Stando
all’opposizione, anziché appollaiato sulla poltrona di ministro
dell’interno, Salvini tempesta sicuramente un po’ meno. Anche lo stile,
sempre tendente al “Truce”, è per forza di cose un po’ diverso, meno
assertivo, meno “petto in dentro e panza in fuori”…
Qualche giorno fa, incredibile a dirsi, ha addirittura proposto la formazione di un “comitato di salvezza nazionale”. Ossia un governo con tutti dentro, guidato se necessario persino da Mario Draghi…
Eppure,
nonostante l’abito dimesso e la sostanziale moderazione delle posizioni
politiche da neoppositore, in ambito sedicente “democratico” si
continua a sventolare lo straccio Salvini come il nuovo Duce che
trascina dietro di sé una “marea nera”, il fascismo alle porte, e così
via.
Di
sicuro il protagonismo politico di mr. Mojito si è nutrito di un
linguaggio da osteria, con battutacce da parcheggiatore abusivo e
esplicite strizzatine d’occhio all’immaginario fascista (dal “me ne
frego” al “molti nemici, molto onore”). Immaginarlo nuovamente al
governo del paese, dopo 14 mesi sinceramente dimenticabili, non è il
massimo per nessuno. Soprattutto per le orecchie delle persone
“perbene”…
Ma
basta questo per turarsi il naso e concedere il milionesimo “voto
utile” a bande concorrenti di malfattori e maneggioni che hanno fatto a
pezzi lo stato sociale (alternandosi al governo con Berlusconi e gli
amici di Salvini, nonché con la Meloni “ministro della gioventù”)? Basta
questo per dimenticare “mafia capitale” e il sostanziale azzeramento del Pd capitolino sotto una valanga di mandati di cattura? Basta questo per chiudere gli occhi sulla maxiretata in Calabria, che ha fatto altrettanto? O i frequenti rapporti tra Pd e Casapound?
Certo,
l’ormai probabile tracollo dei Cinque Stelle – a loro volta sommersi da
“poltronismo acuto”, ansie di non rielezione, faide interne,
legalitarismo d’accatto, proclami di un giorno (o anche meno), ecc – ci
rimette di fronte per il trentesimo anno o giù di lì alla rinascita del
“bipolarismo imperfetto”. Ossia in quella situazione per cui
teoricamente l’offerta politica è piuttosto varia (almeno sei-sette
formazioni con buone probabilità di superare le soglie di sbarramento da
loro stesse disegnate), ma in realtà si riduce a solo due possibilità.
Per nulla o quasi differenti tra loro.
Nonostante
gli sforzi, nessuno è ancora riuscito a spiegarci perché Salvini
sarebbe più pericoloso di Marco Minniti rispetto al fenomeno
dell’immigrazione disperata (in gommone attraverso il Canale di
Sicilia), visto che gli accordi con il capo degli scafisti (a giorni
alterni anche capo della “guardia costiera libica”), quel “Bija” ricercato dall’Onu ma ospitato dal ministero dell’interno italiano, sono stati firmati dal secondo e riconfermati da primo.
E
nessuno, per restare in tema, è riuscito a spiegarci la “profonda
differenza” tra i due in materia di repressione di piazza e libertà
d’azione per le molteplici polizie, stando all’analisi dei rispettivi
“decreti sicurezza” (sempre un po’ più infami, ma lungo una direttrice
condivisa).
In particolare, nessuno è riuscito a spiegarci perché – sempre in fatto di repressione – Macron sarebbe “democratico” e lo pseudo-leader leghista invece un pericolo per la democrazia… A noi sembrano nei fatti due pericoli identici, anche se utilizzano linguaggi diversi. Ma noi siamo abituati a giudicare gli esseri umani soprattutto per quel che fanno, non per quel che dicono di sé…
Stabilito
quel che andava stabilito sul piano pratico (perfetta identità
neoliberista e forcaiola tra Macron, Salvini e Pd), occupiamoci pure
della “cultura” diffusa dal Truce. Che ha ovviamente una grossissima responsabilità nello sdoganamento di un linguaggio e una mentalità becera,
ottusa nella misura in cui promette soluzioni “semplici”, di quelle che
possono venire in mente proprio a chiunque, per problemi così complessi
che anche degli scienziati potrebbero andare in difficoltà (due esempi
per tutti: il drammatico calo demografico della popolazione “autoctona” e
le migrazioni intercontinentali a causa di guerre, crisi economiche e
climatiche).
Eppure,
nel Truce che si gonfia e blatera sentiamo spesso una nota – greve,
certo… – che appartiene per intero alla più trita “anima italica”.
Quella nota per cui la fanfaronata da guerriero slitta in un attimo nel
vittimismo da operetta.
Un esempio? Quando ha spiegato di aver ricevuto un avviso di indagine per “sequestro di persona” a proposito della nave Gregoretti,
chiunque ha potuto notare una profonda differenza di tono rispetto a
quando sbeffeggiava il magistrato che – da ministro dell’interno in
carica – aveva richiesto l’autorizzazione a procedere per l’analogo caso
della nave Diciotti (in entrambi i casi si trattava di navi della marina militare italiana, non di imbarcazioni private impegnate in missioni autodeterminate).
E
tutti hanno avvertito una mezza incrinatura nella voce che recitava
“rischio quindici anni di carcere”. Come se stavolta non fosse proprio
convintissimo di farla franca (ci sentiamo di rassicurarlo: non gli accadrà neanche questa volta).
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