Il
movimento delle sardine, divenuto famoso fin dalla prima piazza
bolognese, ha imposto una serie di questioni nel dibattito politico. Per
valutare le caratteristiche che questo movimento assume non si può che
analizzarne la funzione che svolge all’interno di questo contesto.
Un’analisi che prende in considerazione le Sardine astraendole dalla
società in cui si sviluppano non può che essere parziale e di
conseguenza non può che portare a conseguenze politiche particolari e
incapaci di cogliere le questioni più generali.
La domanda a cui vogliamo rispondere è: basta l’elemento di massa per generare conflitto sociale?
Guardando
appunto alla società si deve prendere atto che – in Italia soprattutto –
le mobilitazioni di massa si esprimono essenzialmente su tre questioni:
quella dell’ambientalismo, quella di genere e quella
dell’antifascimo/antirazzismo, intorno a questi tre “temi”
effettivamente si riempiono le piazze.
Questo
è sintomo di una certa disponibilità da parte di alcuni settori sociali
a dedicarsi alla politica, ovvero a dedicare parte del proprio tempo –
per quanto minimo in molti casi – a questioni che certamente ci toccano
personalmente ma che necessariamente devono essere rappresentate
collettivamente e quindi in piazza.
Il
movimento delle Sardine coglie questo dato oggettivo ma come ogni
movimento politico – essendo il prodotto della società in cui viviamo –
non può che essere soggetto ai rapporti di forza esistenti, rapporti di
forza che definiscono i caratteri e la forma politica che il movimento
assume e di conseguenza la funzione che svolge realmente nella società.
Il
contesto nel quale si sviluppa è certamente quello della crisi del modo
di produzione capitalistico, una crisi che dura ormai da più di dieci
anni e che ha ridotto i margini di redistribuzione della ricchezza.
Quindi oggettivamente le classi popolari percepiscono che “si sta peggio
di prima”.
Questo
dato di fatto non fa altro che aumentare le contraddizioni nella
società. Le contraddizioni di per se non si esprimono in maniera “pura”
ma è l’azione delle soggettività organizzate che ne definisce la forma
politica, ciò che non si può più negare è che il movimento delle Sardine
è stato fondato da quattro portavoce che non si fanno problemi ad
affermare “il centro-sinistra ci rappresenta bene”.
Non
solo, Mattia Sartori ha tranquillamente preso parte alla manifestazione
elettorale di Stefano Bonaccini, candidato Pd in Emilia Romagna, dove
il movimento è nato in funzione anti-Lega. È quindi un fatto che una
delle soggettività organizzate di riferimento sia il centro-sinistra.
Inoltre,
se i media mainstream costruiscono una narrazione in cui esiste solo il
dualismo PD/Lega, nel momento in cui si identificano i sovranisti con
la Lega allora diventa naturale pensare che il soggetto capace di
capitalizzare a livello elettorale sia proprio il PD. Ci sono altre
soggettività all’interno del movimento? Certamente, in che rapporti di
forza stanno con il PD? Agendo in un movimento con queste
caratteristiche e a forte egemonia del PD è possibile rafforzarsi e
quindi modificare i rapporti di forza?
Diamo uno sguardo alle parole d’ordine che il movimento ha sviluppato.
È
sicuramente un movimento “morale” che, a partire da una piattaforma di
“buoni sentimenti”, si oppone ai cosiddetti sovranisti e “populisti”
nostrani.
Rivendicano
il diritto di essere persone normali che amano la bellezza e la non
violenza mentre cantano Com’è profondo il mare di Lucio Dalla. La
contrapposizione si esprime solo sul piano verbale e infatti le Sardine
chiedono alla politica di abbassare i toni, di eliminare l’odio, di
ridurre al minimo le esternazioni di rabbia. Contestano la forma che la
politica ha assunto in Italia grazie a Salvini ma non si dice una parola
sulle politiche che ha condotto, anche perché sono in continuità con
quelle del PD.
Quindi
si può dire che sfrutta un dato morale e lo declina nella forma più
utile al soggetto più forte in quel contesto, ovvero si rimuove ogni
possibile “degenerazione” conflittuale e anzi si costruisce una
narrazione nella quale il “conflitto” è il problema. La conseguenza
naturale di questa operazione è l’affermazione che siamo tutti uguali,
tra le Sardine non ci sono differenze. La questione delle Madamine SiTav
nella piazza torinese ha messo in luce proprio questo, ovvero se le
Madamine non rappresentano differenze nella forma che la manifestazione
deve assumere allora possono tranquillamente stare in piazza.
Si
vanno inoltre a definire alcuni elementi culturali che più che
appartenere al popolo sono il riflesso diretto dell’egemonia borghese
sulla società. Gli endorsement di Saviano e di Fazio hanno proprio la
funzione di creare ad arte una divisione tra un “noi” e un “loro”, dove
il “noi” sono gli illuminati, quelli che non si scompongono mai nemmeno
di fronte alle atrocità di una società malata, mentre “loro”, quelli
ignoranti, sono gli incompetenti, quelli che vengono strumentalizzati
dalla paura e dalla demagogia, quelli accecati dall’odio.
Tanto
che La Stampa, in un’analisi sulla piazza torinese, candidamente
ammette “Nessuno di loro, per dire, spende una parola per Joker che si
potrebbe immaginare come film di riferimento di una massa giovanile
scesa nelle strade per rivendicare attenzione da un potere cinico e
insensibile. Anzi, in tanti ironizzano sul suo successo: ‘Non l’ho
ancora visto, sarà grave?’”. Insomma, un atteggiamento per nulla
popolare e molto elitario: in questo senso le Sardine sono l’esatto
opposto dei Gilet Gialli.
