Conte
si prepara a partire per Bruxelles, dove domani lo attendono i
“colleghi” del Consiglio Europeo, con molte meno certezze di qualche
giorno fa, quando ancora diceva: “non accetteremo il Mes, o si fanno i coronabond o faremo da soli”.
Ieri, presentando la sua informativa alla Camera, è stato molto più vago. Già pronto, insomma, ad un “compromesso” in cui dovrà accettare l’esatto contrario.
E’ partito da quelle che dovevano essere buone notizie. “Il governo invierà a brevissimo al Parlamento un’ulteriore relazione con una richiesta di scostamento di bilancio pari a 50 miliardi di euro, con intervento complessivo che, sommando i precedenti 25 miliardi, sarà non inferiore a 75 miliardi“.
Ma in realtà quella “richiesta” di sforamento del deficit di bilancio va presentata alla Commissione Europea, perché l’attuale Parlamento italiano può firmargli qualsiasi cifra (la destra chiede molto di più, per esempio, tanto sono parole…), ma il visto finale arriverà dagli specialisti di Bruxelles – i funzionari che controllano Paolo Gentiloni e gli altri “commissari” – non da un organo democraticamente eletto. E in base ai trattati esistenti, che non contemplano “situazioni eccezionali” della portata che il mondo sta attraversando.
Non è comunque neanche questo il vero problema, perché tutti i Paesi dell’Unione si trovano in una situazione del tuto simile e dovranno dunque “sforare” il rapporto deficit/Pil ben oltre i limiti scritti nel demente “trattato di Maastricht”: il 3%. Nelle stime più prudenti, in tutta Europa si arriverà come minimo al 10%, per effetto combinato del Pil in drastico calo e dell’aumento smisurato della spesa pubblica.
Il tutto, va ricordato, soltanto per affrontare le necessità immediate della pandemia. La “ricostruzione” e i suoi costi sono tutto un altro capitolo.
E qui la linea del “fronte del Nord” (Germania, Olanda, Finlandia) è chiarissima: va bene che la Bce compri titoli di Stato, si possono fare prestiti tramite la Bei (solo 200 miliardi per tutta l’Unione, poca roba), si possono supportare gli ammortizzatori sociali nazionali con il fondo Sure (ancora da istituire, ma che avrà solo 10 miliardi per tutta Europa, per i prossimi dieci anni).
Tutte linee di finanziamento (Bce a parte) dai tempi lunghi e dalle “condizionalità” ancora da definire. In pratica, possono spendere per far fronte alla crisi solo i paesi che hanno surplus consolidati (il “fronte del Nord”, appunto), gli altri si devono finanziare a breve termine o “sui mercati” (a tassi di interesse proporzionati allo spread, ieri a 260 punti), oppure tramite il Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità creato per imporre lo scambio “prestiti contro riforme strutturali”.
Ossia tramite l’imposizione di politiche di austerità decise direttamente a Bruxelles invece che dal governo nazionale che ha chiesto il prestito.
L’Eurogruppo di 15 giorni fa ha dato il via libera alla possibilità di accedere ai fondi del Mes per l’equivalente del 2% del Pil (per l’Italia all’incirca 36 miliardi), unicamente destinati alla spesa sanitaria eccezionale.
Gli europeisti – anche di casa nostra – si sgolano da settimane ad assicurare che sono “senza condizionalità”, pure sapendo che non è assolutamente vero. Il “compromesso” dell’Eurogruppo ha accantonato le condizionalità più stringenti, ma il solo fatto di chiedere un prestito del Mes “accende una spia d’attenzione” sullo Stato richiedente.
In primo luogo da parte della Commissione, che può usare anche molta “flessibilità” nel giudicare l’opportunità di “stringere” o meno in sede di esame, anche a distanza di mesi o anni. Ma sopratutto da parte dei “mercati finanziari”, che vengono di fatto invitati ad aprire posizioni speculative sui titoli di stato del Paese richiedente.
Insomma, forse non proprio immediatamente come la Grecia nel 2015, ma su quella stessa strada…
Quanto è attendibile l’”assicurazione” fornita, per esempio, dagli europeisti del Pd?
Per esempio, Paolo Gentiloni, ex premier e oggi Commissario europeo agli affari economici, giura che “Il Mes è una linea di credito per sostenere la spesa sanitaria e i nostri ospedali e che l’unica condizione per questa linea di credito è che siano spese dedicate alla sanità. Possiamo chiamarlo in un altro modo ma serve“.
Addirittura fantasioso il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci: “L’Italia ha bisogno di risorse ingenti e che arrivino in tempi rapidi. Il fondo Sure è importante, ma non è ancora fruibile. Le linee di credito Bei sono un esempio tangibile. E poi c’è il Mes: ci vuole una giusta cautela perché sappiamo cosa è stato il Mes, ma sappiamo anche cosa vorremo che diventasse. Non lo chiamiamo più Mes ma se le condizioni saranno giuste bisognerà valutare nell’interesse del nostro Paese senza pregiudizi”.
