La
complessità del mondo – passato dall’illusione che la “globalizzazione”
fosse irreversibile alla dura realtà della “competizione” tra
macro-aree continentali – è dura da spiegare e, per molto, persino da
accettare. Il che implica l’impossibilità di capire e il rifugiarsi in
vecchie visioni superate dai fatti.
Accade
persino a molti che si considerano “comunisti”, alcuni addirittura
“marxisti”, impegnatissimi a ripetere formule verbali il cui contenuto è
frattempo cambiato radicalmente. In altre parole: quelle formule sono
talmente generali da descrivere quasi tutte le situazioni storiche
differenti da oltre un secolo a questa parte. Ma per fare politica
rivoluzionaria occorre fare “l’analisi concreta della situazione
concreta”, e dunque “vedere” la realtà e la sua attuale relazione con le “categorie”.
Per dare invece un quadro reale della situazione preferiamo proporvi questo lungo articolo publicato su Handelsblatt – l’equivalente tedesco de IlSole24Ore
– a proposito della guerra del 5G. Che non è affatto, come narrato dai
miserabili media italici, uno scontro tra Usa e Cina, ma un conflitto
più complicato in cui l’Unione Europea (che non è “l’Europa””, ma
un’istituzione politico-amministrativa sottratta al processo
democratico) vorrebbe giocare in proprio come terzo competitor.
Gli
appassionati di linguistica troveranno certamente interessante il fatto
che in Germania si parli tranquillamente, per esempio, di “sovranità
digitale”, in barba ai tabù seminati su questa parola qui in Italia. In fondo “sovranità” significa soltanto “chi detiene il potere esclusivo senza dipendere da nessun altro”. E non ci sembra che una “patria europea sovrana e imperialista” possa essere diversa o migliore – politicamente e socialmente – di una “patria nazionale” iscritta nello stesso modello economico.
Godetevi
però questa descrizione delle preoccupazioni “sovraniste” che agitano
l’imprenditoria tedesca e francese, pressata dalla invadenza
statunitense e dalla superiorità tecnologica cinese. Con i
ringraziamenti a Monia Guidi per la segnalazione e la traduzione.
*****
La sfida degli USA a Huawei
Il governo americano alla Conferenza sulla sicurezza di
Monaco annuncia un’offensiva politico-industriale per scacciare la
tecnologia di rete cinese dai mercati occidentali. Intanto gli europei
perseguono l’autonomia.
Nel
dibattito sulla costruzione della rete di telefonia mobile 5G gli USA
per lungo tempo si sono limitati a dire no: no a Huawei e ad altri
fornitori “altamente rischiosi”, no alla collaborazione con la Cina
nella costruzione dell’infrastruttura del futuro digitale. Ma dire no
non basta se gli Stati democratici vogliono tenere il passo nel processo
di digitalizzazione. Washington lo ha capito.
Alla
Conferenza di Monaco sulla sicurezza gli USA hanno annunciato una
offensiva di politica industriale per rafforzare la concorrenzialità dei
costruttori di reti occidentali contro la dominatrice del mercato,
Huawei.
Gli
americani hanno perso il treno dello sviluppo del 5G, come essi stessi
ammettono a bassa voce. Adesso vogliono recuperare questo ritardo
assieme all’Europa.
La
politica tecnologica a Monaco non è mai stata così al centro
dell’attenzione come quest’anno. Il dibattito sul 5G è diventato il
punto di coagulazione della contrapposizione geopolitica fra gli USA e
la rivale emergente Cina. Ciò che gli americano hanno schizzato a Monaco
non è altro che una strategia Rollback per l’era digitale.
Durante la guerra fredda è stato battezzato Rollback il tentativo degli USA di far regredire la sfera di influenza sovietica.
L’iniziativa
sul 5G degli USA non viene condotta solo dal presidente Donald Trump e
dai suoi amici di partito repubblicani, bensì anche dai democratici del
Congresso.
Lindsey
Graham, uno dei repubblicani più influenti al Senato ha formulato la
situazione così: il capo dell’opposizione, Nancy Pelosi e Trump non
hanno “niente in comune politicamente”. Però nella questione Huawei i
due sono completamente d’accordo.
Infatti
le parole di Pelosi a proposito del dibattito sul 5G sono di una
causticità che in Europa generalmente viene ascritta solo al governo
Trump. Nelle sue affermazioni la decisione a favore o contro la
tecnologia Huawei avrebbe il significato di una scelta fra
“autoritarismo e democrazia”; America ed Europa, con uno sforzo comune,
dovrebbero promuovere una “internazionalizzazione dell’infrastruttura
digitale che non rafforzi l’autocrazia”.
