Siamo in balia dei mercati. Non c’era bisogno di conferma, ma per i
duri e puri del politcally correct il problema principale è altrove. In
questi giorni assisteremo ad una finta ondata di sdegno e ad un’orda
antiberlusconiana, che sia chiaro, fatta di parole e vuota demagogia.
E’ necessario che il dibattito politico venga sterilizzato da
populismo e tendenze mediatiche, di modo da fondere e confondere la
“Politica” con le chiacchiere da bar.
L’Italia non è più una democrazia, ma un potentato della mercatocrazia mondiale. Questo, a quanto pare, non interessa a nessuno.
E lo sapete perchè? Perchè nessuno vuole cambiare veramente lo stato
delle cose. Siamo consapevolmente drogati dal vuoto farfugliare, siamo
conniventi di tutto questo marcio putrido e vogliamo conservare con
bramosia la nostra fetta di finto benessere.
Nessuno ha le capacità e/o la voglia di analizzare oggettivamente
quello che sta accadendo. Nessuno ha la possibilità e/o la necessità di
andare alla fonte del problema. Siamo su una giostra da cui nessuno
vuole scendere. Il nostro è un moto relativo onirico. Giriamo intorno al
perno portante del ludico marchingegno pensando di essere in cammino
sul sentiero del progresso e della civiltà, facciamo “chilometri”,
vomitiamo fiumi di parole e pappagalliamo riflessioni precotte che non
ci appartengono, ma il realtà girovaghiamo baloccandoci sempre nel
medesimo recinto.
Allora ci appare lecito scaricare la frustrazione, derivata da una
vergognosa ignoranza e da una scarso utilizzo della materia grigia, sul
“mostro” del momento, che sia esso Berlusconi, Monti, Prodi e compagnia
danzante.
Nel coltivare il nostro egoistico utilitarismo abbiamo accettato di
essere rinchiusi in una gabbia. Questa prigione ci rende sicuri,
dipendendti e “liberi” da responsabilità. E’ la tirannia del sistema
liberista relativista, che ci vede attori non protagonisti di una
sceneggiatura agghicciante, messa in scena da una regia di tecnici
specializzati.
Questa è una dittatura. Viviamo nell’epoca del totalitarismo
mercatocratico e plutocratico e rifiutiamo di riconoscere questa verità
oggettiva.
Nell’ultimo anno questo paese è stato spolpato vivo dai curatori
fallimentari del mondialismo capitalista. Hanno devastato lo “stato
sociale”: dal lavoro alle pensioni , dalla sanità all’istruzione; hanno
messo ai saldi il paese e tutti i suoi abitanti; hanno ceduto quote di
sovranità ad entità extraterritoriali, rendendo sempre più aleatorio e
centralizzatori il potere sistemico; hanno fatto terra bruciata di tutto
quello a cui è stato possibile metter mano.
Non c’è che dire, questo è un paese che si può suddividere in due
macrocategoria: gli idioti vantaggiosi, fieramente convinti del nulla, e
gli arrivisti senza scrupoli che cavalcano l’orda a proprio uso e
consumo.
Quello che ci propongono è il gioco delle tre carte, c’è il trucco!
La telenovela politca, tra piddini, rottamatori, grillini, sellini,
berlusconiani , e tutto il paese dei balocchi a far da cornice, sono
manovre contigue per schiavizzare le folle e mandare in malora l’intera
nazione.
Lotte élitarie tra ras del potere che ci vedono come tifosi
esagitati, convulsi e non pensanti o al massimo come spettatori belanti,
ma nulla più.
Lo scopo è la centralizzazione del potere e lo svilimento
dell’autodeterminazione dei popoli. Lo stesso popolo le cui nuove
generazioni, da 60-70 anni a questa parte, sono state educate
all’obbedienza e alla cieca fede. Noi confondiamo il caos e
l’individualismo sfrenato con la libertà. Siamo stati addestrati a non
concepire la critica, quindi a non mettere in discussione lo status quo e
il modus operandi di chi detieni le file del potere. Siamo stati
formati nell’odio verso ogni forma di reale ribellione. Abbiamo abdicato
la nostra coscienza e siamo stati avvelenati dalla cultura del
consumismo e della spettacolarizzazione.
Oggi ciò che conta è non fare domande, ma dare risposte su tutto.
Appare palese che non abbiamo gli strumenti logici e pratici per uscire da questo intricato labirinto.
E ora, dinanzi l’abisso, è vitale capire che per cambiare questa
quotidiana catastrofe dobbiamo cambiare il nostro modo di pensare e
concepire il mondo. E’ doverosa una evoluzione radicale del paradigma
sociale esistente.
Prima di rivoltarsi fuori, dobbiamo fare i conti con noi stessi, e
fare la rivoluzione dentro di noi. Acquisire consapevolezza per rendere
le nostre azioni logiche e naturali.
Cambiare si può, e si deve, perchè le nostre vite valgono di più di qualsiasi mercato e profitto.
Abbiamo da sempre l’illusione del moto mentre siamo fermi come macigni.
Finchè non ritorneremo ad affermare certi valori fondanti di una
civiltà realmente democratica, rimarremo su questa giostra, convinti di
muoverci nella direnzione da noi scelta, mentre battiamo eternamente la
stessa strada prestabilita.