Qualcosa ci inventeremo”, ha detto Silvio Berlusconi a proposito del
rilancio dell’economia italiana. Niente male come programma. Detto questo, ecco una seria
proposta per migliorare i nostri dissestati conti pubblici: il condono
politico tombale. C’è chi fino a ieri faceva il baciamano al raìs di
Arcore e oggi si lancia in dichiarazioni frementi di sdegno
antigovernativo. Lo fa gratis, e questo non è giusto. Ma sia: essendo
passati di moda i campi di rieducazione, non resta che agire sulla leva
economica. Una tassa. Ebbene sì. Bassa, ovviamente, per chi in buona
fede, complice l’ignoranza, il Tg4, le comparse di Forum e Minzolini,
ha creduto alla propaganda del regime. Più alta (fino al sequestro dei
beni) per chi, pur avendo gli strumenti culturali per distinguere la
merda dal cioccolato, ha gridato per anni “viva la merda”. Qualcuno
obietterà: non è con lo stipendio dei numerosi Capezzone che si riduce
il debito pubblico, ed è vero. Ma che dire di organizzazioni ricche e
potenti come la Chiesa Cattolica? Per anni, pur sapendo perfettamente
con chi aveva a che fare, è passata all’incasso, e ora molla al suo
destino il fornitore di privilegi e “leggi etiche” ormai avviato al
fallimento. Vedete che si comincia a parlare di cifre consistenti.
Dovrebbe aderire al condono politico anche Rosa Marcegaglia la
rude combattente antiberlusconiana di oggi. E insieme a lei gli
imprenditori italiani, assistiti, coccolati, sovvenzionati, ingrassati,
che oggi si travestono da strenui e un po’ ridicoli oppositori. Per
non dire dei gloriosi padani, poveretti, tutti impegnati a far fuori il
loro Gheddafi per mettere Maroni al suo posto. Ecco. Pagare. Senza
eccessi, per carità: non vogliamo certo impedire ai giovani industriali
di travestirsi da indignados come hanno fatto ieri a Capri. Ma almeno
che facciano vedere la ricevuta con la scritta: “Ho aderito al condono
politico tombale”. E mostrino a richiesta la ricevuta del versamento!
Blog che si occupa di commentare fatti e avvenimenti dell'attualità politica e della società
martedì 25 ottobre 2011
mercoledì 12 ottobre 2011
LA LEGGE BAVAGLIO
Dunque il ddl intercettazioni è nuovamente argomento di discussione; sarà dunque possibile rendere noto ai cittadini quello che è già pubblico – in quanto noto all’indagato stesso – «solo dopo che si sarà stabilito quali siano gli ascolti rilevanti o meno». Un concetto che ricorda tanto, troppo a dirla
tutta, un’omertà stile Marlon Brando– per non dire mafiosa.
Va ricordato che la privacy degli indagati è già tutelata dalla legge, dal momento che non è consentita la pubblicazione di notizie coperte dal segreto istruttorio o investigativo.
Il discorso, dunque, non è di tipo legale ma politico, se non anche
morale considerato che il diritto all’informazione dovrebbe essere una
pietra miliare del sistema democratico.
Non si deve certo viaggiare con la
fantasia per congetturare sulle conseguenze di un sistema informativo
manipolato a fini politici. Basta attingere all’archivio della memoria e
tenere presente con quanto sdegno e costernazione si pensa alla propaganda dei regimi totalitari.
Con quanta ammirazione, all’inverso, si guarda al fenomeno della primavera araba,
a come l’informazione libera, quella dei blog nella fattispecie, ha
contribuito a fare il primo passo verso il complesso sviluppo dell’emancipazione nordafricana.
Ma, si sa, in Italia è difficile
guardare al di là del proprio naso. Un apparato politico avviluppato
nelle sue questioni di palazzo, faticosamente trae dalle realtà estere
un’occasione di riflessione sui miglioramenti da apportare al proprio
sistema.
