martedì 16 luglio 2019

Il “pacco” della flat tax presentato da un premier abusivo

Come se niente fosse (ignorando il RussiaGate sulle sue spalle), come se fosse lui il primo ministro oppure quello dell’economia, con a fianco il defenestrato-condannato-inquisito Armando Siri (tanto per far capire che della legalità lui se ne fotte ampiamente, usandola solo quando gli serve), “er Felpa” ha convocato al Viminale il primo vertice della storia in cui le parti sociali (imprese e sindacati) si sono sentiti spiegare dal ministro di polizia una… riforma fiscale.
Vergogna per chi ha accettato di avallare questa che è una “sgrammaticatura istituzionale” di grande rilevanza, e che si è visto presentare un piatto parecchi avariato. Del resto, cosa si potevano aspettare da un soggetto che prova ormai scopertamente a giocare tutte le parti in commedia?
Una brevissima analisi della proposta che ha gettato sul tavolo è infatti un autentico “pacco” per i redditi più bassi. E ha una chiara sponda nel progetto di “autonomia differenziata”, nonché con le gabbie salariali indicate dal suo sodale – o ghost thinker – Giorgetti.
Facciamo i conti della serva. La formula di flat tax al 15% presentata a imprese e sindacati cancella tutte le detrazioni fiscali oggi esistenti e le sostituisce con un unica deduzione che può arrivare al tetto di 3.500 euro. Un normale dipendente pubblico che dichiara 23 mila euro annui lordi (un impiegato normale, non un dirigente), ha oggi detrazioni mensili per 290 euro che, moltiplicate per 13 mesi, fanno 3.700 euro.
Se poi questo impiegato ha figli che vanno ancora a scuola o all’università oppure va al lavoro con l’abbonamento ai mezzi pubblici, ogni anno può detrarre altre spese per 1.000-1.500 euro con detrazioni al 20%. Insomma, ci perde in modo secco. Mentre chi dichiara 50 mila euro o oltre, ci guadagna parecchio. Un pacco.
C’è però da considerare anche la ripartizione territoriale dei redditi. E indovinate quali sono le regioni dove si concentrano di preferenza i redditi da 55 mila euro? In Emilia Romagna, nel nordest e in Lombardia.
E’ insomma un avvio di secessione fiscale, a danno dei redditi medio bassi delle periferie e del Sud.
Se rifacciamo un attimo anche i conti elettorali delle europee del 26 maggio, il Truce ha preso il 34% dei votanti, ma solo il 18% degli elettori. E dunque in forza di una potenza inesistente si arroga il diritto di fare le gabbie salariali e la secessione reale e fiscale.
Forse è ora di farsi sentire sul serio….
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Sulla gravità dello “strappo istituzionale” di un kinistro che si assume la direzione di fatto del governo, ecco la presa di posizione di Usb, tra i pochi sindacati a dire NO al “Truce” Salvini:

L’inquietante riunione al Viminale e le gravi responsabilità di chi ha scelto di partecipare

L’incontro di oggi al Viminale tra il ministro di polizia e una parte, consistente ma non completa, di esponenti di forze sociali e imprenditoriali ha avuto un corso se possibile ancora più inquietante di quello che si poteva supporre.
Presentato come un momento di confronto fra uno dei due vicepresidenti del Consiglio dei Ministri, fatto di per sé assolutamente improprio visto che di relazioni con le parti sociali si occupa a nome del Governo il Ministro del Lavoro e dello Sviluppo Economico, si è invece rivelato un momento in cui il vicepremier di polizia ha esposto il programma della Lega, il suo partito, per la manovra economica prossima ventura utilizzando per farlo il Ministero dell’Interno che sicuramente non è un’istituzione a disposizione dei partiti.
A rendere ancora più inquietante la faccenda, il fatto che all’illustrazione del progetto sia stato chiamato l’ex sottosegretario Armando Siri, costretto recentemente alle dimissioni perché inquisito per corruzione.
Se siamo abituati alle scorribande di Salvini in terreni non suoi, se siamo abituati ad una sua scarsissima considerazione dei luoghi istituzionali, se siamo avvezzi alle provocazioni messe in atto, come non può che definirsi la presenza attiva di Siri al vertice, quello che sconcerta e indigna è il fatto che rappresentanti sindacali abbiano accettato quel terreno e quelle modalità di confronto.
Non basta aver contestato, in quella sede, come sembra qualcuno abbia fatto, le scelte del Governo, non basta presentarsi come paladini della giustizia sociale se poi ci si acconcia a passare quattro/cinque ore ad ascoltare un programma economico di un partito che ha fatto delle disuguaglianze la propria cifra e le fa provocatoriamente esporre da un suo uomo su cui fino a ieri l’altro si è puntato il dito perché inquisito per corruzione.
Non bisognava andare, non bisognava accettare una riunione convocata appositamente per mettere alla berlina il confronto istituzionale tra Governo e parti sociali. Non solo hanno scelto di andare, ma hanno scelto di restare seduti a quel tavolo anche dopo che il gioco di Salvini è diventato chiaro ed evidente.
Chi ha accettato questo confronto si assume una responsabilità grave che nessun atto sindacale di riparazione potrà risanare.

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