S/globalizzare è la parola d’ordine che arriva da Washington. Se fin qui erano state minacce, adesso si passa ai fatti.
La “guerra dei dazi” aveva preparato il terrreno, anche se fin qui con conseguenze minime. La decisione di bandire Huawei dal mercato statutitense, invece, segna l’apertura ufficiale delle ostilità sul terreno industriale. E rompe l’unitarietà dei mercato tecnologico mondiale, forse la più evidente e popolare manifestazione empirica della “globalizzazione”.
L’ukaze di Donald Trump contro il colosso hi-tech cinese ha obbligato Google a bandire Huawei dai propri contratti di fornitura. Significa che i prossimi modelli di smartphone (ma il mercato riguarda comparti anche molto diversi e ancora più complessi) non potranno adottare il sistema operativo Android, creato proprio dalla società di Mountain View.
A cascata, non saranno disponibili per quei modelli tutte le app di fabbricazione Google, come Play Store, Gmail, YouTube, ecc. Di fatto, è la fine di un mondo, delle sue abitudini e di un immaginario comune a tutti. Giaà nei prossimi giorni il mercato consumer farà vedere le sue reazioni, con il prevedibile crollo delle vendite su tutti i marchi e tutti i modelli. Come si fa a spendere per un device se non si è sicuri che tra pochi mesi non diventerà inservibile?
Sul fronte dell’hardware, anche i costruttori yankee di processori – come Intel, Qualcomm, Xilinx, Broadcom, ecc – hanno dovuto annunciare la rottura dei contratti con Huawei, il che avrà sicuri effetti immediati sulla sua capacità produttiva.
Non c’è al momento una reazione ufficiale del colosso asiatico, che in questo momento è senza avversari nella corsa alle tecnologie 5G (internet ad altissima capacità e velocità) e che, dunque, era il candidato naturale a fare da locomotiva dello sviluppo tecnologico in questi settori.
Inevitabil che società Usa (quelle europee neanche esistono) dovranno ora impegnarsi a rincorrere sul 5G, sviluppando quel che fin qui non erano neanche riuscite ad immaginare. E al contrario i cinesi doranno accelerare nel disegnare un proprio sistema operativo “android compatibile”, per non perdere defnitivamente le ampie quote di mercato, soprattutto europeo.
Le voci, da mesi, danno per certo un frenetico lavorio delle migliori menti informatiche di Shenzen per coprire questo “buco”. In fondo, il deterioramento dei rapporti sino-statunitensi non è roba degli ultimi giorni…
Il distacco dei due mondo non è comunque cosa immediata. un portavoce di Google afferma che Mountain View si sta “conformando all’ordine e valutando le ripercussioni. Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni di sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti”. Ma è ovvio che questa “assistenza ai clienti” non durerà in eterno. Anzi, sarà anch’essa sottoposto allo stress delle pressioni geopolitiche.
Come del resto sta avvenendo da mesi in Europa, dove tutti i paesi vengono “tampinati” energicamente dagli Usa per stracciare i contratti di sperimentazione del 5G firmati con Huawei. La motivazione ufficiale è banale: “impedire che la tecnologia americana venga utilizzata da entità straniere in un modo tale da minare la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera”.
Mentre appare palese che glli Usa sperano così di rallentare – per via politica, giudiziaria (la vicepresidente e figlia del fndatore è stata arrestata in Canada e trasferita negli Usa su mandanto di cattura yankee) e, all’occorrenza, anche militare.
La competizione interimperialista – si sarebbe correttamente detto qualche decennio fa – segna dunque un inaudito salto di qualità, che investe non solo la “certezza dei contratti” firmati da società private in ogni angolo del pianeta, ma ridisegna confini invalicabili (altro che i muri di Salvini…) tra macroaeree economiche continentali.
E’ scontato infatti che la reazione cinese sarà “direttamente proporzionale” alla durezza dell’attacco subito. E quindi contribuirà a delineare “mercati rigidamente separati” là dove – ancora stamattina e per qualche settimana ancora – vigeva un “ambiente unico”, fatto di hardware cinese a sistemi operativi Usa (Europa non pervenuta).
E proprio le caratteristiche delle tecnologie avanzate rende questi mercati separati molto più impenetrabili di quelli fisici.
Ma solo un cretino – un trumpiano, insomma – può pensare che con queste mosse si possa mantenere la leadership mondiale dello sviluppo tecnologico. Se Huawei, Honor e altri marchi – non sempre e solo cinesi – hanno conquistato tanto spazio di mercato è perché i vettori di quello sviluppo (ottime scuole di ogni ordine e grado, università di altissimo livello e aperte alle menti migliori senza barriere di censo, investimenti di grandi dimensioni in ricerca e sviluppo, ecc) non sono più da tempo alla base del sistema statunitense (ed europeo).
Come sotolinea malignamente la stessa nota stampa diffusa dall’azienda cnese: «Huawei ha dato un contributo sostanziale allo sviluppo e alla crescita di Android in tutto il mondo. Come uno dei principali partner globali di Android, abbiamo lavorato a stretto contatto con la loro piattaforma open-source per sviluppare un ecosistema che ha portato benefici sia agli utenti che all’industria. Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti per smartphone e tablet che coprono quelli venduti o ancora disponibili a livello globale. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza per tutti gli utenti a livello globale».
