martedì 12 agosto 2014

Articolo 18 va abolito. Il governo Renzi si spacca

Alfano esce allo scoperto, dopo la pubblicazione dei dati dei maggiori enti internazionali sulla nostra economia. Il leader del Nuovo Centrodestra, in un'intervista a Repubblica, propone tre misure per il rilancio del paese, da inserire a fine agosto nello Sblocca Italia: pagare quindici miliardi di debiti della pubblica amministrazione entro fine settembre, delega fiscale, abolizione dell'articolo 18.
Su quest'ultimo punto si è già aperta una piccola disputa all'interno governo, ma Ncd sembra determinato ad andare avanti e propone la revisione del licenziamento illegittimo in temi brevi. Alfano, infatti, sottolinea che l'eliminazione della tutela è una necessità nel lungo periodo, ma allo stesso tempo è possibile abrogarla da subito per i neo-assunti. Ecco cosa ha detto il ministro degli Interni: "Proponiamo che nello Sblocca-Italia non valga l'articolo 18 per i nuovi assunti. Dobbiamo superarlo [...] basta con i totem e le ideologie di una certa sinistra [...] Quella tutela non è stata abolita finora perché ha retto un asse fra il Pd e i sindacati. Ma ormai è il momento di mettere davanti al resto la necessità di dare un lavoro a chi non ce l’ha, liberando da ogni laccio l’imprenditore che vuole assumere qualcuno’".
La risposta del ministro per la Pubblica Amministrazione non si è fatta attendere. Marianna Madia, sempre su Repubblica, ha commentato negativamente la presa di posizione del suo collega di governo: “L’articolo 18? Non è questo il problema. Se una cosa deve dividere tanto vale non dividersi. Se si potesse risolvere il dramma del lavoro cancellando l’articolo 18 lo avremmo già fatto. Ma non è così”.
La risposta dei sindacati, come prevedibile, non è stata meno tenera. Susanna Camusso, segretario generale della Cgil, ha subito mandato un messaggio chiaro ad Alfano: "l'articolo 18 è agitato ideologicamente, non risolve nessun problema in particolare rispetto all'occupazione. Anche qui il Governo si era presentato, il Presidente del Consiglio in particolare, dicendo che la soluzione era il contratto unico a tutele crescenti, che avrebbe dovuto sostituire tutte le altre forme di lavoro. Siamo ancora qui che aspettiamo".
Sulla stessa lunghezza d'onda Raffaele Bonanni. Il segretario della Cisl ha dichiarato: "Sulle modifiche all’articolo 18 si dibatte solo per un puntiglio ideologico, pur di sfuggire ai nodi veri del mercato del lavoro".
A sostenere la posizione di Madia e sindacati c'è anche il sottosegretario all’Economia del Pd, Pier Paolo Baretta. Quest'ultimo ha invitato i suoi colleghi a discutere di contratti, ammortizzatori e flessibilità in uscita. Mentre Luigi Bobba, sottosegretario al lavoro dei democratici, ha parlato di "annuncio simbolico" da parte di Alfano.
Tuttavia, a noi non pare una semplice boutade estiva. A tale riguardo, ricordiamo che a sostenere il ministro degli Interni pare esserci tutto il suo partito, che rivendica un ruolo più centrale nelle scelte dell'esecutivo. Gaetano Qaugliarello, coordinatore nazionale di Ncd, ha voluto rimarcare come il superamento dell'articolo 18 si ponga in un piano più ampio di riforme: "Servono riduzione della spesa, semplificazione e interventi sul mercato del lavoro". Tuttavia, rivedere la norma contenuta nello statuto dei lavoratori, nell'ambito di un'azione di rilancio dell'economia, appare un obiettivo irrinunciabile. Della stessa idea Maurizio Sacconi, che della sua opposizione alla tutela non ha mai fatto mistero in passato.
Così Alfano prova a reagire al "ritorno" di Berlusconi. Dopo la sentenza Rubi, il Cavaliere sa che può giocare su due tavoli, ponendosi come ago della bilancia per le riforme e come unica possibile alternativa di governo a Renzi. Se da un lato può mettere in seria difficoltà la sopravvivenza dei suoi ex alleati con la nuova legge elettorale, dall'altro sta già elaborando una strategia di opposizione economica per il prossimo autunno. Una strategia che potrebbe pagare, nel caso in cui il governo fosse obbligato ad una manovra aggiuntiva.
In questo scenario Alfano cerca di non farsi schiacciare. Per ricompattare il partito, diviso proprio sull'alleanza con Forza Italia, ha incominciato ad agitare temi cari alla destra: deregolamentazione del mercato del lavoro e abbassamento della pressione fiscale. Il tentativo è quello di sottrarli alla propaganda del Cavaliere, giocando d'anticipo.
Tuttavia, tutto ciò non potrà far emergere ulteriori fibrillazioni all'interno dell'esecutivo. Staremo a vedere cosa accadrà da qui a fine mese.

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