. Il potere dell’informazione è stato vitale in questa mitopoietica coi fichi secchi e i Dell’Utri: ostentadoli ad ogni minuto, asseverandone le blasfemie intellettuali, ovvero le cazzate, col solo riportarle senza mandarli al diavolo, li hanno pantografati come i faccioni di cartapesta dei carnevali. Hanno dato loro una vita che era pura aria compressa.
Solo una profonda corruzione dell’establishment, un’inveterata abitudine alla subalternità e una disgregazione del senso di cittadinanza hanno potuto e possono tuttora rivestire di un’aura ex potenti gonfiati con gli ormoni del berlusconismo o cinici bambocci di aria fritta. Gli stessi fattori che proprio in queste ore vengono probabilmente mossi e tirati per trovare una soluzione al “caso dell’Utri” che è pur sempre una mina vagante o meglio ancora una castagnola in questa triste allegoria della politica.

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