sabato 1 ottobre 2011

Se facessimo come i cittadini di Parma

I cittadini di Parma si sono liberati di una giunta travolta da un’ondata di scandali, dopo l’arresto di 4 persone tra funzionari pubblici e un assessore che ha svelato un giro di corruzione e concussione. In giugno erano stati arrestati altri funzionari pubblici, ma i signori che lunedì sono finiti in carcere hanno continuato a farsi i fatti loro, manifestando non solo un incredibile sentimento di impunità, ma un totale disprezzo per i loro cittadini. S’indaga per tangenti perfino sui servizi mensa degli asili. I cittadini di Parma sono scesi in piazza, continuamente e senza mollare, manifestando la loro volontà di mandare a casa questi amministratori ritenuti – e come dar loro torto – non meritevoli di fiducia. Indignados contro indegni: hanno vinto gli indignados. Così, il rapporto giuridico tra cittadino e amministrazione è sensato: perché è chiaro che di fronte a episodi di questo genere, la fiducia del popolo viene meno e quindi il mandato degli amministratori non ha più fondamento. È un concetto che va oltre il decoro, l’etica, la trasparenza. È il senso della rappresentanza politica.

Al governo del Paese, la situazione penale dei ministri è questa: Raffaele Fitto, imputato per associazione a delinquere, corruzione e altre cosette; Altero Matteoli, imputato per favoreggiamento; Paolo Romano, imputato – fresco di fiducia – per mafia; Umberto Bossi, pregiudicato per mazzette e istigazione a delinquere; Roberto Maroni, condannato per oltraggio e resistenza a pubblico ufficiale; poi alcuni “ex” come Aldo Brancher, Guido Bertolaso, Nicola Cosentino e il ministro a sua insaputa Claudio Scajola. Il Parlamento accorda loro fiducia, con solerte regolarità: non a caso tra Camera e Senato siedono 24 pregiudicati e circa 90 fra imputati, indagati, prescritti e condannati provvisori. Per non dire, naturalmente, di un premier imputato e indagato per reati ignobili che ci sta portando – lo scrive la stampa internazionale – nel baratro insieme a lui.

Non è la dittatura della magistratura o lo “scontro tra toghe e politica”, per usare un’infelice espressione di Napolitano. Sembra che i magistrati ovunque si girino, s’imbattano in un politico delinquente. Hanno l’obbligo d’indagare e perseguire i reati (almeno fino ora). Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Ora, si fa un gran parlare della possibilità del Presidente della Repubblica di sciogliere le Camere: secondo chi di diritto ne sa, ora il Colle non può liquidare governo e Parlamento. Può farsi sentire, anche pubblicamente, anche con il rigore e la durezza che l’inaudita situazione impongono.

Ma questo riguarda i poteri dello Stato. Noi, i cittadini, dove siamo? Perché non riusciamo a essere, moltiplicati alla “n”, come i cittadini di Parma? All’università ci insegnano che il concetto di Stato deriva dalla somma di territorio, popolo e sovranità. Lo Stato è nostro, perché non riusciamo a organizzare un movimento di cittadini che banalmente chiedono e ottengono un governo che governi, magari nell’interesse dei cittadini, non faccia affari e affronti la crisi finanziaria? L’alternativa non è solo questo ridicolo stallo-stagno nel quale siamo caduti: se non riusciamo a riprenderci il nostro Paese, non saremo più cittadini, ma stranieri d’Italia.

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