Non lo chiamiamo Mes? Cos’è, un gioco di parole che ce lo decidiamo noi in camera caritatis? Cos’è, uno slogan elettorale che poi chissenefrega? O è un trattato tra 19 Paesi?
Quelli del Pd sono fatti così… Ti raccontano sempre che “non c’è problema, fidatevi di noi...”. Facevano lo stesso con il “pacchetto Treu”, che sdoganava i contrattini precari a salario stracciato. Hanno fatto lo stesso con la “Riforma del Titolo V” della Costituzione, che ha introdotto la “legislazione concorrente” tra Stato e Regioni e affidato a queste ultime la competenza per la sanità, con i “clamorosi risultati” che la Lombardia e il Piemonte (ma anche l’Emilia Romagna) stanno dimostrando davanti al coronavirus….
E giuravano identica cosa prima della “cura Monti”, della riforma della sanità che introduceva l’intra moenia, del jobsact, della riforme elettorali per imporre il maggioritario e “aumentare l’efficienza” della politica…
Sono fatti così: mentitori di mestiere, come Salvini o Berlusconi o la Meloni, ma con parole “democraticamente accettabili”. Rigorosamente smentite alla prova dei fatti.
Ma pesano nel governo e hanno ottimi rapporti con le burocrazie di Bruxelles. Conte, dunque, se vuol mantenere la maggioranza “unita” e allontanare lo spettro di Mario Draghi da Palazzo Chigi, deve “mediare”. E, mediando mediando, ha infilato nel suo intervento in Paramento la frase rivelatrice: “Rifiutare la linea di credito che offre il Mes sarebbe un torto agli altri Paesi [la Spagna ha pronta la richiesta, ndr], ma l’Italia ha bisogno di altro. I criteri del Mes sono inaccettabili per la natura di questa crisi“.
Saranno certamente “inaccettabili”, ma saranno proprio questi quelli che porterà a casa dal prossimo Consiglio Europeo.
Prepariamoci dunque a uno scenario fattualmente tragico: una “riapertura” di tutte le attività in presenza di un virus per cui non esistono ancora medicinali efficaci e vaccino, e la contemporanea “messa sotto tutela” delle decisioni di spesa dello Stato.
Ieri, presentando la sua informativa alla Camera, è stato molto più vago. Già pronto, insomma, ad un “compromesso” in cui dovrà accettare l’esatto contrario.
E’ partito da quelle che dovevano essere buone notizie. “Il governo invierà a brevissimo al Parlamento un’ulteriore relazione con una richiesta di scostamento di bilancio pari a 50 miliardi di euro, con intervento complessivo che, sommando i precedenti 25 miliardi, sarà non inferiore a 75 miliardi“.
Ma in realtà quella “richiesta” di sforamento del deficit di bilancio va presentata alla Commissione Europea, perché l’attuale Parlamento italiano può firmargli qualsiasi cifra (la destra chiede molto di più, per esempio, tanto sono parole…), ma il visto finale arriverà dagli specialisti di Bruxelles – i funzionari che controllano Paolo Gentiloni e gli altri “commissari” – non da un organo democraticamente eletto. E in base ai trattati esistenti, che non contemplano “situazioni eccezionali” della portata che il mondo sta attraversando.
Non è comunque neanche questo il vero problema, perché tutti i Paesi dell’Unione si trovano in una situazione del tuto simile e dovranno dunque “sforare” il rapporto deficit/Pil ben oltre i limiti scritti nel demente “trattato di Maastricht”: il 3%. Nelle stime più prudenti, in tutta Europa si arriverà come minimo al 10%, per effetto combinato del Pil in drastico calo e dell’aumento smisurato della spesa pubblica.
Il tutto, va ricordato, soltanto per affrontare le necessità immediate della pandemia. La “ricostruzione” e i suoi costi sono tutto un altro capitolo.
E qui la linea del “fronte del Nord” (Germania, Olanda, Finlandia) è chiarissima: va bene che la Bce compri titoli di Stato, si possono fare prestiti tramite la Bei (solo 200 miliardi per tutta l’Unione, poca roba), si possono supportare gli ammortizzatori sociali nazionali con il fondo Sure (ancora da istituire, ma che avrà solo 10 miliardi per tutta Europa, per i prossimi dieci anni).
