La Francia è terra di rivoluzione, si sa. Forte delle pulsioni interne, dettate soprattutto da un assetto istituzionale presidenzialista e poco incline alla frammentazione partitica continua, la terra della r moscia e dello champagne ha dato un forte scossone ai palazzi di Bruxelles.
L’ottimo risultato ottenuto ieri al primo turno delle elezioni
amministrative sembrano indicare un preludio di vittoria alle prossime
europee. Un partito modificatosi negli anni quello dei Le Pen. Il
passaggio di testimone ius sanguinis avvenuto pochi anni fa, nonostante
gli iniziali sospetti destati, ha prodotto frutti di novità di notevole
importanza. Dal filoaltlantismo antieuropeista all’euroscetticismo,
dalla xenofobia tout court alla difesa dell’interesse nazionale. Già
nel 2002 Le Pen padre raggiunse l’ottimo risultato di contesa della
presidenza della repubblica al ballottaggio contro Chirac. Oggi sua
figlia traccia il solco di una lunga rincorsa verso lo stesso obiettivo.
Tappa fondamentale sarà appunto la tornata elettorale del prossimo
maggio. Il rinnovo delle istituzioni parlamentari europee e, dunque,
dell’inetto e inutile doppio parlamento di Bruxelles e Strasburgo,
segnerà una svolta nella storia dell’Unione Europea. La crisi economica
venutasi a creare nel 2008 ha espanso a dismisura, per fortuna,
l’analisi macroeconomica di finanziamento del debito e della spesa
pubblica per mezzo dell’emissione di moneta e dunque del signoraggio
(diverso dal famoso signoraggio bancario). La devoluzione di competenza
attribuita col trattato di Maastricht del 1992 alla BCE (banca privata
slegata dal giogo pubblico e popolare) in materia di sovranità
monetaria e stampa di denaro pubblico, con le conseguenti restrizioni
dei parametri inerenti l’inflazione, il rapporto deficit pil, hanno
soffocato la maggior parte delle economie mediterranee, provocando per
la prima volta nella storia dell’uomo il fallimento di uno Stato e, in
misura minore ma cospicua, l’economia francese. Impassibile e
galleggiante la grande Germania, fruitrice di un aumento delle
esportazioni e dunque del pil, nonché detentrice di titoli greci a un
tasso d’interesse usuraio. L’Europa dei popoli dicevano…
Marine Le Pen e il suo Front National, attraverso un dettagliato programma economico e una ramificata rete di
rapporti d’oltreconfine con i movimenti euro critici del continente, fra
cui la Lega Nord di Salvini, è data da tutti i sondaggisti come capo
del partito più grande dell’arco democratico francese. Prendendo con i
guanti il dato statistico sarebbe utile tracciare una riflessione
espandibile a parabola anche, e soprattutto in Italia. La destra
francese, divisa in popolari e nazionalisti (Sarkozy-Le Pen), non ha mai
intaccato con svolte radicali, o accorpamenti d’occasione
contingentale, la propria identità politica e culturale. Le innovazioni
apportate all’interno delle linee politiche e delle direttrici d’azione
sono state partorite all’interno dei partiti, lontano dal parlamento
(soprattutto a causa del sistema elettorale francese). Il futuro è stato
creato, non lo si è subito. Marine Le Pen si pone come guida di un più
ampio progetto europeo, lontano dall’orticello parigino; un progetto
ideologico di liberazione dai poteri tecnofinanziari e
burocraticoeconomici che schiacciano i popoli europei. Nessuna Fiuggi,
nessun predellino, nessuna spaccatura, nessuna Fiuggi 2, ma soprattutto
nessun passaggio all’interno del PPE. La coerenza paga, forse
Nessun commento:
Posta un commento