Un’euro-rapina sui conti correnti? Potrebbe
accadere, e i poveri risparmiatori subirebbero una mazzata con pochi
precedenti (tra i quali il prelievo forzoso notturno del 1992 effettuato
dal governo Amato). E, soprattutto, è quello che teme il focoso
europarlamentare leghista, Gianluca Buonanno, che ha presentato
un’interrogazione scritta alla Commissione Ue e alla Bce per chiedere di
confermare «l’esistenza di un piano di misure adottato nel luglio 2014»
secondo il quale, come già sperimentato a Cipro, «sarebbe prevista
l’imposizione di misure d’urgenza che consentirebbero il congelamento
dei conti correnti bancari dei cittadini e delle imprese europee e il
prelievo forzato delle somme ritenute necessarie a fronteggiare
l’esposizione debitoria». Ma la domanda che pone Buonanno è anche
un’altra: «La Bce ritiene che il rischio di default sia concreto a tal
punto da permettere l’adozione di un tale piano?». La risposta non è
semplice: anche se le crisi si presentano sempre in forme diverse,
l’opera di prevenzione (anche se l’Ue ha raggiunto soglie
maniaco-depressive) può rappresentare un aiuto.
Tuttavia, quando si ascoltano le parole del capo economista di Standard & Poor’s, Jean-Michel Six, lo shock è fortissimo: «La ripresa economica ha perso molto slancio e, avvicinandoci al 2015, nell’Eurozona sono aumentati i rischi di una terza Merkel e Draghirecessione dopo il 2009 e il 2011», ha detto. I quesiti aumentano. Perché il presidente della Bce, Mario Draghi, e soprattutto le istituzioni italiane – pubbliche e private – in questi mesi hanno messo l’accento sulla creazione di una bad bank, cioè di un ente che si faccia carico dei crediti deteriorati degli istituti (in Italia hanno superato i 180 miliardi) per ripulire i bilanci e consentire una migliore sopravvivenza del sistema? Perché la principale banca italiana, Intesa Sanpaolo, ha scaricato dal portafoglio 17 miliardi di Btp? Qui rispondere è più facile: hanno ripreso valore e ha guadagnato, la Bce li penalizza e, se la recessione proseguisse, meglio stare leggeri. Perché allora Buonanno lancia questo allarme?
«Mi è stato detto da fonti interne alla Commissione che esiste un documento nel quale si specifica che il prelievo sui conti correnti potrebbe arrivare al 10% delle giacenze», racconta, sostenendo che «in ogni caso la Bce e la Commissione devono smentire se si tratta di una notizia falsa oppure confermarla». Vale la pena di raccontare la storia per intero. Sin dall’anno scorso in sede comunitaria è stato approvato un piano d’azione per la “risoluzione ordinata delle crisi bancarie”, contestuale alla nascita dell’Unione Bancaria. I pilastri sono due. Il primo è il “Single supervisory mechanism” (Ssm), ossia la vigilanza unificata della Bce sulle più importanti banche europee. È stato istituito un organismo, sono state scritte delle regole sui Gianluca Buonannorequisiti minimi di solidità patrimoniale e sono stati condotti gli stess-test che in Italia hanno bocciato Monte dei Paschi e Banca Carige.
Il secondo pilastro è il “Single resolution mechanism” (Srm), ossia il dispositivo per i salvataggi in caso di crisi. La trattativa è stata complicatissima e si è conclusa solo nell’Ecofin di Lussemburgo dello scorso giugno. Come al solito ha vinto la Germania. È, infatti, passato il principio-guida del bail-in , cioè il salvataggio delle banche con mezzi propri. Se le cose vanno male, come accaduto a Cipro, pagano prima gli azionisti (con aumenti di capitale mostruosi) e poi gli obbligazionisti (con una rinegoziazione del debito). Se la situazione non migliorasse, sarebbero i correntisti con depositi oltre i 100.000 euro a rimetterci. È prevista, inoltre, l’istituzione di un fondo unico finanziato dagli Stati membri (che raggiungerà la dotazione di 55 miliardi nel 2024) per tamponare le eventuali carenze di liquidità. È chiaro che i prestiti del fondo andranno comunque restituiti dalle banche con le modalità sopra descritte. I piccoli risparmiatori che volessero chiudere i conti prima che la propria banca fallisca potrebbero dover aspettare almeno 15 giorni fino al 2018. E, comunque, i derivati non si toccano!
Tuttavia, quando si ascoltano le parole del capo economista di Standard & Poor’s, Jean-Michel Six, lo shock è fortissimo: «La ripresa economica ha perso molto slancio e, avvicinandoci al 2015, nell’Eurozona sono aumentati i rischi di una terza Merkel e Draghirecessione dopo il 2009 e il 2011», ha detto. I quesiti aumentano. Perché il presidente della Bce, Mario Draghi, e soprattutto le istituzioni italiane – pubbliche e private – in questi mesi hanno messo l’accento sulla creazione di una bad bank, cioè di un ente che si faccia carico dei crediti deteriorati degli istituti (in Italia hanno superato i 180 miliardi) per ripulire i bilanci e consentire una migliore sopravvivenza del sistema? Perché la principale banca italiana, Intesa Sanpaolo, ha scaricato dal portafoglio 17 miliardi di Btp? Qui rispondere è più facile: hanno ripreso valore e ha guadagnato, la Bce li penalizza e, se la recessione proseguisse, meglio stare leggeri. Perché allora Buonanno lancia questo allarme?
«Mi è stato detto da fonti interne alla Commissione che esiste un documento nel quale si specifica che il prelievo sui conti correnti potrebbe arrivare al 10% delle giacenze», racconta, sostenendo che «in ogni caso la Bce e la Commissione devono smentire se si tratta di una notizia falsa oppure confermarla». Vale la pena di raccontare la storia per intero. Sin dall’anno scorso in sede comunitaria è stato approvato un piano d’azione per la “risoluzione ordinata delle crisi bancarie”, contestuale alla nascita dell’Unione Bancaria. I pilastri sono due. Il primo è il “Single supervisory mechanism” (Ssm), ossia la vigilanza unificata della Bce sulle più importanti banche europee. È stato istituito un organismo, sono state scritte delle regole sui Gianluca Buonannorequisiti minimi di solidità patrimoniale e sono stati condotti gli stess-test che in Italia hanno bocciato Monte dei Paschi e Banca Carige.
Il secondo pilastro è il “Single resolution mechanism” (Srm), ossia il dispositivo per i salvataggi in caso di crisi. La trattativa è stata complicatissima e si è conclusa solo nell’Ecofin di Lussemburgo dello scorso giugno. Come al solito ha vinto la Germania. È, infatti, passato il principio-guida del bail-in , cioè il salvataggio delle banche con mezzi propri. Se le cose vanno male, come accaduto a Cipro, pagano prima gli azionisti (con aumenti di capitale mostruosi) e poi gli obbligazionisti (con una rinegoziazione del debito). Se la situazione non migliorasse, sarebbero i correntisti con depositi oltre i 100.000 euro a rimetterci. È prevista, inoltre, l’istituzione di un fondo unico finanziato dagli Stati membri (che raggiungerà la dotazione di 55 miliardi nel 2024) per tamponare le eventuali carenze di liquidità. È chiaro che i prestiti del fondo andranno comunque restituiti dalle banche con le modalità sopra descritte. I piccoli risparmiatori che volessero chiudere i conti prima che la propria banca fallisca potrebbero dover aspettare almeno 15 giorni fino al 2018. E, comunque, i derivati non si toccano!
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