La foglia di fico è sempre la stessa, e quando la mettono si
aspettano persino l’applauso: «Contenere il consumo del suolo». C’è
scritto questo nella sanatoria delle mansarde, che la Regione Lazio sta
prorogando da otto anni a questa parte, e c’è scritto questo pure nella
sanatoria delle cantine, fresca di pubblicazione sul bollettino
ufficiale della Regione Abruzzo. Avete capito bene: le cantine. Chi non
sottoscriverebbe una legge regionale sul «Contenimento del consumo del
suolo attraverso il recupero dei vani e locali del patrimonio edilizio
esistente»?
Leggendo il titolo si potrebbe immaginare un provvedimento per favorire il riuso degli immobili abbandonati, spesso così belli da lasciare senza fiato, dei quali l’Italia è piena. Prima però di aver scorso il testo, scoprendo che delimita invece quel recupero ai «vani e locali seminterrati » da destinare «a uso residenziale, direzionale, commerciale o artigianale ». Ma non religioso: sia chiaro. Perché la sanatoria delle cantine decretata dalla Regione Abruzzo esclude invece espressamente, all’articolo 3, la possibilità di cambiare la destinazione d’uso dei seminterrati «per la trasformazione in luoghi di culto».
Insomma, fateci tutto, anche un bed & breakfast (non è forse attività residenziale?). Tranne che una moschea. Certo, per ottenere questo curioso condono (termine che di sicuro i proponenti rigetteranno sdegnati) bisognerà pagare gli «oneri concessori”. Se però l’intervento riguarda la prima casa è previsto uno sconto del 30 per cento. Va pure da sé che i locali debbano avere determinate caratteristiche. Per farci abitare gli esseri umani sono necessari impianti di “aero- illuminazione” (testuale nella legge) e l’altezza dei locali non può essere inferiore a due metri e quaranta. Ma a trovarle, cantine così alte… Niente paura. Anche in questo caso la legge della Regione Abruzzo offre una elegante scappatoia. Eccola: «Ai fini del raggiungimento dell’altezza minima è consentito effettuare la rimozione di eventuali controsoffittature, l’abbassamento del pavimento o l’innalzamento del solaio sovrastante ».
Il vostro scantinato tocca a malapena uno e novanta? Niente paura: scavate un altro mezzo metro o alzate il solaio di cinquanta centimetri. Sempre rispettando «le norme antisismiche », però. Dopo quello che è successo in Abruzzo, è il minimo. Già… Ma colpisce che nemmeno il terremoto sia stato capace di frenare lo stillicidio delle sanatorie. Anzi. Qualche mese fa c’è stato chi ha rivelato che i contributi pubblici per il sisma non avrebbero discriminato le case abusive. Suscitando la reazione risentita delle strutture commissariali, anche se nessuna smentita ha potuto cambiare la realtà dei fatti: per ottenere i denari statali è sufficiente autocertificare che l’abitazione andata distrutta non era interamente abusiva. E poi presentare domanda di sanatoria. La prova, se ce ne fosse ancora il bisogno, che abusivismo e condoni se ne infischiano anche delle scosse telluriche del settimo grado.
Il vecchio caro condono edilizio ha così pian piano cambiato pelle. Sbarrata la strada in parlamento, si è aperto la via nelle pieghe delle leggi regionali assumendo le forme più subdole e creative. Non soltanto per i sottotetti, come nel Lazio e in Lombardia (Regione che ha deliberato anch’essa il salvataggio delle mansarde), o per le cantine, come in Abruzzo. Emblematico è il caso della Campania, dove il consiglio regionale ha appena sfornato una legge per l’adozione di «linee guida per supportare gli enti locali che intendono azionare misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi».
Tradotto dal burocratese, sono le direttive alle quali si devono attenere i Comuni per evitare di buttare giù le costruzioni illegali. Per esempio, si deve valutare «il prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizione». Come pure tenere debitamente conto dei «criteri per la valutazione del non contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico ». E che dire dei «criteri di determinazione del requisito soggettivo di ‘occupante per necessità»? Ecco dunque gli abusivi per bisogno, quella figura mitica capace di spazzare via ogni tabù ambientale con relativo senso di colpa. In Campania sono il corpo elettorale fra i più consistenti e la tentazione di grattargli la pancia, tipica di certa destra, ha ormai fatto breccia anche presso certa sinistra.
I Verdi hanno adesso chiesto al governo di Paolo Gentiloni di impugnare la legge votata dalla Regione governata dal suo compagno di partito Vincenzo De Luca e di stroncare insieme anche la sanatoria delle cantine che ha fatto breccia nel cuore dell’Abruzzo presieduto da un altro dem: Luciano D’Alfonso. Arduo prevedere con quali speranze di successo. Probabilmente non più di quante ne abbiano gli oppositori di una recentissima leggina della Regione Sardegna, ora governata dal centrosinistra di Francesco Pigliaru, per bloccare la possibile invasione delle coste dell’isola con bungalow e casette di legno.
Nel provvedimento sul turismo è spuntata infatti la possibilità per i camping isolani di piazzare costruzioni mobili (ma nella versione iniziale erano ammesse anche nella versione non amovibile) al fine di «soddisfare esigenze di carattere turistico». Le quali, precisa il disegno di legge, «non costituiscono attività rilevante ai fini urbanistici ed edilizi».
