Un rapporto congiunto tra Banca d’Italia e Istat,
certifica che dopo tre anni di riduzione costante, tra il 2016 e il
2017 la ricchezza privata delle famiglie italiane è cresciuta di 98
miliardi (+1%) e ha raggiunto quota 9.743 miliardi. Il dato, misurato
come la somma di tutte le attività reali (casa, terreni, eccetera) e di
quelle finanziarie (depositi, titoli, azioni) si considera “al netto”
delle passività finanziarie che è solo di 926 miliardi (prestiti a breve
termine, a medio e lungo termine). Il grosso di questa ricchezza
privata continua ad essere quello delle rendite immobiliari, seguito
subito dopo da quella finanziaria.
Nonostante la perdita di valore registrata – tra il 2005 e il 2011 il peso degli immobili sul totale delle attività delle famiglie è salito dal 47% al 54% per poi ridursi negli anni successivi sino al 49% nel 2017. Gli immobili continuano a rappresentare la principale forma di investimento dei nuclei familiari e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, rappresentano la metà della ricchezza lorda.
Le attività finanziarie, completano il quadro raggiungendo i 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente; la loro incidenza sulla ricchezza netta è risultata tuttavia inferiore a quella registrata in altre economie.
I dati (non quelli contenuti in questo rapporto) ci dicono che in Italia i primi sette miliardari possiedono una ricchezza pari a quella del 30% della popolazione. Il 20% dei più ricchi hanno in cassaforte patrimoni e liquidità che valgono il 69% della ricchezza complessiva del paese. I più poveri invece stanno sempre peggio. Dal 2008 a oggi le fasce più deboli infatti hanno perso il 24% del loro reddito. Le radici di questa crescente e insopportabile disuguaglianza sono confermati dallo studio della Banca d’Italia.
Le attività non finanziarie (quindi macchinari, beni reali etc.) rappresentano solo il 3,8% della ricchezza. In pratica la ricchezza privata si basa al 96% sulla rendita, in molti casi del tutto parassitaria, e con un livello di concentrazione diventato scandaloso.
Quando dicono: ma dove andiamo a prendere i soldi per i servizi, le abitazioni pubbliche, il welfare? Possiamo tranquillamente rispondere: lì dove stanno!!
Nonostante la perdita di valore registrata – tra il 2005 e il 2011 il peso degli immobili sul totale delle attività delle famiglie è salito dal 47% al 54% per poi ridursi negli anni successivi sino al 49% nel 2017. Gli immobili continuano a rappresentare la principale forma di investimento dei nuclei familiari e, con un valore di 5.246 miliardi di euro, rappresentano la metà della ricchezza lorda.
Le attività finanziarie, completano il quadro raggiungendo i 4.374 miliardi di euro, in crescita rispetto all’anno precedente; la loro incidenza sulla ricchezza netta è risultata tuttavia inferiore a quella registrata in altre economie.
I dati (non quelli contenuti in questo rapporto) ci dicono che in Italia i primi sette miliardari possiedono una ricchezza pari a quella del 30% della popolazione. Il 20% dei più ricchi hanno in cassaforte patrimoni e liquidità che valgono il 69% della ricchezza complessiva del paese. I più poveri invece stanno sempre peggio. Dal 2008 a oggi le fasce più deboli infatti hanno perso il 24% del loro reddito. Le radici di questa crescente e insopportabile disuguaglianza sono confermati dallo studio della Banca d’Italia.
Le attività non finanziarie (quindi macchinari, beni reali etc.) rappresentano solo il 3,8% della ricchezza. In pratica la ricchezza privata si basa al 96% sulla rendita, in molti casi del tutto parassitaria, e con un livello di concentrazione diventato scandaloso.
Quando dicono: ma dove andiamo a prendere i soldi per i servizi, le abitazioni pubbliche, il welfare? Possiamo tranquillamente rispondere: lì dove stanno!!
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