La “guerra dei dazi” aveva preparato il terrreno, anche se fin qui con conseguenze minime. La decisione di bandire Huawei dal mercato statutitense, invece, segna l’apertura ufficiale delle ostilità sul terreno industriale. E rompe l’unitarietà dei mercato tecnologico mondiale, forse la più evidente e popolare manifestazione empirica della “globalizzazione”.
L’ukaze di Donald Trump contro il colosso hi-tech cinese ha obbligato Google a bandire Huawei dai propri contratti di fornitura. Significa che i prossimi modelli di smartphone (ma il mercato riguarda comparti anche molto diversi e ancora più complessi) non potranno adottare il sistema operativo Android, creato proprio dalla società di Mountain View.
A cascata, non saranno disponibili per quei modelli tutte le app di fabbricazione Google, come Play Store, Gmail, YouTube, ecc. Di fatto, è la fine di un mondo, delle sue abitudini e di un immaginario comune a tutti. Giaà nei prossimi giorni il mercato consumer farà vedere le sue reazioni, con il prevedibile crollo delle vendite su tutti i marchi e tutti i modelli. Come si fa a spendere per un device se non si è sicuri che tra pochi mesi non diventerà inservibile?
Sul fronte dell’hardware, anche i costruttori yankee di processori – come Intel, Qualcomm, Xilinx, Broadcom, ecc – hanno dovuto annunciare la rottura dei contratti con Huawei, il che avrà sicuri effetti immediati sulla sua capacità produttiva.
Non c’è al momento una reazione ufficiale del colosso asiatico, che in questo momento è senza avversari nella corsa alle tecnologie 5G (internet ad altissima capacità e velocità) e che, dunque, era il candidato naturale a fare da locomotiva dello sviluppo tecnologico in questi settori.
Inevitabil che società Usa (quelle europee neanche esistono) dovranno ora impegnarsi a rincorrere sul 5G, sviluppando quel che fin qui non erano neanche riuscite ad immaginare. E al contrario i cinesi doranno accelerare nel disegnare un proprio sistema operativo “android compatibile”, per non perdere defnitivamente le ampie quote di mercato, soprattutto europeo.
Le voci, da mesi, danno per certo un frenetico lavorio delle migliori menti informatiche di Shenzen per coprire questo “buco”. In fondo, il deterioramento dei rapporti sino-statunitensi non è roba degli ultimi giorni…
Il distacco dei due mondo non è comunque cosa immediata. un portavoce di Google afferma che Mountain View si sta “conformando all’ordine e valutando le ripercussioni. Per gli utenti dei nostri servizi, Google Play e le protezioni di sicurezza di Google Play Protect continueranno a funzionare sui dispositivi Huawei esistenti”. Ma è ovvio che questa “assistenza ai clienti” non durerà in eterno. Anzi, sarà anch’essa sottoposto allo stress delle pressioni geopolitiche.
Come del resto sta avvenendo da mesi in Europa, dove tutti i paesi vengono “tampinati” energicamente dagli Usa per stracciare i contratti di sperimentazione del 5G firmati con Huawei. La motivazione ufficiale è banale: “impedire che la tecnologia americana venga utilizzata da entità straniere in un modo tale da minare la sicurezza nazionale o gli interessi di politica estera”.
Mentre appare palese che glli Usa sperano così di rallentare – per via politica, giudiziaria (la vicepresidente e figlia del fndatore è stata arrestata in Canada e trasferita negli Usa su mandanto di cattura yankee) e, all’occorrenza, anche militare.
La competizione interimperialista – si sarebbe correttamente detto qualche decennio fa – segna dunque un inaudito salto di qualità, che investe non solo la “certezza dei contratti” firmati da società private in ogni angolo del pianeta, ma ridisegna confini invalicabili (altro che i muri di Salvini…) tra macroaeree economiche continentali.
E’ scontato infatti che la reazione cinese sarà “direttamente proporzionale” alla durezza dell’attacco subito. E quindi contribuirà a delineare “mercati rigidamente separati” là dove – ancora stamattina e per qualche settimana ancora – vigeva un “ambiente unico”, fatto di hardware cinese a sistemi operativi Usa (Europa non pervenuta).
E proprio le caratteristiche delle tecnologie avanzate rende questi mercati separati molto più impenetrabili di quelli fisici.
Ma solo un cretino – un trumpiano, insomma – può pensare che con queste mosse si possa mantenere la leadership mondiale dello sviluppo tecnologico. Se Huawei, Honor e altri marchi – non sempre e solo cinesi – hanno conquistato tanto spazio di mercato è perché i vettori di quello sviluppo (ottime scuole di ogni ordine e grado, università di altissimo livello e aperte alle menti migliori senza barriere di censo, investimenti di grandi dimensioni in ricerca e sviluppo, ecc) non sono più da tempo alla base del sistema statunitense (ed europeo).
Come sotolinea malignamente la stessa nota stampa diffusa dall’azienda cnese: «Huawei ha dato un contributo sostanziale allo sviluppo e alla crescita di Android in tutto il mondo. Come uno dei principali partner globali di Android, abbiamo lavorato a stretto contatto con la loro piattaforma open-source per sviluppare un ecosistema che ha portato benefici sia agli utenti che all’industria. Huawei continuerà a fornire aggiornamenti di sicurezza e servizi post-vendita a tutti i prodotti Huawei e Honor esistenti per smartphone e tablet che coprono quelli venduti o ancora disponibili a livello globale. Continueremo a costruire un ecosistema software sicuro e sostenibile, al fine di fornire la migliore esperienza per tutti gli utenti a livello globale».
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