Nel
porre le nuove fondamenta dell’economia digitale non si dovrebbero fare
compromessi – questo è stato il messaggio centrale della delegazione
USA.
Sia
il ministro degli esteri, Mike Pompeo, che il capo del Pentagono, Mark
Esper, hanno messo in chiaro cosa ciò significhi: nessun componente
cinese nella rete 5G. “Se non ci riesce di raggiungere l’unità nella
questione del 5G, la nostra collaborazione futura ne sarà inficiata –
anche quella militare”, ha detto l’ex alto diplomatico statunitense
Nicholas Burns all’Handelsblatt. Per il ministro della difesa, Esper,
c’è in gioco addirittura il futuro della NATO.
“Se
non comprendiamo la minaccia e se perciò non facciamo nulla contro di
essa” ha detto in un discorso, “questa alla fine potrebbe mettere in
pericolo l’alleanza di maggior successo della storia, la NATO”.
Le
preoccupazioni americane non sono campate in aria: il presidente della
Cina, Xi Jiping, ha annunciato l’obiettivo di acquisire il dominio dello
spazio cibernetico. A questo scopo il sostegno alle compagnie
tecnologiche cinesi gioca un ruolo importante.
A
Monaco hanno ammonito sui rischi anche esperti della sicurezza. Sandra
Joyce, dirigente di Fire-Eye, una fornitrice di sistemi di protezione
contro attacchi cibernetici, ha detto all’Handelsblatt: “Abbiamo
scoperto malware cinesi in programmi di messaggistica di Telecom: hacker
cinesi hanno dunque potuto co-leggere dei messaggi”.
Tuttavia
Huawei respinge l’accusa di fungere da strumento delle ambizioni di
potenza cinese come assurda. La compagnia è assurta a leader di mercato
nell’ambito delle tecnologie di rete – anche in Germania.
Le
reti di telefonia mobile delle tre grandi fornitrici di servizi di
telefonia, Deutsche Telekom, Vodafone e Telefonica, poggiano in maniera
decisiva su componenti Huawei. Anche nella costruzione della rete 5G le
tre azienda lavorano assieme ai cinesi.
Offensiva in due tempi
L’offensiva
tecnologica con la quale gli USA vogliono respingere Huawei consiste di
due fasi: in un primo momento Washington aiuterà altri Stati a
costruire un’infrastruttura di telecomunicazione che si appoggi solo su “
fornitrici affidabili”. Sono da annoverare fra queste le imprese
scandinave Ericsson e Nokia e la compagnia sud-coreana Samsung.
Come
strumenti di sostegno per l’acquisizione di tecnologie 5G occidentali
Washington vuole usare la Development Finanace Corporation (DFC) e la
Export-Improt Banc. I finanziamenti della DFC si rivolgono a paesi in
via di sviluppo, i crediti della Export-Import Banc possono essere
concessi anche a paesi emergenti e a stati con livelli di reddito medio.
Attraverso
questo strumento però devono essere anche sostenute imprese
tecnologiche statunitensi, per esempio Cisco, che opera in un segmento
parziale del mercato 5G.
Contemporaneamente
alcuni senatori dei due partiti hanno presentato un progetto di legge
per la creazione di un fondo d’investimento che dovrebbe aiutare gli
stati che vogliono costruire una rete 5G senza componenti Huawei.
I
cinesi rimproverano agli americani di promuovere le loro tecnologie di
rete con crediti a basso costo distorsivi del mercato (tassi dello 0%,
scadenza a 20 anni). Gli USA adesso vogliono colmare lo svantaggio
competitivo delle aziende occidentali.
Un
ingresso diretto degli americani in Ericsson e Nokia, come propugnato
poco tempo fa dal ministro della giustizia statunitense, William Barr,
non è più in agenda. “Il governo statunitense non entrerà direttamente
in Nokia ed Ericsson”, ha detto l’incaricato speciale alle politiche
delle telecomunicazioni, Robert Blair, all’Handelsblatt.
Nella
seconda fase dell’offensiva 5G americana Washington vuole
riconquistare, assieme a compagnie di Software e a fornitrici di
hardware, il primato tecnologico nella telefonia mobile. Anche in questo
caso gli USA sottolineano di voler collaborare strettamente con imprese
europee.
Dietro
ciò c’è la convinzione che il 5G raggiungerà il suo pieno potenziale
solo fra qualche anno. Solo allora alcune visioni tecnologiche, come
auto senza conducente e fabbriche completamente automatizzate,
diverranno realtà.
