martedì 25 febbraio 2014

IL GOVERNO SPOT

Mentre la scena internazionale è scossa da fortissime tensioni e dal pericolo di una guerra anche nel continente europeo (questione Ucraina) con sviluppi imprevedibili, in Italia va in scena il varo del nuovo governo Renzi, fortemente voluto dai poteri finanziari d’oltre Atlantico, appoggiato da Bruxelles e dalla Merkel, governo questo che viene anticipato rispetto ai tempi previsti in origine, viste le esigenze finanziarie pressanti e le scadenze internazionali. D’altra parte Napolitano è stato irremovibile nel non concedere alcuna possibilità di andare ad elezioni, “i mercati non gradirebbero”, sembra abbia commentato a chi gli proponeva questa eventualità e soprattutto non gradirebbe l’oligarchia di Bruxelles e Francoforte che non contempla la possibilità di un ricorso al voto da parte dei cittadini che potrebbero mettere in questione le politiche di austerità imposte dalla Troika.
Come si è visto il governo di Matteo Renzi, a parte degli Alfano e Lupi che disponevano già del posto prenotato per effetto delle “larghe intese”, si è portato allegramente nella sua compagine tutti i suoi amici e compagne di giochi, tutti giovani freschi e senza esperienza con l’eccezione del ministro dell’economia Padoan, che svolgerà la funzione del “cane da guardia” di Bruxelles nel governo, nonché di qualche uomo delle cooperative, come Poletti messo al ministero del lavoro.
Si vede che Renzi ha lavorato sull’immagine ma viene quasi da ridere a pensare come tutti i ministri giovani, molto attenti all’immagine ma che non conoscono per nulla l’enorme macchina burocratica dello Stato, siano proprio loro chiamati a riformare uno Stato che è da decenni ostaggio bloccato dall’apparato delle super burocrazie, dei direttori generali, dei capi gabinetto, dirigenti pubblici strapagati, organismi come il Consiglio di Stato o la Corte Costituzionale, Corte di Cassazione, sempre pronti a bloccare qualsiasi riforma che leda i propri interessi e quelli dell’apparato pubblico di cui fanno tutti parte.
D’altra parte il governo del giovane Matteo Renzi sicuramente sa di non potersi neanche muovere a livello economico visto che è un governo, come gli altri, totalmente subordinato alle direttive di Bruxelles e Francoforte che deve chiedere soldi in prestito alle banche private per fare qualsiasi cosa, dal pagamento dei paurosi debiti contratti dalle Regioni a quelli dell’INPS, delle amministrazioni di grandi comuni come Roma o Napoli, a quelli del sistema sanitario, del sistema scolastico, nonché per pagare gli 80 miliardi annuali di interessi sul debito.
Allora è facile indovinare che Renzi si vorrà dedicare piuttosto alle riforma che non presentano costi eccessivi come la riforma del diritto del lavoro per rendere più snelli e flessibili i contratti di lavoro in ottemperanza ai mercati globali, alle grandi “questioni di principio” come quella dello “ius soli”, al tema delle coppie gay e tante altre di queste questioni che serviranno a distrarre l’opinione pubblica e a non dare la sensazione che il paese affondi ed il governo non sia in grado di risolvere alcun problema, dato che si è già dichiarato che continueranno con le solite ricette neoliberiste e con l’osservanza del dogma dell’euro che sta portando al disastro l’Italia e tanti altri paesi del Sud Europa in particolare.
Renzi e i suoi ministri, come tutti i personaggi di facciata, dovranno limitarsi ad attuare le direttive che gli saranno imposte ed a passare la palla al loro ministro per l’economia ed ai super burocrati dell’apparato statale poiché, a qualsiasi provvedimento del governo, deve corrispondere un decreto attuativo che i “ragazzi” al governo non sarebbero neanche in grado di scrivere. Si spera soltanto che, qualora investiti da qualche grave problema, non rispondano come fece ad esempio la Lorenzin, ministro della sanità con Letta, riconfermata anche con Renzi, la quale, di fronte alla questione dell’epidemia di casi tumorali esplosa nella “terra dei fuochi”, ebbe a dichiarare: “dipende dallo stile di vita delle popolazioni”.
Certamente Renzi nonostante l’appoggio della finanza e delle banche, rischia di bruciarsi come un cavallo buttato nella corsa ad ostacoli senza essere né allenato a correre né a riconoscere gli ostacoli e per di più non legittimato da un voto popolare. Il contesto tuttavia è divenuto molto serio e drammatico con una crisi che ha già bruciato il 25% della capacità industriale di questo paese ed ha azzerato il 9% circa del PIL, ossia della ricchezza prodotta, con un numero record di disoccupati ed un impoverimento generalizzato di ampi strati sociali.
Una situazione che richiederebbe un cambio di ricette economiche in Europa come viene affermato e scritto ormai da tutti i più qualificati economisti e premi nobel ma che testardamente i politici di area PD (ed alleati) si ostinano a non considerare, essendosi totalmente legati al neoliberismo ed agli interessi del cartello bancario. Continueranno a sostenere che la causa della crisi viene dall’evasione fiscale (quella del meccanico, del parrucchiere, dell’artigiano, del bottegaio, ecc.) evitando di guardare ai loro amici come palazzinari (vedi il caso dell’Armellini a Roma) o alle multinazionali protette (quelle del gioco ad esempio) o delle banche. Seguiranno a raccontare che sia il debito pubblico il problema e non l’euro che ci impoverisce e che le riforme saranno il toccasana per rilanciare l’economia.
L’impressione è quella che il tempo sia ormai scaduto, che inizi a manifestarsi sempre più una repulsione verso questa classe politica al servizio di interessi esterni, che presto questa politica dei “personaggi di facciata”, tutta immagine e poca sostanza, sia inadeguata ad affrontare i tempi duri e le prove drammatiche che attendono questo paese.

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