Tutte linee di finanziamento (Bce a parte) dai tempi lunghi e dalle “condizionalità” ancora da definire. In pratica, possono spendere per far fronte alla crisi solo i paesi che hanno surplus consolidati (il “fronte del Nord”, appunto), gli altri si devono finanziare a breve termine o “sui mercati” (a tassi di interesse proporzionati allo spread, ieri a 260 punti), oppure tramite il Mes, il Meccanismo Europeo di Stabilità creato per imporre lo scambio “prestiti contro riforme strutturali”.
Ossia tramite l’imposizione di politiche di austerità decise direttamente a Bruxelles invece che dal governo nazionale che ha chiesto il prestito.
L’Eurogruppo di 15 giorni fa ha dato il via libera alla possibilità di accedere ai fondi del Mes per l’equivalente del 2% del Pil (per l’Italia all’incirca 36 miliardi), unicamente destinati alla spesa sanitaria eccezionale.
Gli europeisti – anche di casa nostra – si sgolano da settimane ad assicurare che sono “senza condizionalità”, pure sapendo che non è assolutamente vero. Il “compromesso” dell’Eurogruppo ha accantonato le condizionalità più stringenti, ma il solo fatto di chiedere un prestito del Mes “accende una spia d’attenzione” sullo Stato richiedente.
In primo luogo da parte della Commissione, che può usare anche molta “flessibilità” nel giudicare l’opportunità di “stringere” o meno in sede di esame, anche a distanza di mesi o anni. Ma sopratutto da parte dei “mercati finanziari”, che vengono di fatto invitati ad aprire posizioni speculative sui titoli di stato del Paese richiedente.
Insomma, forse non proprio immediatamente come la Grecia nel 2015, ma su quella stessa strada…
Quanto è attendibile l’”assicurazione” fornita, per esempio, dagli europeisti del Pd?
Per esempio, Paolo Gentiloni, ex premier e oggi Commissario europeo agli affari economici, giura che “Il Mes è una linea di credito per sostenere la spesa sanitaria e i nostri ospedali e che l’unica condizione per questa linea di credito è che siano spese dedicate alla sanità. Possiamo chiamarlo in un altro modo ma serve“.
Addirittura fantasioso il capogruppo Pd in Senato, Andrea Marcucci: “L’Italia ha bisogno di risorse ingenti e che arrivino in tempi rapidi. Il fondo Sure è importante, ma non è ancora fruibile. Le linee di credito Bei sono un esempio tangibile. E poi c’è il Mes: ci vuole una giusta cautela perché sappiamo cosa è stato il Mes, ma sappiamo anche cosa vorremo che diventasse. Non lo chiamiamo più Mes ma se le condizioni saranno giuste bisognerà valutare nell’interesse del nostro Paese senza pregiudizi”.
Non lo chiamiamo Mes? Cos’è, un gioco di parole che ce lo decidiamo noi in camera caritatis? Cos’è, uno slogan elettorale che poi chissenefrega? O è un trattato tra 19 Paesi?
Quelli del Pd sono fatti così… Ti raccontano sempre che “non c’è problema, fidatevi di noi...”. Facevano lo stesso con il “pacchetto Treu”, che sdoganava i contrattini precari a salario stracciato. Hanno fatto lo stesso con la “Riforma del Titolo V” della Costituzione, che ha introdotto la “legislazione concorrente” tra Stato e Regioni e affidato a queste ultime la competenza per la sanità, con i “clamorosi risultati” che la Lombardia e il Piemonte (ma anche l’Emilia Romagna) stanno dimostrando davanti al coronavirus….
E giuravano identica cosa prima della “cura Monti”, della riforma della sanità che introduceva l’intra moenia, del jobsact, della riforme elettorali per imporre il maggioritario e “aumentare l’efficienza” della politica…
Sono fatti così: mentitori di mestiere, come Salvini o Berlusconi o la Meloni, ma con parole “democraticamente accettabili”. Rigorosamente smentite alla prova dei fatti.
Ma pesano nel governo e hanno ottimi rapporti con le burocrazie di Bruxelles. Conte, dunque, se vuol mantenere la maggioranza “unita” e allontanare lo spettro di Mario Draghi da Palazzo Chigi, deve “mediare”. E, mediando mediando, ha infilato nel suo intervento in Paramento la frase rivelatrice: “Rifiutare la linea di credito che offre il Mes sarebbe un torto agli altri Paesi [la Spagna ha pronta la richiesta, ndr], ma l’Italia ha bisogno di altro. I criteri del Mes sono inaccettabili per la natura di questa crisi“.
Saranno certamente “inaccettabili”, ma saranno proprio questi quelli che porterà a casa dal prossimo Consiglio Europeo.
Prepariamoci dunque a uno scenario fattualmente tragico: una “riapertura” di tutte le attività in presenza di un virus per cui non esistono ancora medicinali efficaci e vaccino, e la contemporanea “messa sotto tutela” delle decisioni di spesa dello Stato.
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