Oggi, non soltanto il decreto riprende
vita, ma vengono apportate anche delle modifiche che ostacolano il
normale flusso dell’informazione. Se si intende quest’ultima come
peculiare esempio di comunicazione, allora si dovrebbe presumere la
presenza di un mittente: il giornalista e un destinatario: il lettore. Il primo dovrebbe portare al secondo il suo messaggio: la notizia. Ebbene, noncuranti di questo elementare movimento da chi comunica la notizia a chi la riceve, gli autori e i sostenitori della cosiddetta legge bavaglio bloccano il “naturale” processo informativo.
Dal momento che il contenuto delle intercettazioni è documento, e non rappresenta l’orecchio
indiscreto di un estraneo che guarda attraverso il buco della serratura – ad appagare questa esigenza ci pensano i reality show – è diritto del cittadino/lettore essere a conoscenza di documenti pubblici che riguardano personaggi pubblici. Personaggi che, in ultima analisi, sono gli stessi che quel cittadino/lettore informato e consapevole sceglie quali suoi rappresentanti nel momento in cui esercita il diritto al voto.
E mentre ai “piani alti” si continua ad
azzuffarsi, intrattenersi con barzellette da osteria, sedersi sulla
poltrona più comoda e inveire l’uno contro l’altro senza uno straccio
di autentica iniziativa per far fronte ad una complessa situazione
economica, sociale e politica, questo decreto legge si presenta come un ulteriore ostacolo verso la risalita.
Ma fino a quando la gente, quella che legge i giornali, che va a votare e che scende in piazza con la bocca imbavagliata per ricucire l’Italia sarà disponibile a farsi prendere in giro?! Se nella penisola iberica e oltreoceano si fanno sentire gli indignados, impossibile negare che anche lo stivale ha la sua buona dose di incazzati!
sabato 1 ottobre 2011
Se facessimo come i cittadini di Parma
I cittadini di Parma si sono liberati di una giunta travolta da un’ondata di scandali, dopo l’arresto di 4 persone tra funzionari pubblici e un assessore che ha svelato un giro di corruzione e concussione. In giugno erano stati arrestati altri funzionari pubblici, ma i signori che lunedì sono finiti in carcere hanno continuato a farsi i fatti loro, manifestando non solo un incredibile sentimento di impunità, ma un totale disprezzo per i loro cittadini. S’indaga per tangenti perfino sui servizi mensa degli asili. I cittadini di Parma sono scesi in piazza, continuamente e senza mollare, manifestando la loro volontà di mandare a casa questi amministratori ritenuti – e come dar loro torto – non meritevoli di fiducia. Indignados contro indegni: hanno vinto gli indignados. Così, il rapporto giuridico tra cittadino e amministrazione è sensato: perché è chiaro che di fronte a episodi di questo genere, la fiducia del popolo viene meno e quindi il mandato degli amministratori non ha più fondamento. È un concetto che va oltre il decoro, l’etica, la trasparenza. È il senso della rappresentanza politica.
Al governo del Paese, la situazione penale dei ministri è questa: Raffaele Fitto, imputato per associazione a delinquere, corruzione e altre cosette; Altero Matteoli, imputato per favoreggiamento; Paolo Romano, imputato – fresco di fiducia – per mafia; Umberto Bossi, pregiudicato per mazzette e istigazione a delinquere; Roberto Maroni, condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; poi alcuni “ex” come Aldo Brancher, Guido Bertolaso, Nicola Cosentino e il ministro a sua insaputa Claudio Scajola. Il Parlamento accorda loro fiducia, con solerte regolarità: non a caso tra Camera e Senato siedono 24 pregiudicati e circa 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. Per non dire, naturalmente, di un premier imputato e indagato per reati ignobili che ci sta portando – lo scrive la stampa internazionale – nel baratro insieme a lui.
Non è la dittatura della magistratura o lo “scontro tra toghe e politica”, per usare un’infelice espressione di Napolitano. Sembra che i magistrati ovunque si girino, s’imbattano in un politico delinquente. Hanno l’obbligo d’indagare e perseguire i reati (almeno fino ora). Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ora, si fa un gran parlare della possibilità del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere: secondo chi di diritto ne sa, ora il Colle non può liquidare governo e Parlamento. Può farsi sentire, anche pubblicamente, anche con il rigore e la durezza che l’inaudita situazione impongono.
