«Euro? No, grazie». Gli italiani – in maggioranza, ormai – bocciano
la moneta unica europea. Lo rivela un sondaggio proposto da “Scenari economici”
a un campione di 2.400 persone, che include ogni categoria sociale e
produttiva, da nord a sud, e tutte le principli fasce di età. Contro
l’euro soprattutto il settentrione e gli elettori del centrodestra e del
“Movimento 5 Stelle”, compresi fra i 30 e 59 anni: operai, casalinghe,
disoccupati, artigiani e lavoratori autonomi. Cioè l’Italia che – più di
ogni altra – subisce la devastazione socio-economica della grande
recessione: tagli ai salari e alle pensioni, enti locali senza più soldi per scuola, sanità e assistenza, crisi del
credito e dei consumi, fatturati a picco, chiusure e licenziamenti,
erosione dei risparmi, inaudito inasprimento fiscale. Risultato: a pochi
mesi dalle europee, il partito “No-Euro” raccoglie già il 24% di voti
“sicuri”, mentre un altro 32% ammette: «Prenderei in considerazione
l’ipotesi di votarlo». Il restante 44%, quello dei “fedeli” alla moneta
della Bce, corrisponde alla roccaforte storica del centrosinistra,
quella delle regioni “rosse”.
“Scenari economici” mostra l’inesorabile progressione
dell’opposizione all’euro: ad aprile 2013, il centrodestra era schierato
al 68% contro la moneta di
Francoforte, mentre a ottobre la quota dei contrari è salita al 76%.
Percentuali analoghe a quelle dei “grillini”, mentre il centro – Monti e
Casini – resta ancorato alla valuta della Bce, anche se in modo più
tiepido (dal 94 si passa all’83%), mentre il consenso verso l’euro
cresce solo nel centrosinistra, che passa dall’89 al 90%. La bocciatura
dell’euro diventa definitiva nella terza tornata di sondaggi, effettuata
lo scorso dicembre. Un italiano su due (il 49%) si dichiara «favorevole
alla reintroduzione di una valuta nazionale al posto dell’euro».
Da quando la repubblica italiana ha perso il
suo “bancomat” istituzionale, la Banca d’Italia, come finanziatrice
“illimitata” del governo, attraverso il Tesoro, grazie alla
“privatizzazione” del debito.
Poi, con l’euro, il definitivo ko: l’impossibilità tecnica di risalire
la china, emettendo moneta come fa il resto del mondo, fino al
caso-limite del Giappone il cui debito raggiunge il 250% del Pil senza
timore di attacchi speculativi: gli “squali” sanno benissimo che la
banca centrale di Tokyo sarebbe in grado in qualsiasi momento di
sostenere il debito con emissione di valuta sovrana a costo zero.
All’Italia invece è stata inferta la peggiore delle terapie: tagli! col pretesto neoliberista di dover eliminare il debito,
fino alla tagliola del Fiscal Compact e al delirio puro del pareggio di
bilancio inserito in Costituzione dalle “anime morte” del Parlamento.
Risultato finale, meno servizi e più tasse: senza più disponibilità monetaria, lo Stato è costretto a dipendere dal denaro che riceve dai cittadini, sotto forma di imposte e bollette.
Silenzio totale, sull’euro, anche da Confindustria e dagli stessi sindacati: nessuna soluzione alternativa, nessuna proposta. Micidiale, su questo fronte, il black-out dei giornali e televisioni, l’euro è stato un sostanziale tabù, un
dogma intoccabile.Il grande silenzio ha allineato tutti i partiti, a cominciare
dal Pd, mentre l’ostilità verso l’euro affiora a tratti nella “pancia”
del centrodestra e tra i grillini, anche se Grillo – anche nel V-Day di
Genova – sulla moneta unica si è limitato a proporre un semplice
referendum. La rilevazione di dicembre effettuata da “Scenari economici”
parla da sola: l’euro “resiste” solo nel centrosinistra e viene
travolto sia dal centrodestra (77%) che dal M5S (73%) e dall’area del
non-voto (58%). Il partito virtuale No-Euro vince al nord con 8 punti di
scarto e al centro-sud con 4 punti, mentre nelle “regioni rosse” si
ferma al 43%, contro un 50% di “fedelissimi” pro-euro. In caso di
elezioni, se ci fosse «una formazione fortemente anti-euro», Forza
Italia potrebbe perdere quasi l’8% dei suoi elettori (e Grillo il 6,7%),
mentre centro e centrosinistra manterrebbero quasi invariato il proprio
bottino elettorale. A conti fatti, già oggi una lista anti-euro
varrebbe almeno il 24% dei consensi – un italiano su quattro.
Le elezioni europee – maggio 2014 – potrebbero rivelarsi un vero e
proprio referendum sull’attuale Unione Europea a guida tedesca e sul suo
strumento principale di potere, l’Eurozona: «Sovranità monetaria,
svalutazione, parametri di Maastricht, Fiscal Compact, politiche di
austerity, vincoli di bilancio e rapporti con la Germania, saranno temi che verranno discussi ed approfonditi
durante la campagna elettorale, e molti cittadini potrebbero votare in
modo diverso rispetto ad una consultazione per il Parlamento italiano».
Cresce il desiderio di tornare alla sovranità monetaria, individuata
come toccasana per difendere il bilancio statale e quindi il benessere
della comunità nazionale: il ritorno a una lira garantita dalla Banca
d’Italia piace «non solo tra gli elettori del centrodestra e del
“Movimento a 5 Stelle”, ma anche nell’area degli indecisi e del
non-voto». A favore della “permanenza nell’euro” resta invece
«granitico» l’elettorato del Pd, e a livello di categorie i favorevoli
alla moneta “ammazza-Italia” «sono maggioritari unicamente tra
pensionati e dipendenti pubblici».
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