Sono quindi case vere e proprie, ma è come se non lo fossero. Bisogna ricordare che questa non è una novità assoluta. Anche in precedenza le leggi regionali consentivano di impiantare strutture del genere nei camping. Ma all’inizio non si poteva superare il 25 per cento della capacità ricettiva di un campeggio. Poi si è saliti al 40. E ora al 45. Arrivare al 100, di questo passo, sarà uno scherzo…
Leggendo il titolo si potrebbe immaginare un provvedimento per favorire il riuso degli immobili abbandonati, spesso così belli da lasciare senza fiato, dei quali l’Italia è piena. Prima però di aver scorso il testo, scoprendo che delimita invece quel recupero ai «vani e locali seminterrati » da destinare «a uso residenziale, direzionale, commerciale o artigianale ». Ma non religioso: sia chiaro. Perché la sanatoria delle cantine decretata dalla Regione Abruzzo esclude invece espressamente, all’articolo 3, la possibilità di cambiare la destinazione d’uso dei seminterrati «per la trasformazione in luoghi di culto».
Insomma, fateci tutto, anche un bed & breakfast (non è forse attività residenziale?). Tranne che una moschea. Certo, per ottenere questo curioso condono (termine che di sicuro i proponenti rigetteranno sdegnati) bisognerà pagare gli «oneri concessori”. Se però l’intervento riguarda la prima casa è previsto uno sconto del 30 per cento. Va pure da sé che i locali debbano avere determinate caratteristiche. Per farci abitare gli esseri umani sono necessari impianti di “aero- illuminazione” (testuale nella legge) e l’altezza dei locali non può essere inferiore a due metri e quaranta. Ma a trovarle, cantine così alte… Niente paura. Anche in questo caso la legge della Regione Abruzzo offre una elegante scappatoia. Eccola: «Ai fini del raggiungimento dell’altezza minima è consentito effettuare la rimozione di eventuali controsoffittature, l’abbassamento del pavimento o l’innalzamento del solaio sovrastante ».
Il vostro scantinato tocca a malapena uno e novanta? Niente paura: scavate un altro mezzo metro o alzate il solaio di cinquanta centimetri. Sempre rispettando «le norme antisismiche », però. Dopo quello che è successo in Abruzzo, è il minimo. Già… Ma colpisce che nemmeno il terremoto sia stato capace di frenare lo stillicidio delle sanatorie. Anzi. Qualche mese fa c’è stato chi ha rivelato che i contributi pubblici per il sisma non avrebbero discriminato le case abusive. Suscitando la reazione risentita delle strutture commissariali, anche se nessuna smentita ha potuto cambiare la realtà dei fatti: per ottenere i denari statali è sufficiente autocertificare che l’abitazione andata distrutta non era interamente abusiva. E poi presentare domanda di sanatoria. La prova, se ce ne fosse ancora il bisogno, che abusivismo e condoni se ne infischiano anche delle scosse telluriche del settimo grado.
Il vecchio caro condono edilizio ha così pian piano cambiato pelle. Sbarrata la strada in parlamento, si è aperto la via nelle pieghe delle leggi regionali assumendo le forme più subdole e creative. Non soltanto per i sottotetti, come nel Lazio e in Lombardia (Regione che ha deliberato anch’essa il salvataggio delle mansarde), o per le cantine, come in Abruzzo. Emblematico è il caso della Campania, dove il consiglio regionale ha appena sfornato una legge per l’adozione di «linee guida per supportare gli enti locali che intendono azionare misure alternative alla demolizione degli immobili abusivi».
Tradotto dal burocratese, sono le direttive alle quali si devono attenere i Comuni per evitare di buttare giù le costruzioni illegali. Per esempio, si deve valutare «il prevalente interesse pubblico rispetto alla demolizione». Come pure tenere debitamente conto dei «criteri per la valutazione del non contrasto dell’opera con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico ». E che dire dei «criteri di determinazione del requisito soggettivo di ‘occupante per necessità»? Ecco dunque gli abusivi per bisogno, quella figura mitica capace di spazzare via ogni tabù ambientale con relativo senso di colpa. In Campania sono il corpo elettorale fra i più consistenti e la tentazione di grattargli la pancia, tipica di certa destra, ha ormai fatto breccia anche presso certa sinistra.
I Verdi hanno adesso chiesto al governo di Paolo Gentiloni di impugnare la legge votata dalla Regione governata dal suo compagno di partito Vincenzo De Luca e di stroncare insieme anche la sanatoria delle cantine che ha fatto breccia nel cuore dell’Abruzzo presieduto da un altro dem: Luciano D’Alfonso. Arduo prevedere con quali speranze di successo. Probabilmente non più di quante ne abbiano gli oppositori di una recentissima leggina della Regione Sardegna, ora governata dal centrosinistra di Francesco Pigliaru, per bloccare la possibile invasione delle coste dell’isola con bungalow e casette di legno.
Nel provvedimento sul turismo è spuntata infatti la possibilità per i camping isolani di piazzare costruzioni mobili (ma nella versione iniziale erano ammesse anche nella versione non amovibile) al fine di «soddisfare esigenze di carattere turistico». Le quali, precisa il disegno di legge, «non costituiscono attività rilevante ai fini urbanistici ed edilizi».
Sono quindi case vere e proprie, ma è come se non lo fossero. Bisogna ricordare che questa non è una novità assoluta. Anche in precedenza le leggi regionali consentivano di impiantare strutture del genere nei camping. Ma all’inizio non si poteva superare il 25 per cento della capacità ricettiva di un campeggio. Poi si è saliti al 40. E ora al 45. Arrivare al 100, di questo passo, sarà uno scherzo…
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