Ma questo riguarda i poteri dello Stato. Noi, i cittadini, dove siamo? Perché non riusciamo a essere, moltiplicati alla “n”, come i cittadini di Parma? All’università ci insegnano che il concetto di Stato deriva dalla somma di territorio, popolo e sovranità. Lo Stato è nostro, perché non riusciamo a organizzare un movimento di cittadini che banalmente chiedono e ottengono un governo che governi, magari nell’interesse dei cittadini, non faccia affari e affronti la crisi finanziaria? L’alternativa non è solo questo ridicolo stallo-stagno nel quale siamo caduti: se non riusciamo a riprenderci il nostro Paese, non saremo più cittadini, ma stranieri d’Italia.
Al governo del Paese, la situazione penale dei ministri è questa: Raffaele Fitto, imputato per associazione a delinquere, corruzione e altre cosette; Altero Matteoli, imputato per favoreggiamento; Paolo Romano, imputato – fresco di fiducia – per mafia; Umberto Bossi, pregiudicato per mazzette e istigazione a delinquere; Roberto Maroni, condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; poi alcuni “ex” come Aldo Brancher, Guido Bertolaso, Nicola Cosentino e il ministro a sua insaputa Claudio Scajola. Il Parlamento accorda loro fiducia, con solerte regolarità: non a caso tra Camera e Senato siedono 24 pregiudicati e circa 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. Per non dire, naturalmente, di un premier imputato e indagato per reati ignobili che ci sta portando – lo scrive la stampa internazionale – nel baratro insieme a lui.
Non è la dittatura della magistratura o lo “scontro tra toghe e politica”, per usare un’infelice espressione di Napolitano. Sembra che i magistrati ovunque si girino, s’imbattano in un politico delinquente. Hanno l’obbligo d’indagare e perseguire i reati (almeno fino ora). Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ora, si fa un gran parlare della possibilità del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere: secondo chi di diritto ne sa, ora il Colle non può liquidare governo e Parlamento. Può farsi sentire, anche pubblicamente, anche con il rigore e la durezza che l’inaudita situazione impongono.
Ma questo riguarda i poteri dello Stato. Noi, i cittadini, dove siamo? Perché non riusciamo a essere, moltiplicati alla “n”, come i cittadini di Parma? All’università ci insegnano che il concetto di Stato deriva dalla somma di territorio, popolo e sovranità. Lo Stato è nostro, perché non riusciamo a organizzare un movimento di cittadini che banalmente chiedono e ottengono un governo che governi, magari nell’interesse dei cittadini, non faccia affari e affronti la crisi finanziaria? L’alternativa non è solo questo ridicolo stallo-stagno nel quale siamo caduti: se non riusciamo a riprenderci il nostro Paese, non saremo più cittadini, ma stranieri d’Italia.
domenica 25 settembre 2011
MINZOLINI "SCODINZOLINI"
Gli editoriali di Minzolini disseminano, ogni volta, una scia d’inevitabili polemiche. Politici, giornalisti, blogger, comuni cittadini, ne attaccano i contenuti sfacciatamente di parte, combacianti perfettamente con le opinioni politiche del presidente del Consiglio.
Tutto nasce dal fatto che il principale tg del servizio pubblico si è contraddistinto, sotto la guida di Minzolini, nel produrre un pessimo modo d’interpretare e fare informazione; caratterizzato da FALSITÀ , notizie, DIFFUSE IN TUTTO IL MONDO, non date perché ritenute mediaticamente scomode al governo e ridotte a estivi GOSSIP DA OMBRELLONE, una riduzione di spazio e quindi d’attenzione alle questioni politiche, economiche e sociali in favore di fatti inutili fine a se stessi – come “LE SCIMMIE ORFANE DEL KENYA, aquile reali, cappellini e cavalli inglesi ad Ascot, cappelli senza cavalli a Milano, il ritorno in classifica di Raffaella Carrà”, ecc – spacciati, al contrario, per vere e proprie notizie d’importanza nazionale da dover esser comunicate all’opinione pubblica.
Operazioni di controllo dell’informazione che tre giornalisti del comitato di redazione del telegiornale hanno condensato e raccolto in un DOSSIER intitolato Il tg1 secondo Minzolini, utile a capire che oltre a porsi contro la correttezza richiesta ne LA CARTA DEI DOVERI DEL GIORNALISTA esse sono la causa di numerosi problemi che hanno investito il tg1 in questi anni di linea “minzoliniana”: una FORTE PERDITA DI ASCOLTI, DIFFIDE e MULTE per il continuo squilibrio di minuti concesso al governo e a Silvio Berlusconi.
