giovedì 27 marzo 2014

LA TRAPPOLA EURO

L’euroscetticismo in Italia continua a sedurre gli elettori che in vista delle elezioni europee sono pronti a dare una scossa all’Ue rivendicando il ritorno alla vecchia valuta. L’istiututo di rilevazioni Datamedia ha chiesto agli italiani, se l’uscita dalla moneta unica possa rappresentare un fatto positivo. Ebbene quasi sei italiani su dieci hanno detto si. Nel dettaglio il 58,1 %. Un dato ancor più rafforzato dalla distanza tra il sì e il no, ben 22%. Ormai – si legge – la percezione diffusa è che una delle cause principali di questo malessere sia proprio la moneta unica. Insomma a quanto pare la vocazione europeista degli italiani è ormai al capolinea.
Inevitabile quindi la crescita dei partiti cosiddetti “Euroscettici” che volano nei sondaggi, e che se si alleassero potrebbero “sorpassare” l’unico partito europeista rimasto in Italia: il PD.
L’ex ministro Tremonti racconta la genesi della moneta unica, cosa ha portato all’introduzione dell’euro. Non solo. Il ministro parla anche del mistero dei derivati per l’Europa, “spericolate operazioni finanziarie inventate per occultare i costi di ingresso nell’euro con la complicità dei governo”. Ecco alcuni passaggi del libro.
Della nostra sovranità, di una visione dell’Italia come nazione, non possiamo fare a meno e, anzi, oggi ci serve più che mai. All’estero, per loro conto, lo hanno capito. Non per caso lo slogan elettorale del cancelliere Merkel era «per una Germania forte». E poi l’euro. Non è infatti solo con la globalizzazione che un mondo nuovo ha preso il posto di quello vecchio; è anche con l’euro che alla vecchia Europa economica si è sovrapposta una nuova Europa politica. La storia dell’euro si intreccia con alcuni «codici misterici», ovvero con alcuni segreti. Qui ne trattiamo due: quello dell’unificazione tedesca; quello dell’ingresso dell’Italia nell’euro.
1) Ancora alla fine degli anni Ottanta, come era stato nei precedenti decenni, era presente e un po’ dappertutto la paura storica della Germania. Nel 1989, dopo la caduta del Muro di Berlino, si temeva in specie che, se la Germania si fosse riunita conservando il suo marco, allora non sarebbe stata la Germania a integrarsi nell’Europa, ma l’Europa a integrarsi nella Germania, proprio come ora ci sembra di vedere.
Ufficialmente, lo scambio tra unificazione tedesca, fine del marco, nascita dell’euro è sempre stato escluso. Solo una volta, interrogato, un protagonista di quel processo rispose enigmaticamente: «Le grandi idee possono a volte essere servite dalle circostanze…». [...]
2) Per tutti questi ultimi, lunghi anni la versione ufficiale sull’ingresso dell’Italia nell’euro è stata questa: si è trattato di un grande successo dell’Italia, merito della sua illuminata e ispirata classe dirigente. Una classe che dell’ingresso nell’euro ha poi fatto il simbolo legittimante della sua assoluta superiorità e capacità, tecnica e morale. Tutti gli altri sarebbero stati e sarebbero ancora subeuropei e/o subcapaci. In realtà, non sembra che sia andata proprio così. All’opposto, sembra che a volere l’ingresso dell’Italia nell’euro non sia stata solo la nostra classe dirigente dell’epoca, ma anche l’industria tedesca, che, temendo d’essere circondata a gatto selvaggio dall’industria italiana, con le sue tipiche svalutazioni competitive, avrebbe convinto il sistema delle banche tedesche a far entrare a ogni costo l’Italia nell’euro. Allora l’industria tedesca formulò comunque, un ulteriore argomento, davvero lungimirante: una volta entrata nell’euro, l’industria italiana sarebbe stata intrappolata e spiazzata proprio dalla nuova moneta. Una moneta che, nel medio andare, si sarebbe infatti rivelata troppo forte per un’economia debole, come quella italiana.

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