Non aspirava alla politica del palazzo lui.
Lo ha detto più volte. Ama fare politica in mezzo alla gente e
soprattutto ama parlare. E’ un chiacchierone Matteo Renzi. Lontano da
quella politica stantia di Montecitorio. No, lui è di un’altra pasta. E’
una macchinetta da campagna elettorale, uno che ha lavorato persino
alla legge elettorale al posto del Parlamento. Che importa se, in quel
momento, il suo posto era a Palazzo della Signoria, a Firenze.
Si stava bene li: badava agli interessi
della città e, ogni tanto, siccome è anche telegenico, rilasciava anche
qualche intervista in tv parlando però, della politica di un intero
paese. Renzi è stato visto come il guru della politica di palazzo: lui,
un piccolo sindaco che però aveva parola su tutto. E non uno che si
fosse chiesto “perchè”? Perchè proprio lui, il Sindaco di Firenze?
Però aveva un vantaggio: lui era simpatico.
Con quell’accento fiorentino, con quella moglie precaria della scuola.
Che importa se la sua famiglia ha, di fatto, in mano gran parte
dell’editoria della regione Toscana. Matteo è uno del popolo, sa come
parlare al popolo e quindi preferisce la politica delle piazze. Poi, per
una serie di strane “coincidenze” diventa premier. Certo non ci sarebbe
riuscito se non avesse fatto una serie di mosse strategiche: prima
diventa segretario del PD, poi elabora la legge elettorale e così
campeggia in prima pagina per circa due settimane, poi riesce a portare
dalla sua perfino Re Giorgio e fa scacco matto al delfino Letta proprio
il giorno di San Valentino. That’s amore…
Al Vaticano la mossa del pupo non è piaciuta nemmeno un pò. All’Osservatore Romano e ad Avvenire il teatrino con cui ha architettato il Requiem del premier Enrico Letta
non è piaciuta. Certo questo storcere il naso da parte del Vaticano
Renzi non lo aveva previsto: proprio lui, quello che a Firenze aveva
creato il “cimitero dei feti”. Marco Tarquinio, direttore di Avvenire, è
molto più duro nel suo giudizio: “Non si licenzia un premier per
mettere in croce un Paese intero, per disarmare al buio una maggioranza
di scopo tra distinti e anche (molto) distanti, per azzardare … una
scommessa elettorale”.
Ma oggi arriva la confessione. Lui non voleva.
Non avrebbe mai voluto diventare premier così, senza affrontare
indomito il pericolo di una sconfitta. Anche perchè Matteo sapeva che
avrebbe preso milioni di voti e avrebbe battuto la destra. Quella stessa destra con cui lui spesso
ha dialogato in circostanze anche inopportune: nel 2010 andò ad Arcore e
l’Italia gridò “ce ne ricorderemo”. Nel 2014 è andato a proporre al
condannato Silvio Berlusconi la sua legge elettorale che non teneva
minimamente conto della sentenza della Consulta che aveva già bocciato
il “premio di maggioranza” intimando i legislatori di spingere verso il
proporzionale. No, la proposta di Renzi è molto diversa. Ridurre il
numero di parlamentari e “abbassare”, solo “abbassare” le percentuali
del premio di maggioranza. Ci riesce, grazie al dialogo con la destra,
grazie alle “larghe intese, al dialogo politico”, quello che Renzi ha
sempre sostenuto. Poi toh, arriva la pugnalata di San Valentino che
rottama il terzo premier nel giro di 3 anni. Ha ragione Marco Travaglio:
“Nerone è ancora vivo”. Ma è solo una coincidenza se il pupo diventa
Presidente del Consiglio…
Nessun commento:
Posta un commento