lunedì 24 marzo 2014

LA SVOLTA DI MARINE LE PEN

La Francia è terra di rivoluzione, si sa. Forte delle pulsioni interne, dettate soprattutto da un assetto istituzionale presidenzialista e poco incline alla frammentazione partitica continua, la terra della r moscia e dello champagne  ha dato un forte scossone ai palazzi di Bruxelles. L’ottimo risultato ottenuto ieri al primo turno delle elezioni amministrative sembrano indicare un preludio di vittoria alle prossime europee. Un partito modificatosi negli anni quello dei Le Pen. Il passaggio di testimone ius sanguinis avvenuto pochi anni fa, nonostante gli iniziali sospetti destati, ha prodotto frutti di novità di notevole importanza. Dal filoaltlantismo antieuropeista all’euroscetticismo, dalla xenofobia tout court alla difesa dell’interesse nazionale. Già nel 2002 Le Pen padre raggiunse l’ottimo risultato di contesa della presidenza della repubblica al ballottaggio contro Chirac. Oggi sua figlia traccia il solco di una lunga rincorsa verso lo stesso obiettivo. Tappa fondamentale sarà appunto la tornata elettorale del prossimo maggio. Il rinnovo delle istituzioni parlamentari europee e, dunque, dell’inetto e inutile doppio parlamento di Bruxelles e Strasburgo, segnerà una svolta nella storia dell’Unione Europea. La crisi economica venutasi a creare nel 2008 ha espanso a dismisura, per fortuna, l’analisi macroeconomica di finanziamento del debito e della spesa pubblica per mezzo dell’emissione di moneta e dunque del signoraggio (diverso dal famoso signoraggio bancario). La devoluzione di competenza attribuita col trattato di Maastricht del 1992 alla BCE (banca privata slegata dal giogo pubblico e popolare)  in materia di sovranità monetaria e stampa di denaro pubblico, con le conseguenti restrizioni dei parametri inerenti l’inflazione, il rapporto deficit pil, hanno soffocato la maggior parte delle economie mediterranee, provocando per la prima volta nella storia dell’uomo il fallimento di uno Stato e, in misura minore ma cospicua, l’economia francese. Impassibile e galleggiante la grande Germania, fruitrice di un aumento delle esportazioni e dunque del pil, nonché detentrice di titoli greci a un tasso d’interesse usuraio. L’Europa dei popoli dicevano… Marine Le Pen e il suo Front National, attraverso un dettagliato programma economico e una ramificata rete di rapporti d’oltreconfine con i movimenti euro critici del continente, fra cui la Lega Nord di Salvini, è data da tutti i sondaggisti come capo del partito più grande dell’arco democratico francese. Prendendo con i guanti il dato statistico sarebbe utile tracciare una riflessione espandibile a parabola anche, e soprattutto in Italia. La destra francese, divisa in popolari e nazionalisti (Sarkozy-Le Pen), non ha mai intaccato con svolte radicali, o accorpamenti d’occasione contingentale, la propria identità politica e culturale. Le innovazioni apportate all’interno delle linee politiche e delle direttrici d’azione sono state partorite all’interno dei partiti, lontano dal parlamento (soprattutto a causa del sistema elettorale francese). Il futuro è stato creato, non lo si è subito. Marine Le Pen si pone come guida di un più ampio progetto europeo, lontano dall’orticello parigino; un progetto ideologico di liberazione dai poteri tecnofinanziari e burocraticoeconomici che schiacciano i popoli europei. Nessuna Fiuggi, nessun predellino, nessuna spaccatura, nessuna Fiuggi 2, ma soprattutto nessun passaggio all’interno del PPE. La coerenza paga, forse

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