L’esasperazione verso questo tipo di giornalismo, asservito (e in difesa) al potente di turno, ha inasprito le critiche rivoltegli, tanto da far pretendere, in svariate di esse, che Minzolini smetta di fare editoriali, poiché – sostengono – un direttore di un telegiornale, tanto più del servizio pubblico, per rimanere imparziale non dovrebbe esprimere un proprio punto di vista riguardo realtà politiche/economiche nazionali ed internazionali.
L’errore di tali richieste d’imparzialità sta nel considerare fonte di paragone come Minzolini si pone nel ruolo da direttore del tg1. I suoi editoriali, difatti, non sono analisi critiche basate su letture di accadimenti avulse da interessi di partito o di parte. Ogni volta che Minzolini parla non cerca mai d’inserire il suo punto di vista in una lettura intellettualmente onesta del Paese, che può anche non essere condivisibile, ma che fa interrogare, poiché alternativa al proprio pensiero, avente anche ha il coraggio, eventualmente, di risultare non esatta, sbagliando per questo in prima persona e non, come ironizzava Biagi, per conto terzi.
Al contrario, l’intento del “direttorissimo” è quello di difendere il potente, avallare le sue svariate pretese di comando e controllo, attaccando i “nemici”-POLITICI , GIORNALISTI, MAGISTRATI - del suo ideale editore di riferimento (Silvio Berlusconi). Legame politico, tra l’altro, che lo stesso giornalista HA CONFERMATO, dichiarando che la sua permanenza alla direzione del tg1 è strettamente connessa alla durata del presidente del Consiglio nella guida del governo.
Insomma, gli editoriali di Minzolini, sono editoriali nella forma ma non nella sostanza, in quanto si contraddistinguono per fare della pura e semplice propaganda politica.
Proprio per questo motivo, basare il proprio giudizio su come dovrebbero essere gestiti il ruolo e i compiti di un direttore di telegiornale, avendo come termine di paragone la propaganda e non il giornalismo, può portare ad una cura ben peggiore della malattia, in quanto il passaggio dal desiderio d’imparzialità del giornalista alla pretesa di avere un tg asettico come una lista della spesa, in cui le notizie vengono semplicemente lette, senza un approfondimento e un utile e attenta analisi è qualunquisticamente sottile.
Pericolo che non possiamo permetterci, maggiormente in un periodo come questo, in cui il conformismo e il servilismo giornalistico televisivo sono più dilaganti che mai, per evitare di non riuscire più a distinguere tra informazione e mera propaganda.
Ecco perché un direttore di telegiornale, se lo ritiene necessario, è libero di poter fare tutti gli editoriali che vuole, informando, ma non può permettersi d’inscenare comizi dal pulpito della prima rete del servizio pubblico, basando la sua opinione su fatti forzati o manomettendo e manipolando circostanze della realtà politica e sociale di questo Paese per fare un favore al potente di turno.
Perché, COME SOSTENEVA, nel 1994, un ottimo giornalista d’assalto, definito lo squalo, “il mio referente è il lettore e non il politico e (…) il mio compito è quello di rappresentarlo come è senza mediazioni”.
martedì 13 settembre 2011
IL CASUALE IMPEGNO DI BERLUSCONI
Tutti lo criticano perchè pensa solo alle puttane ed invece lui si sacrifica, si impegna, e ci tiene a farcelo sapere.
Chi meglio di Canale 5 e Belpietro potevano informare gli italiani che
il presidente non fugge dai giudici, ci mancherebbe altro non ha niente
da temere, ma per spiegare ai colleghi europei la manovra ed è per
questo che ha chiesto appuntamento a qualcuno a Strasburgo che lo
stesse ad ascoltare.
A stretto giro di posta Buzek, presidente dell’europarlamento, gli ha fatto sapere che non lo vuole vedere.
Come farà a spiegare una manovra che non hanno ancora capito chi l’ha proposta e nemmeno chi la paga, noi, è un mistero.
