Nel
mentre scriviamo continuano gli scontri nel centro di Parigi. Un
apparato poliziesco assolutamente inedito è stato dispiegato in tutta la
Francia: circa 89.000 uomini delle “forze dell’ordine”, di cui 8.000 solo nella capitale (erano 65.000 sabato scorso).
L’approccio
previsto del Ministero dell’Interno, come espressamente è filtrato dai
quotidiani in questa settimana, sarebbe stato più “offensivo” e
“muscolare” di quello usato fino ad ora, con un maggiore filtraggio e
controlli a tappetto sin dall’alba a Parigi.
Questo
approccio “preventivo” si è risolto in circa 480 “interrogatori” prima
dell’inizio della manifestazione, che alle 17:30 sarebbero diventati
673, con 551 fermi e 55 feriti. I numeri forniti dal ministero
dell’Interno sulla partecipazione complessiva sono notevolmente
inferiori alla realtà, confrontando le testimonianze, le foto e
reportages delle varie manifestazioni in tutto l’Esagono, in cui si sono
visti “sfilare insieme” GJ e militanti ecologisti per la marcia sul
clima, anche agli studenti delle medie superiori e gli universitari, che
si sono mobilitati tutta la settimana come a Tolosa o a Marsiglia, ma
non solo.
Per
comprendere il “mai visto” della repressione nei confronti degli
studenti medi, basta un dato: nella sola giornata di giovedì 700 giovani
sono stati “interrogati”, circa un migliaio in tutta la settimana.
Le
immagini da dittatura latino-americana degli studenti di
Mantes-la-Jolie, dove 153 ragazzi sono stati messi in massa ginocchia a
terra e mani dietro alla nuca, o posti con il volto di fronte ad un
recinto prefabbricato in ginocchio, con i polsi legati, ha suscitato lo
sdegno e la rabbia generalizzata.
La
giornata successiva infatti, la mobilitazione studentesca promossa
dall’UNL – dopo quella di venerdì 30 novembre e lunedì 3 dicembre – si è
trasformata in “vendetta studentesca”, dove le mobilitazioni hanno
“mimato” quella scena, che è stata ricondotta alle immagini dei peggiori
giorni dell’Occupazione nazi-fascista dell’Esagono.
Oggi
stesso numerose manifestazioni hanno riproposto questa “coreografia” di
denuncia. A Parigi gli scontri sono iniziati a metà mattinata, e sono
intervenuti per la prima volta i blindati della Gendarmerie in funzione
anti-barricata (la stessa tipologia di quelli usati in Kossovo) visti
anche a Marsiglia, e la polizia a cavallo ha caricato i manifestanti del
Terzo Arrondissement, in una sequenza che ricorda più una dinamica di
piazza novecentesca che il moderno contenimento dei manifestanti, “alla
francese”.
Lo
sparare “pallottole di gomma” in faccia alle persone è diventata ormai
una pratica quotidiana, come mostrano alcuni filmati a Parigi – ma non
solo – dopo i gravi ferimenti durante questa settimana. Ricordiamo che
le pallottole di gomma, o flash-ball hanno 40 millimetri di diametro e
possono essere letali ad una distanza inferiore di 25 metri.
La
marcia sul clima a Parigi si è conclusa positivamente, erano più di 140
in tutta la Francia, e alcune organizzatrici nei comizi finali hanno
“ringraziato” i GJ, ed hanno ribadito – come Edwy Plenel – che “è più urgente che mai parlare dei problemi del mondo e della fine del mese“,
riferendosi alla coniugazione necessaria ed alla falsa contrapposizione
tra necessità della giustizia sociale e della transizione ecologica.
Nei
prossimi giorni si potrà fare un bilancio delle mobilitazioni, qui
preme ricordare la compenetrazione tra i soggeti sociali che si sono
mobilitati nel corso di queste tre settimane e che
si stanno “fondendo” in un unico blocco, che ha come matrice comune sia
un inversione di tendenza delle politiche di austerity che le
dimissioni di Emmanuel Macron.
Le quali saranno oggetto di una mozione di sfiducia all’inzio della prossima settimana, chiesta dall’opposizione di “sinistra”: FI, PCF e PS.
7.000
persone a Lione, circa il doppio a Marsiglia, più di un migliaio ad
Arles, e poi Grenoble, Nizza, Mentone, Grasse… Sono la prova di vitalità
del movimento d’Oltralpe. Chi si “inquieta” della violenza dovrebbe
ricordarsi due cose.
La prima ce la suggerisce l’editoriale di “Libération” di oggi firmato da Laurent Joffrin: “In
un Paese dove la festa nazionale evoca – indirettamente – la sanguinosa
insurrezione del 14 luglio 1789, la violenza popolare è al cuore
dell’identità francese“.
La
seconda emerge da tutte le testimonianze giornalistiche raccolte dei
vari protagonisti di questo composito e proteiforme movimento: se il
dialogo sociale è nullo, i corpi intermedi esautorati,
ed il potere è sordo, non rimane che un modo per farsi ascoltare. E se
questo modo poi produce, nel giro di una settimana, due marce indietro
sullo stesso soggetto e delle contraddizioni tra i vari deputati della
maggioranza e l’escutivo, rispetto ad una maggiore soddisfazione delle
richieste fatte, allora vuol dire che è quanto meno efficace.
Furono
le giornate del Maggio ’68, che portarono ad un innalzamento del
salario minimo intercategoriale – lo SMIC – del 35%, ed agli accordi di
Grenelle, portatori tra l’altro di notevoli miglioramenti riguardo alla
rapprrsentanza sindacali nei luoghi di lavoro.
Che uno dei portavoce dei GJ, Eric Drouet, abbia candidamente dichiarato in televisione che “questo sabato sarà l’obbiettivo finale: l’Eliseo” e che, se si fosse arrivati lì davanti, “Eh bene, allora si entrerebbe“,
ci dice che la presa del potere politico e la “cacciata” di un monarca
repubblicano, è nell’immaginario collettivo più di quanto vogliono farci
credere.
Alla
fine, questo sta terrorizzando le oligarchie del Continente e i loro
apparati mediatici: che si ponga la questione del potere, e che a porla
sia un Jacques Bonne-Homme del XXIsimo secolo, uscito dall’anonimato
circa un mese fa…
A
Bruxelles, i Gilets Jaune, hanno preso d’assalto il Parlamento Europeo.
Com’era quella cosa dello spettro che si aggira per l’Europa?
Nessun commento:
Posta un commento