Le rinnovabili stanno compiendo la loro rivoluzione, il futuro sarà
all’insegna della mobilità sostenibile, dell’energia pulita e della
lotta ai cambiamenti climatici.
Come s’inserisce il nucleare in questo scenario? Per Angelo Baracca, docente emerito di Fisica Teorica dell'Università di Firenze e autore di numerose pubblicazioni su questo tema, in un’intervista sfata alcuni luoghi comuni.
Il ritorno al nucleare conviene? Secondo Baracca no, anzi, è evidente la necessità di abbandonarlo definitivamente.
L’impiego civile del nucleare non contribuisce affatto alla riduzione del gas serra e del CO2: ecco uno dei miti che Baracca sfata, una fandonia in realtà sfatata da vent’anni.
“Vero è che nello stadio attuale di sviluppo […] le emissioni complessive sono inferiori rispetto ad altre fonti di energia, ma […] se potessero svilupparsi massicci programmi nucleari lo sfruttamento di minerali più poveri di uranio porterebbe ad un aumento delle emissioni complessive”, afferma.
E i rischi connessi al ritorno del nucleare sono tutt’altro che pochi, al contrario di quanto affermano i sostenitori dell’atomo, che spesso minimizzano. Le centrali anche durante l'esercizio normale rilasciano emissioni radioattive. E’ stato registrato nelle popolazioni che vivono nelle zone prossime alle centrali nucleari un aumento di vari tipi di malattie, tra le quali tumori.
Le centrali portano con sé poi uno dei problemi che le rinnovabili non presentano, quello dello smaltimento delle scorie. Come fa notare Baracca, “nessun Paese ha ancora realizzato un deposito nazionale definitivo per i residui radioattivi. Decine di migliaia di tonnellate di combustibile esaurito si accumulano pericolosamente in piscine. Ormai solo la Francia esegue il ritrattamento, producendo, altre a scorie radioattive pericolosissime, ulteriore plutonio”.
Impossibile, infine, non parlare di incidenti. C’è la probabilità di un incidente grave ogni 7-8 anni. Solo questo dovrebbe spingere ad uno sviluppo delle rinnovabili sostenuto ancora dai governi, invece che un dibattito sul ritorno del nucleare, che peraltro non è conveniente, dice Baracca:
“L'energia nucleare non è competitiva, mentre i costi delle rinnovabili sono in picchiata. I tempi di costruzione delle centrali si allungano, i costi lievitano e grandi capitali devono essere immobilizzati per tempi lunghi e non prevedibili”.
Come s’inserisce il nucleare in questo scenario? Per Angelo Baracca, docente emerito di Fisica Teorica dell'Università di Firenze e autore di numerose pubblicazioni su questo tema, in un’intervista sfata alcuni luoghi comuni.
Il ritorno al nucleare conviene? Secondo Baracca no, anzi, è evidente la necessità di abbandonarlo definitivamente.
L’impiego civile del nucleare non contribuisce affatto alla riduzione del gas serra e del CO2: ecco uno dei miti che Baracca sfata, una fandonia in realtà sfatata da vent’anni.
“Vero è che nello stadio attuale di sviluppo […] le emissioni complessive sono inferiori rispetto ad altre fonti di energia, ma […] se potessero svilupparsi massicci programmi nucleari lo sfruttamento di minerali più poveri di uranio porterebbe ad un aumento delle emissioni complessive”, afferma.
E i rischi connessi al ritorno del nucleare sono tutt’altro che pochi, al contrario di quanto affermano i sostenitori dell’atomo, che spesso minimizzano. Le centrali anche durante l'esercizio normale rilasciano emissioni radioattive. E’ stato registrato nelle popolazioni che vivono nelle zone prossime alle centrali nucleari un aumento di vari tipi di malattie, tra le quali tumori.
Le centrali portano con sé poi uno dei problemi che le rinnovabili non presentano, quello dello smaltimento delle scorie. Come fa notare Baracca, “nessun Paese ha ancora realizzato un deposito nazionale definitivo per i residui radioattivi. Decine di migliaia di tonnellate di combustibile esaurito si accumulano pericolosamente in piscine. Ormai solo la Francia esegue il ritrattamento, producendo, altre a scorie radioattive pericolosissime, ulteriore plutonio”.
Impossibile, infine, non parlare di incidenti. C’è la probabilità di un incidente grave ogni 7-8 anni. Solo questo dovrebbe spingere ad uno sviluppo delle rinnovabili sostenuto ancora dai governi, invece che un dibattito sul ritorno del nucleare, che peraltro non è conveniente, dice Baracca:
“L'energia nucleare non è competitiva, mentre i costi delle rinnovabili sono in picchiata. I tempi di costruzione delle centrali si allungano, i costi lievitano e grandi capitali devono essere immobilizzati per tempi lunghi e non prevedibili”.
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