Comunque lui non ha rimorsi, ha solamente aiutato una famiglia in
difficoltà ed è la prima volta che lo fa senza che ci siano figlie
minorenni in ballo, solo e semplicemente un ricatto.
Ovvio che gli dispiaccia l’impegno improvviso, che si è costruito e
preparato, non tanto perchè non può rispondere alle domande dei
magistrati ma per il fatto che domani sera a Barcellona si gioca
Barcellona-Milan, prima partita di champions...e lui non potrà esserci in tribuna..!
martedì 6 settembre 2011
LA FINE DEL CAPITALISMO?
La crisi è globale ma il capitalismo, la speculazione, il profitto, le
guerre e la falsa democrazia, spacciata per l’unico modo di vivere che
sia possibile al mondo, continua imperterrita a bruciare ricchezza
costruita sfruttando i più deboli, arricchendo i parassiti come le
banche e gli speculatori, ed emarginando da una vita dignitosa gli
artefici di tanta ricchezza.
Come esempio di vita democratica, dopo gli errori e gli orrori del comunismo, il sistema economico globale ci propina come unico modo di vivere la finta democrazia delle multinazionali, delle banche mondiali o locali, che sperperano la ricchezza mondiale pur di non condividere, più o meno equamente, la ricchezza mondiale e tutto questo avviene per salvaguardare il profitto, le lor ricchezze accumulate a suon di guerre ed invasioni, le esportazioni di guerre portatrici di libertà per i pozzi petroliferi.
Il capitalismo globale, l’economia parassitaria delle banche e degli speculatori mondiali, nessuno escluso, mi fanno ricordare quello che anni fa mi raccontò un collega in merito al fatto che suo fratello non contribuiva al mantenimento dei loro genitori.
Il mio collega era uno che non sembrava molto normale ed è per questo che era un genio, un giorno gli chiesi ma tuo fratello non ti dà una mano?
E’ meglio di no, mi rispose, è meglio che a casa non si faccia vedere. Quello porta un zuccherino al cavallo e si porta via il cavallo. L’ultima volta che è stato a casa mia a trovare i nostri genitori si è portato via un orologio d’oro, di quelli rotondi che chiamiamo a cipolla. Un pezzo d’epoca e pertanto dal valore ancora più alto.
Il capitalismo parassita è uguale, intanto che parla di sacrifici, da far fare ai lavoratori, per salvare l’economia globale aumenta a dismisura i suoi profitti, abbatte democrazia e diritti dei lavoratori e specula pure sui debiti dei quali è la causa, pur facendoli pagare a noi, la massa lavoratrice e vittima della falsa democrazia.
Non è un problema di governo italiano, europeo, cinese o americano, è un problema che il capitalismo ha questo tumore in sè che si chiama profitto, che non ha occhi, testa, progetti ed azioni che non siamo puntati al solo obiettivo di arricchire, sempre di più e sempre gli stessi. Di qualsiasi colore siano.
Gli indignati di tutto il mondo manifestano chiedendo una distribuzione più equa della ricchezza e ciò avviene sotto tutti i tipi di governi, di società, dai socialisti alle destre ai comunisti cinesi o pseudo tali, intesi come comunisti. Spagna, Israele, Grecia, Inghilterra, Germania, ovunque nascono gli indignati che non chiedono un cambiamento di sistema politico in sè, destra, sinistra, centro, centrosinistra,centrodestra, chiedono solo di ripartire la ricchezza di ogni paese in modo equo, più giusto.
Senza nemmeno rendersene conto sono tutti marxisti ma guai a parlare di comunismo al giorno d’oggi, soprattutto in Cina.
Un’altra società è possibile, sia a livello locale che mondiale, ma non dobbiamo rendercene conto, sarebbe deleterio per il sistema, dobbiamo essere persuasi che salvando le banche, gli investimenti parassitari, arricchendo i miliardari di tutti i colori salviamo la nostra indipendenza, libertà e democrazia.
Libertà di essere sfruttati, democrazia che ci impone sacrifici persino sulla spesa, sulla qualità della vita, indipendenza dalla conoscenza e dalla cultura che potrebbe liberarci da questo giogo che ci opprima da centinaia d’anni e che ha sconfitto, anche per sue colpe, l’unita alternativa che eravamo riusciti a creare, il comunismo, la società diversa che dava un valore diverso al proletariato.
