mercoledì 25 gennaio 2017

PAESE PUÒ LASCIARE L’EUROZONA, MA DEVE PRIMA “PAGARE IL CONTO”

Meno di 4 anni fa, e poco dopo la famigerata minaccia agli speculatori del “whatever it takes“, Mario Draghi rispondeva a una domanda dei lettori di Zero Hedge, affermando che “non esiste un piano B” per quel che riguardava i piani di emergenza nel caso una nazione della zona euro uscisse dall’unione monetaria. Il ragionamento era semplice: concepire un tale scenario significava ammettere la possibilità che si verificasse, ed è per questo che la BCE voleva disperatamente dare l’impressione che la coesione dell’Europa fosse indistruttibile, a qualsiasi costo.
Facciamo un veloce passo avanti a quattro anni dopo, quando non solo questa particolare strategia è stata completamente rigettata, ma per la prima volta il Governatore della BCE ha fornito un quadro, per quanto vago, che mostra cosa potrebbe accadere in caso di Exit.
In una lettera a due deputati italiani al Parlamento europeo pubblicata venerdì, e riportata per la prima volta da Reuters, Mario Draghi ha ammesso che un paese potrebbe uscire dalla zona euro – e questo è quanto per il suo “non esiste un Piano B” – ma prima di chiudere dovrebbe saldare i debiti col sistema di pagamenti Target2 dell’eurozona.
“Se un paese dovesse lasciare l’Eurosistema, i crediti o le passività della sua banca centrale nazionale verso la BCE dovrebbero essere risolti in toto“, ha detto Draghi nella lettera, senza specificare in quale valuta dovrebbe aver luogo la “liquidazione”. Non è chiaro nemmeno quale sarebbe la reazione della BCE se un paese non “regolasse integralmente i suoi conti”: in definitiva, la BCE non dispone di un esercito che garantisca il rispetto delle sue politiche.
Come conferma Reuters, il commento di Draghi costituisce “un vago riferimento da parte del Governatore della BCE alla possibilità che l’eurozona perda dei membri“. Noi diremmo non solo un “riferimento”, ma l’ammissione che un’Italexit è fin troppo possibile, e che tuttavia l’unico modo in cui la BCE lo permetterebbe sarebbe quello di far prima pagare all’Italia il suo conto Target2 di 357 miliardi di euro (sul quale diversi sprovveduti professori di economia hanno sostenuto negli ultimi 5 anni che non sarebbe mai stato utilizzato dalla BCE come merce di scambio nei negoziati sull'”exit” e che non ha implicazioni politiche; oops).
A dire il vero, il beneficiario di questo pagamento sarebbe il paese che fa più affidamento sul persistere dello status quo: la Germania, che ha qualcosa come 754 miliardi di euro di “attività” nel sistema Target2, che potrebbero essere azzerate se uno o più paesi della zona euro dovessero uscire senza soddisfare i propri obblighi di pagamento.
Nella lettera, Draghi ha ribadito che gli squilibri sono dovuti al ​​programma di acquisto titoli della BCE, nel quale molti dei venditori sono investitori stranieri con conti in Germania, e al conseguente riequilibrio dei portafogli.
L’ammissione di Draghi che il “QuItaly” – o UscIta come è chiamata all’interno del paese – è una possibilità fin troppo reale, coincide con un’ondata di sentimenti anti-euro in Italia e in altri stati dell’eurozona, alimentati in parte dalla decisione senza precedenti della Gran Bretagna nel giugno scorso di lasciare l’Unione europea.
La minaccia di default sui debiti transfrontalieri è stata spesso ritenuta un elemento di coesione della zona euro durante la crisi finanziaria. Poiché questi pagamenti generalmente non sono saldati, le economie più deboli, tra cui l’Italia, la Spagna e la Grecia, hanno accumulato enormi debiti verso Target2, mentre la Germania si distingue come il più grande creditore, con crediti netti per 754,1 miliardi di euro.
Gli squilibri Target2 sono peggiorati negli ultimi mesi, quando l’economista di Harvard Carmen Reinhart ha lanciato l’allarme su una fuga di capitali dall’Italia. Lo si può vedere nel grafico sottostante, il quale conferma come sotto la calma apparente dei bassi rendimenti dei titoli italiani – anche se recentemente risultano in crescita – si stanno accumulando enormi squilibri di capitali.
Crediti e debiti nel sistema Target2 – in verde la Germania e in rosso l’Italia – dal 2003 al 2016
L’ammissione di Draghi, da intendere quasi come una minaccia all’Italia, potrebbe aver aperto un nuovo vaso di Pandora per la stabilità europea, in aggiunta alle preoccupazioni per Trump, perché non solo Draghi ha confermato che l’uscita dalla zona euro è stata esplicitamente prevista dalla banca centrale, ma definisce anche le condizioni alle quali sarebbe presa in considerazione e consentita.
Ancora più importante, ancora una volta fornisce la base per una “negoziazione” aggressiva, che potenzialmente può degenerare in una escalation di rancorose trattative tra l’Italia e la Germania, poiché la BCE ha messo di colpo in chiaro che il guadagno dell’Italia in una “ipotetica” uscita dalla zona euro costituirebbe una tremenda perdita per Berlino e per la Merkel. Siamo sicuri che in tempo brevissimo emergerà anche la questione di “quanto” valga la pena per la Merkel prevenire tale perdita. Quanto al significato della dichiarazione di Draghi per i paesi con un debito Target2 molto inferiore, che potrebbero anche prendere in considerazione l’uscita dall’unione monetaria, la risposta è racchiusa in due parole: “via libera”.


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