La
funzione reale che questa forma politica sta svolgendo nella società è
tutta ideologica, nel senso che è funzionale allo sviluppo di una falsa
coscienza che rimuove le differenze tra i settori popolari che subiscono
la crisi e coloro che la gestiscono a colpi di tagli al welfare.
Le
sardine sono il brand – dalle sembianze buone e spontanee – della forza
della concertazione nel nostro paese, anche questa uscita allo scoperto
dopo le recenti dichiarazioni di Landini sulla necessità di un patto
tra lavoratori, imprese e governo per rimettere in piedi il nostro
paese. Alla faccia del facciamo come in Francia.
Salvini
ha nel tempo sviluppato dei toni che soffiano sul fuoco delle
contraddizioni reali di questa società, pur declinandole in maniera
reazionaria la prateria poteva accendersi da un momento all’altro e così
assistiamo al ritorno dei campioni dei “toni bassi”, i tecnici, come
Mario Monti.
Il
segno di quanto questa operazione sia ideologica ce lo danno le parole
della Fornero, colei che ha intasato il mercato del lavoro con la legge
sulle pensioni costringendo migliaia di giovani alla disoccupazione e
alla precarietà ha affermato: “I giovani mostrano di avere capito la
necessità delle riforme, che tutte le riforme non sono necessariamente
giuste ma vanno fatte, e l’idea di cancellarle soltanto in nome ‘del
buon tempo antico’ è sbagliata” e ancora: “hanno anche capito che la
riforma delle pensioni era un tentativo di riequilibrare il
bilanciamento economico, fortemente sbilanciato a scapito delle nuove
generazioni”.
Tuttavia,
lo ha detto sommessamente – com’è nel suo stile – e quindi le Sardine
lo accettano. È chiaro che la forma che ha assunto il movimento delle
Sardine permette la continuità delle politiche che hanno massacrato la
popolazione, tutto sotto il segno della bandiera dell’Unione Europea.
Quindi stando
dentro al movimento delle Sardine una forza politica che vuole portare
avanti gli interessi delle classi popolari si rafforza o si indebolisce?
Qualcuno
potrà dire che in fin dei conti se il movimento è democratico dovrà
accettare le critiche ed è quindi possibile avanzare dei contenuti
all’interno, non terrebbe conto però del fatto che la democrazia in
questo contesto è solo formale. Infatti, tra le regole per stare insieme
in piazza c’è questa: “Tutte le feste delle Sardine si sono svolte con
sorrisi e serenità e sarà così anche la nostra. Se proprio qualche
facinoroso vuol dire la sua, restate tranquilli, non reagite d’impulso,
ma con distacco, le Forze dell’Ordine sono dalla nostra parte”.
Chiediamolo ai Gilet Gialli da che parte stanno le Forze dell’Ordine.
E’
chiaro quindi che il movimento delle Sardine è uno dei tanti strumenti
della pacificazione contro la nascita di conflitti in grado di rompere
l’egemonia neoliberale e neoliberista nel nostro paese, nonché un’arma
molto potente della ricomposizione della “sinistra” attorno alla paura
del ritorno del fascismo: il fronte antifascista unito contro la Bestia è
ancora una volta coniugato in senso negativo, mai per proposte sociali
in opposizione alle imposizioni antipopolari della Troika e del capitale
europeo.
Come
insegnano Macron e la Merkel per dare stabilità politica ad un paese è
necessaria la Grosse koalition socialisti/conservatori, ma questa
alleanza in Italia significa un governo PD/Lega il ché mette a rischio
il consenso di entrambi i partiti.
Il
movimento delle Sardine recupera consensi sul terreno del
centro-sinistra e finisce così per rispondere a una necessità delle
classi dominanti, non solo in Emilia Romagna ma in tutto il paese.
Nel
paese dell’ex-Ilva e di Alitalia, bombe sociali in grado di mettere in
ginocchio il nostro paese, l’area politica che ruota attorno al PD
continua ad utilizzare strumentalmente il radicamento sociale ereditato
dal vecchio PCI ed a usare – sfruttando il mondo dell’associazionismo ad
esso affine – le strutture giovanili e sindacali per far sì che tutto
cambi, senza realmente cambiare nulla.
Nel
frattempo si lascia alla Lega il rapporto con gli strati popolari che
maggiormente sentono gli effetti della crisi e per questo non possono
contenere la loro rabbia.
Si
produce così quella contraddizione tipica del dualismo politico
italiano in cui la sinistra dice di combattere contro la Bestia (ieri
Berlusconi e oggi Salvini) mentre costruisce materialmente l’ipotesi
reazionaria consegnando la rappresentanza politica delle classi popolari
alla destra e condividendone con essa le politiche reali.
Come
organizzazione politica giovanile non possiamo esimerci dal prendere
atto che c’è una certa disponibilità da parte di alcuni settori sociali a
mobilitarsi, che la Storia non è finita ma sta girando e l’America
latina sta lì a dimostrarcelo.
Le
Sardine ci dicono che per essere influenti nei movimenti è necessario
organizzarsi, se però mancano gli spazi politici utili a mantenere il
rapporto con i settori popolari l’organizzazione non può che indebolirsi
e il nemico rafforzarsi.
La
fase politica che stiamo vivendo ci impone un salto di qualità sul
piano della dialettizzazione con la realtà ma nessuna scorciatoia può
salvarci dall’obbligo di provare a costruire altro, cioè una
rappresentanza autonoma e indipendente degli interessi della nostra
“gente”, a partire dalle nuove generazioni nate e cresciute nella crisi.
Questo è il nostro compito, è la Storia che ce lo richiede.
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