Anche una socialdemocrazia aggiornata ci andrebbe bene, in queste condizioni economiche, ma finchè tutti i governi, di tutti i colori, all’ordine del giorno hanno sempre, e solo, il salvataggio delle banche e la salvaguardia dei profitti degli speculatori ciò non sarà mai possibile, se la luce guida dell’economia globale è il mercato saremo sempre vittime di noi stessi, del tumore che ci hanno iniettato immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, il consumismo.
Non per niente un geniale cineasta, poeta scrittore, autore, intellettuale come Pier Paolo Pasolini ebbe a dire in una trasmissione televisiva, oltre 40 anni fa, che noi non abbiamo nessun valore come uomini, persone, ma solo ed in quanto consumatori.Un profeta, altro che Cristo.
Ecco perchè chi non consuma, non può consumare, non ha nessun valore per l’economia globale, chi non può spendere, spandere, pensionati in testa, deve morire perchè non è di nessuna utilità ai mercati, alle banche.
Difficile che un ottantenne possa attingere ad un mutuo trentennale per comprarsi una casa e muovere il mercato.
A meno che il delirio del nostro presidente del consiglio evasore, piduista, puttaniere, non mantenga la sua parola e di faccia vivere, in media, sino a 120 anni. In salute però, altrimenti ci fanno fuori per risparmiare sulla sanità e sui ticket.
Come esempio di vita democratica, dopo gli errori e gli orrori del comunismo, il sistema economico globale ci propina come unico modo di vivere la finta democrazia delle multinazionali, delle banche mondiali o locali, che sperperano la ricchezza mondiale pur di non condividere, più o meno equamente, la ricchezza mondiale e tutto questo avviene per salvaguardare il profitto, le lor ricchezze accumulate a suon di guerre ed invasioni, le esportazioni di guerre portatrici di libertà per i pozzi petroliferi.
Il capitalismo globale, l’economia parassitaria delle banche e degli speculatori mondiali, nessuno escluso, mi fanno ricordare quello che anni fa mi raccontò un collega in merito al fatto che suo fratello non contribuiva al mantenimento dei loro genitori.
Il mio collega era uno che non sembrava molto normale ed è per questo che era un genio, un giorno gli chiesi ma tuo fratello non ti dà una mano?
E’ meglio di no, mi rispose, è meglio che a casa non si faccia vedere. Quello porta un zuccherino al cavallo e si porta via il cavallo. L’ultima volta che è stato a casa mia a trovare i nostri genitori si è portato via un orologio d’oro, di quelli rotondi che chiamiamo a cipolla. Un pezzo d’epoca e pertanto dal valore ancora più alto.
Il capitalismo parassita è uguale, intanto che parla di sacrifici, da far fare ai lavoratori, per salvare l’economia globale aumenta a dismisura i suoi profitti, abbatte democrazia e diritti dei lavoratori e specula pure sui debiti dei quali è la causa, pur facendoli pagare a noi, la massa lavoratrice e vittima della falsa democrazia.
Non è un problema di governo italiano, europeo, cinese o americano, è un problema che il capitalismo ha questo tumore in sè che si chiama profitto, che non ha occhi, testa, progetti ed azioni che non siamo puntati al solo obiettivo di arricchire, sempre di più e sempre gli stessi. Di qualsiasi colore siano.
Gli indignati di tutto il mondo manifestano chiedendo una distribuzione più equa della ricchezza e ciò avviene sotto tutti i tipi di governi, di società, dai socialisti alle destre ai comunisti cinesi o pseudo tali, intesi come comunisti. Spagna, Israele, Grecia, Inghilterra, Germania, ovunque nascono gli indignati che non chiedono un cambiamento di sistema politico in sè, destra, sinistra, centro, centrosinistra,centrodestra, chiedono solo di ripartire la ricchezza di ogni paese in modo equo, più giusto.
Senza nemmeno rendersene conto sono tutti marxisti ma guai a parlare di comunismo al giorno d’oggi, soprattutto in Cina.