Costruire
“un ecosistema di software e hardware poliedrico e basato sui valori” –
questo è l’obiettivo degli americani per “la prossima generazione di
5G” e la loro proposta agli europei.
Tuttavia
la reazione europea alle avances americane a Monaco è stata contenuta.
Riserve contro Huawei in realtà ci sono anche in Europa. Tuttavia la
campagna anti-cinese degli USA a Berlino, Bruxelles e Parigi è ritenuta
esagerata persino per coloro che sono critici verso Huawei.
La
reazione alle aspirazioni di potenza cinese non dovrebbe condurre ad
una nuova guerra fredda, è stato detto. Gli europei perciò puntano sul
rafforzamento della loro autonomia tecnologica.
Il
Ministero degli esteri sta preparando una nuova iniziativa per la
seconda metà dell’anno: “Vogliamo porre il tema della sovranità digitale
in cima all’agenda del Consiglio dell’Unione europea durante la
presidenza tedesca”, è stato affermato a Monaco dalla delegazione
tedesca; il mondo digitale fin’ora avrebbe avuto due poli “un modello
orientato alla massimizzazione dei profitti nella Silicon Valley e un
modello repressivo a Pechino”.
Il
Ministero degli esteri chiede: “l’Europa deve offrire un terzo modello
suo proprio. Per questo dobbiamo rafforzare il settore tecnologico
europeo”.
Sostegno
arriva dai Verdi: “ci occorre una strategia europea per le
infrastrutture critiche e un percorso europeo autoconsapevole verso
l’era digitale”, ha detto all’Handelsblatt la leader dei Verdi, Annalena
Baerbock. “Con gli americani ci sono importanti convergenze di
interessi, ma noi dovremmo porre nostri standard”.
Il
tema 5G è stato discusso anche durante una colazione di politici
tedeschi con il presidente francese Emmanuel Macron. Macron ha mostrato
la sua approvazione per la fondazione di un consorzio 5G europeo; la
cancelliera Angela Merkel, che pure vuole approfondire la cooperazione
economica con la Cina, si è aperta lentamente a tale proposito.
La
scorsa settimana si è incontrata nel palazzo del cancellierato con i
capi di Ericssom e Nokia. Anche Deutsche Telekom è pronta a ridurre la
sua dipendenza dalla Cina. “Useremmo molto volentieri le tecnologie di
Nokia ed Ericsson” ha detto il presidente di Telekom, Thomas Kremer,
all’Handelsblatt. “Ma noi dobbiamo anche guardare da dove ricevono i
loro componenti le due aziende, cioè dalla Cina. Perciò dobbiamo fare in
modo che anche i componenti vengano costruiti in Europa”.
Gli
sforzi per il rafforzamento della sovranità europea, e con ciò per
tenere a distanza non solo la Cina, ma anche gli USA, hanno a che fare
con il fatto che il governo USA in altri campi della politica economica
tratta l’Europa come antagonista.
Così
gli americani, venerdì, hanno aumentato i dazi sugli aerei europei dal
10 al 15 percento – e con ciò hanno rafforzato i dubbi da parte europea
sul fatto che a loro interessi veramente una genuina cooperazione.
“Molta fiducia è andata persa”, si lamentano atlantisti come Burns,
“perciò ci risulta così difficile reagire all’ascesa a potenza cinese”.
Decadenza tecnologica
Che
gli USA finora non abbiano sviluppato alcuna alternativa tecnologica a
Huawei, e che perciò puntino sul know-how europeo, si spiega con la
decadenza della loro produzione di apparecchiature per le
telecomunicazioni.
Alla
fine degli anni ‘90 imprese come Lucent, Motorola e la canadese Nortel
erano le più innovative e le prime sul mercato. Tutte e tre attualmente
sono scomparse. Lucent si è dapprima fusa con la francese Alcatel e poi è
stata venduta a Nokia. Anche l’attività di Motorola nelle
infrastrutture per le telecomunicazioni è finita alla compagnia
finlandese, che inoltre ha acquisito il comparto Siemens corrispondente.
Nortel nel 2009 ha addirittura dovuto dichiarare fallimento e ha
venduto il comparto di telefonia mobile a Ericsson.
Corresponsabile della decadenza delle produttrici americane di apparecchiature per le telecomunicazioni è stata la liberalizzazione del
mercato statunitense a metà degli anni ‘90. Questo ha messo sotto
pressione i guadagni delle principali aziende sul mercato, cosicché
compagnie come Lucent hanno cercato la loro salvezza in Cina.
Là
al momento dell’ingresso nel mercato hanno dovuto rivelare il loro
know-how tecnologico. Di ciò si è avvantaggiata non da ultima l’impresa
Huawei.
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