Un’altra società è possibile, sia a livello locale che mondiale, ma non dobbiamo rendercene conto, sarebbe deleterio per il sistema, dobbiamo essere persuasi che salvando le banche, gli investimenti parassitari, arricchendo i miliardari di tutti i colori salviamo la nostra indipendenza, libertà e democrazia.
Libertà di essere sfruttati, democrazia che ci impone sacrifici persino sulla spesa, sulla qualità della vita, indipendenza dalla conoscenza e dalla cultura che potrebbe liberarci da questo giogo che ci opprima da centinaia d’anni e che ha sconfitto, anche per sue colpe, l’unita alternativa che eravamo riusciti a creare, il comunismo, la società diversa che dava un valore diverso al proletariato.
Anche una socialdemocrazia aggiornata ci andrebbe bene, in queste condizioni economiche, ma finchè tutti i governi, di tutti i colori, all’ordine del giorno hanno sempre, e solo, il salvataggio delle banche e la salvaguardia dei profitti degli speculatori ciò non sarà mai possibile, se la luce guida dell’economia globale è il mercato saremo sempre vittime di noi stessi, del tumore che ci hanno iniettato immediatamente dopo la seconda guerra mondiale, il consumismo.
Non per niente un geniale cineasta, poeta scrittore, autore, intellettuale come Pier Paolo Pasolini ebbe a dire in una trasmissione televisiva, oltre 40 anni fa, che noi non abbiamo nessun valore come uomini, persone, ma solo ed in quanto consumatori.Un profeta, altro che Cristo.
Ecco perchè chi non consuma, non può consumare, non ha nessun valore per l’economia globale, chi non può spendere, spandere, pensionati in testa, deve morire perchè non è di nessuna utilità ai mercati, alle banche.
Difficile che un ottantenne possa attingere ad un mutuo trentennale per comprarsi una casa e muovere il mercato.
A meno che il delirio del nostro presidente del consiglio evasore, piduista, puttaniere, non mantenga la sua parola e di faccia vivere, in media, sino a 120 anni. In salute però, altrimenti ci fanno fuori per risparmiare sulla sanità e sui ticket.
sabato 27 agosto 2011
Le Guerre e l'esportazione della democrazia
Alla fine dell’800 i "civilissimi" inglesi, nella guerra coloniale del capitalismo alla ricerca di materie prime da rubare e di schiavi da deportare, invasero e occuparono il territorio degli "incivili" Zulù. Faccio questo esempio estremo, perché gli Zulù erano una popolazione semi-primitiva, la più lontana dalle nostre concezioni che opprimeva a sua volta altre popolazioni con metodi terribili. Gli Zulù si difesero come poterono con archi e frecce contro le armi allora moderne e potenti dell’esercito inglese, e dettero anche delle sonore lezioni di dignità e di coraggio agli inglesi, che poi però con la forza delle armi, col cinismo criminale e con l’inganno li sconfissero e stabilirono in Sudafrica la vergogna del regime bianco dell’apartheid. In tutte le guerre coloniali e imperialistiche sono stato sempre dalla parte degli oppressi contro gli oppressori, dalla parte dei popoli africani, molto più “incivili” e contro le potenze europee civilissime, democraticissime, ma che hanno per secoli applicato persino lo SCHIAVISMO agli altri popoli “inferiori” perchè più “incivili”. Sono sempre stato dalla parte degli indiani e indios d’America contro i colonizzatori inglesi, francesi, spagnoli. Dalla parte dei popoli latinoamericani contro l’oppressore, torturatore, nord-americano. Dalla parte degli indiani e dei cinesi contro le civilissime e criminalissime potenze europee sfruttatrici, Mettendo in primo piano la contraddizione principale, che è quella dell’oppressore colonialista e imperialista contro il popolo oppresso, colonizzato, occupato, invaso, sfruttato, senza per questo aderire ai regimi sociali o alle culture dei popoli oppressi. Anche oggi, dalla parte del popolo libico contro l’illegale aggressione guerrafondaia e neocoloniale della Nato, della Francia di Sarkozy moderna santa alleanza degli Stati imperialisti in declino irreversibile, che vince solo perchè è super-armata di armi modernissime e terrificanti, ma che non esporta democrazia ma solo beceri interessi economici di parte.
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